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Cosa sta succedendo in Bosnia-Erzegovina?

Analisi Negli ultimi giorni si sente parlare molto della crisi che sta vivendo la Bosnia-Erzegovina, ma quali sono le basi storiche? I Balcani rappresentano un possibile scenario di nuovo fronte bellico?

CRISI POLITICA E CONFLITTO ISTITUZIONALE IN BOSNIA-ERZEGOVINA

Confermando tutte le criticità della zona balcanica, in questi giorni la Bosnia-Erzegovina è stata investita da una lacerante crisi politica, scaturita dalla condanna di Milorad Dodik, Presidente della Republika Srpska, da parte della Corte di Stato. L’accusa rivolta al Presidente è quella di resistenza nell’applicare le decisioni dell’Alto Rappresentante, un funzionario internazionale incaricato di garantire l’osservanza dell’accordo di pace di Dayton, del quale si parlerà nel dettaglio in seguito. La Republika Srpska, una delle due entità in cui è suddivisa la Bosnia-Erzegovina, ha visto il suo leader serbo-bosniaco affrontare accuse che potrebbero minare la stabilità della regione. È opportuno, però, ricostruire quanto accaduto. Il 26 febbraio, il Presidente è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione, con la possibilità di una sanzione pecuniaria, e sei anni di interdizione dagli incarichi pubblici. Partendo dal fatto che la sentenza non sia definitiva, la sua incidenza sulla politica bosniaca è stata immediata e con ripercussioni devastanti. In risposta alla condanna, l’Assemblea nazionale della Republika Srpska ha approvato una serie di leggi in aperto contrasto con la Costituzione della Bosnia-Erzegovina. Tra queste, quella che ha suscitato maggior scalpore vieta alle Istituzioni giudiziarie statali, tra cui la Corte di Bosnia Erzegovina e la Procura, di operare all’interno della Republika Srpska. Inoltre, sono state imposte misure che obbligano i funzionari pubblici locali a seguire le decisioni delle Autorità della Republika Srpska, sotto minaccia di sanzioni penali. Queste leggi, entrate in vigore il 6 marzo, hanno suscitato preoccupazioni tra gli osservatori, che le vedono come una mossa verso una sorta di secessione della Republika Srpska, minando il fragile ordine costituzionale della Bosnia.
Il contesto istituzionale della Bosnia-Erzegovina è complesso e frammentato, con un sistema che risale agli Accordi di Dayton del 1995. Proprio da tali Accordi origina la struttura istituzionale del Paese pensata per garantire un equilibrio tra le diverse componenti etniche, che includono bosgnacchi, serbi e croati. La Bosnia è suddivisa in due entità principali, la Federazione di Bosnia-Erzegovina e la Republika Srpska, con un Governo centrale relativamente debole. In tale scenario, l’Alto Rappresentante ha avuto il compito di monitorare e garantire l’applicazione dell’accordo di pace, esercitando poteri che permettono di intervenire sulle decisioni politiche quando necessario. Tuttavia, le azioni di Dodik hanno posto in discussione l’autorità dell’Alto Rappresentante, innescando una crisi istituzionale che rischia di sfociare in un’ulteriore polarizzazione politica.

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Fig. 1 – Conferenza stampa di Milorad Dodik a Banja Luka, 12 marzo 2025

LE TENSIONI NAZIONALISTICHE E L’ORIENTAMENTO DI DODIK

Dodik, da anni figura centrale della politica serbo-bosniaca, ha intrapreso un percorso sempre più provocatorio nei confronti delle Istituzioni centrali della Bosnia-Erzegovina. Il suo obiettivo dichiarato è quello di rafforzare l’autonomia della Republika Srpska. Le sue posizioni nazionaliste e filorusse, unite a un rifiuto dell’autorità dell’Alto Rappresentante e della Corte di Bosnia-Erzegovina, hanno esacerbato le divisioni all’interno del Paese. Non è la prima volta che accade ciò che è avvenuto nel mese di febbraio di quest’anno: Dodik, infatti, ha provocato più volte platealmente le Autorità centrali. Va però detto che è sì la prima volta che il Paese vive una crisi di tale portata.
Il contesto geopolitico che circonda la Bosnia-Erzegovina è infatti fondamentale per comprendere la dinamica di questa crisi. Da un lato, la Russia ha sempre sostenuto le posizioni dei serbi bosniaci, offrendo supporto a Dodik nelle sue sfide contro l’influenza occidentale e le politiche dell’Unione Europea. Dall’altro, la Bosnia è un Paese che, pur essendo formalmente un candidato per l’ingresso nell’UE, continua a trovarsi in un limbo geopolitico, tra la spinta verso l’integrazione occidentale e il legame con la Russia. Le dichiarazioni di Dodik, che ha definito la Bosnia Erzegovina “non più esistente” dopo la sua condanna, sono un chiaro segno della sua intenzione di porre il Paese in una posizione di confronto con la comunità internazionale, in particolare con l’Occidente. Inoltre, il supporto russo a Dodik rientra nelle strategie balcaniche di Mosca, come anche la fortissima vicinanza alla Serbia di Vucic.
La retorica di Dodik rifiuta totalmente la memoria storica e nega il genocidio di Srebrenica. Dodik ha ripetutamente dichiarato che la Republika Srpska non riconosce l’autorità di Sarajevo e ha minacciato più volte di ritirarsi dalle Istituzioni centrali, tra cui l’esercito bosniaco. Queste azioni stanno spingendo il Paese verso una pericolosa deriva autoritaria. Le implicazioni geopolitiche della situazione sono evidenti. La stabilità della Bosnia è cruciale non solo per l’Europa, ma anche per la regione balcanica nel suo complesso. Un’ulteriore escalation delle tensioni potrebbe scatenare una nuova crisi che travolgerebbe non solo la Bosnia, ma anche gli equilibri nei Balcani, regioni già segnate da conflitti etnici e geopolitici. La domanda che molti si pongono oggi è se la comunità internazionale, in particolare l’Unione Europea e gli Stati Uniti, siano disposti a intervenire con decisione per prevenire il collasso dello Stato bosniaco. A ciò va, infatti, aggiunta la deriva autoritaria della Serbia di Vucic, vicino a Dodik, ed entrambi vicini alla Russia. Uno sgretolamento del fronte balcanico sarebbe pericolosissimo per la tenuta dell’UE.

