Caffè Lungo – Il nuovo patto di difesa indo-russo apre interessanti prospettive nello scacchiere asiatico. Un prolungato dialogo che rimarca il puntellamento militare della repubblica indiana e della Russia.
L’ULTIMO ACCORDO TRA NEW DELHI E MOSCA
L’asse tra India e Federazione Russa si rafforza ancora di più sulla base di un corposo accordo che prevede, tra le altre cose, la produzione e vendita da parte dell’industria bellica indiana di più di 600mila Kalashnikov AK-203. La visita a New Delhi del Presidente russo Vladimir Putin, a inizio dicembre, ha segnato lo svolgimento del ventunesimo summit annuale tra le due potenze asiatiche.
Al di là della forte valenza diplomatica del dialogo 2+2 ministeriale tra le due controparti, la stretta di mano tra il premier indiano Narendra Modi e Putin ha suggellato la firma di ben ventotto differenti trattati che regolano il mercato bilaterale di materie prime come il carbone o l’acciaio. Ma è nell’ambito della Difesa che India e Russia compiono un deciso passo in avanti. All’acquisto di una considerevole quota di fucili d’assalto dall’India, la Russia sta rispondendo con la spedizione di alcuni missili terra-aria S-400, sulla base di un accordo siglato nel 2018, come confermato dal Ministro degli Esteri del Governo Modi, Harsh Vardhan Shringla.
Facendo riferimento a uno studio dello Stockholm International Peace Reseach Institute (SIPRI), nel quinquennio tra il 2016 e il 2020, la Russia ha ricoperto il ruolo di maggiore fornitore d’armamenti del subcontinente indiano con più del 20% delle sue esportazioni totali in materia. Questo accordo rafforza perciò un legame diplomatico giunto al punto di svolta nell’ottobre 2000, quando le due nazioni firmarono la storica Dichiarazione della partnership strategica tra India e Russia, uno dei primi successi in politica estera di Putin, salito al Cremlino solo pochi mesi prima. Le rinnovate pulsioni nazionaliste dei due Paesi, diventate ancora più forti dopo l’ascesa al potere di Modi – leader del Bharatiya Janata Party (BJP), di impronta conservatrice e induista, – hanno portato a un’accelerazione in questo senso.
“Continueremo a collaborare su un’agenda comune. Le nostre posizioni sono allineate nella lotta a terrorismo, traffico di stupefacenti e crimine organizzato”: queste le decise parole di Putin nei confronti del partner indiano.
Fig. 1 – Putin e Modi durante il loro recente incontro a New Delhi, 6 dicembre 2021
UN’ALLEANZA AD AMPIO RAGGIO
È innegabile che l’incontro tra i leader delle due nazioni, accompagnati dai Ministri degli Esteri Shringla e Lavrov, sia stato influenzato dalle recenti evoluzioni geopolitiche nella regione asiatica. “È scontato che siamo preoccupati per lo sviluppo della situazione in Afghanistan”, ha affermato Putin. Il rientro dei talebani a Kabul ha creato grossi grattacapi a entrambi i Paesi, specialmente all’India, che vede nel Pakistan, suo acerrimo nemico e principale alleato degli studenti coranici, un potenziale safe haven (porto sicuro) per diversi gruppi terroristici nati in seno all’Afghanistan. In questa chiave può essere letto il budget extra destinato da Modi alla ifesa. Inoltre, l’impennata della spesa nel settore militare da parte della Cina, che ad inizio 2021 ha raggiunto la quota record di 200 miliardi di dollari, ha innalzato il livello di attenzione a New Delhi. Le storiche frizioni tra India e Repubblica Popolare, culminate nel 1962 in un duro conflitto armato a ridosso del confine himalayano, sono tutt’altro che risolte. A testimonianza di ciò, nel 2020 si sono riaccesi gli scontri nella contesa regione del Ladakh tra le rispettive truppe di stanza, provocando la morte di venti militari indiani e l’accusa del Governo indiano alla Cina di movimenti provocatori al confine. Nonostante una maggiore assertività cinese, ad oggi appare alquanto improbabile che si arrivi ad una replica della guerra di sessant’anni fa. Ma Modi corre preventivamente ai ripari.
Il consistente riarmo russo è notoriamente legato all’escalation delle questioni ucraina e bielorussa, oltre alla già citata situazione afghana che inevitabilmente ha fatto riaffiorare amari ricordi relativi all’occupazione sovietica del 1979, con il successivo ritiro da Kabul dieci anni dopo. Nel suo apparente disegno di mantenere una sorta di egemonia sugli Stati ex sovietici, Putin non nasconde i timori che il filo che potrebbe unire affiliazioni terroristiche provenienti dal suolo afghano, coadiuvate dall’arcinota resistenza cecena, possa destabilizzare il proprio Stato già fiaccato dalla pandemia di Covid-19.
Fig. 2 – Soldati indiani partecipano alle prove per la parata della Festa della Repubblica, prevista a New Delhi a fine gennaio
L’AMBIGUITÀ DI MODI
La Dichiarazione condivisa tra India e Russia al termine del summit, all’insegna di una Partnership per la Pace, Progresso e Prosperità, evidenzia molte zone di luce e qualche ombra all’interno dei quasi cento articoli redatti. In particolar modo, gli articoli 66 (necessità di un mutuo dialogo nelle dispute del forum delle Nazioni Unite), 75 (riconoscimento positivo dell’attuale format del G20) e 91 (l’appoggio indo-russo alla positiva risoluzione del JCPOA per il nucleare iraniano) sottolineano lo sforzo di Modi e Putin nel perseguire un certo multilateralismo in ambito internazionale. Al contrario, articoli come l’80 (crescente preoccupazione per il maggiore impiego di armamenti spaziali) potrebbero essere letti come un guanto di sfida, soprattutto della Russia, nei confronti degli Stati Uniti e Cina.
L’incontro di inizio dicembre sancisce anche, qualora ci fossero ancora dubbi, la fuoriuscita dell’India da un isolazionismo pluriennale, legato soprattutto alla necessità di rimodellare una farraginosa burocrazia ereditata dalla presenza britannica e dall’enorme estensione territoriale. Nonostante il programma politico interno di Modi sia intriso di un aggressivo nazionalismo identitario, il premier indiano è riuscito ad intessere in breve tempo una tela invidiabile di relazioni, impensabile fino a qualche anno fa. E il dialogo dei massimi esponenti politici indiani ha plasmato un multilateralismo per certi versi ambiguo, aperto a tutte le maggiori potenze, senza preclusioni. Basti pensare al recente rafforzamento del Quad con Stati Uniti, Giappone e Australia, che non ha sbarrato la strada all’accordo con Putin. Oppure al paradossale fil rouge che ha unito India e Cina nel posticipo della deadline relativa al raggiungimento dell’obiettivo emissioni zero alla Cop26 di Glasgow.
Sarà interessante osservare gli sviluppi a medio/lungo termine di questa strategia, specialmente nel caso in cui l’India venisse chiamata a mettere da parte la sua apparente neutralità. Per il momento il Giano Bifronte indiano sta raccogliendo i frutti di una paziente e chirurgica diplomazia, senza dimenticare l’espansionismo economico che la colloca al quinto posto assoluto a livello mondiale, con una prospettiva di crescita nella top 3 entro dieci anni.
Stefano Ermini
“Meeting President Putin and discussing India-Russia ties.” by narendramodiofficial is licensed under CC BY-SA