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Fig. 2 – Dodik insieme al Presidente serbo Vucic, grande sostenitore del leader della Republika Srpska, 26 febbraio 2025

LA BOSNIA E IL PESO DEL PASSATO

C’è da chiedersi se effettivamente ci sono stati dei progressi dalla pace di Dayton ad oggi, o se magari si sono fatti dei passi indietro. Possiamo dire che a trent’anni dalla fine della guerra in Bosnia, il Paese continua a portare le cicatrici di un conflitto che ha segnato profondamente la sua struttura politica e sociale. Gli Accordi di Dayton, pur avendo posto fine alle ostilità, hanno cristallizzato un sistema istituzionale che perpetua la divisione etnica e nazionale, ostacolando la nascita di un’identità civica condivisa. La Bosnia è oggi uno Stato frammentato, in cui il potere è suddiviso tra le due entità principali, la Federazione di Bosnia-Erzegovina e la Republika Srpska, ciascuna con la propria autonomia e il proprio sistema di governance.
L’eredità della guerra, alimentata da nazionalismi contrapposti, è ancora visibile nelle politiche dei principali leader del Paese. In particolare, Milorad Dodik ha saputo canalizzare il malcontento serbo bosniaco, facendo leva su un forte risentimento verso la comunità internazionale e verso la presenza dell’Alto Rappresentante. La sua opposizione alle riforme e al riconoscimento della verità storica sui crimini di guerra, in particolare sul genocidio di Srebrenica, continua a polarizzare il Paese. La sua retorica separatista alimenta una memoria storica distorta e impedisce la costruzione di una vera pace duratura.
Il sistema politico bosniaco, creato dagli Accordi di Dayton, è stato pensato per prevenire il ritorno della violenza, ma ha invece finito per cementare un sistema di Governo che riflette le divisioni etniche, piuttosto che promuovere un’unità nazionale. Le elezioni politiche e la composizione delle Istituzioni, a partire dalla presidenza tripartita, rispecchiano questo modello di rappresentanza etnico-nazionale. Sebbene questi meccanismi siano stati concepiti per evitare nuove guerre, essi hanno anche limitato la capacità di governance centrale e impedito la realizzazione di riforme istituzionali e sociali necessarie a superare le divisioni.
A quasi tre decenni dalla fine del conflitto, la Bosnia-Erzegovina rimane una polveriera politica, pronta a esplodere in qualsiasi momento. La crescente sfiducia nelle Istituzioni centrali e la rinascita delle retoriche nazionaliste minacciano di riaccendere le tensioni. Se la comunità internazionale non interviene con forza, rischiamo di assistere a una regressione politica che potrebbe segnare la fine del fragile equilibrio che ha mantenuto la pace in Bosnia dall’inizio del Duemila. La sfida per il Paese non è solo quella di superare la crisi istituzionale, ma anche quella di costruire una vera identità civica, che vada oltre le divisioni etniche e promuova la coesione sociale.

Riccardo Renzi*

*Istruttore direttivo presso la Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, Membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, Scholia, Menabò e Notizie Geopolitiche, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.

Συνάντηση ΥΠΕΞ Ν. Δένδια με Πρόεδρο συλλογικού Προεδρείου Βοσνίας και Ερζεγοβίνης Šefik Džaferović και μέλη Željko Komšić και Milorad Dodik (Σεράγεβο, 31.05.2022)” by Υπουργείο Εξωτερικών is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • Le nuove tensioni in Bosnia dopo la condanna del leader serbo bosniaco Milorad Dodik.
  • Il separatismo di Dodik.
  • Le ferite mai chiuse della guerra degli anni Novanta.

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Riccardo Renzi
Riccardo Renzi

Laureato in Ricerca storica (LM-84) presso l’Università di Macerata, lavora, in seguito alla vittoria del concorso pubblico presso il IV settore del Comune di Fermo, come Funzionario presso la Biblioteca civica Romolo Spezioli di Fermo. È membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Scholia, Il Polo e Menabò online, è inoltre vicedirettore della rivista di filologia greca e latina Scholia. È inoltre socio dell’Aib, della Società Dantesca Fermana, del Centro Studi Sallustiani, dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e della Deputazione di Storia Patria per le Marche. Ha all’attivo oltre 500 pubblicazione tra scientifiche e di divulgazione culturale. Per quanto concerne la politica e la geopolitica collabora con Dissipatio, Politicamag, Il Polo e Libro Aperto.

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