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Gli accordi commerciali nell’era post TTIP

Analisi – Dopo il congelamento dei principali accordi commerciali avviati dagli Stati Uniti, le maggiori economie del mondo hanno continuato a negoziare per la stipula di nuovi trattati. Il 6 luglio l’Europa e il Giappone hanno firmato il trattato avviato nel 2013, che porterà a un aumento delle esportazioni, soprattutto per il settore agricolo e automobilistico.

IL QUADRO DEGLI ACCORDI COMMERCIALI INTERNAZIONALI

Il sistema dei commerci internazionali, dopo anni di relativa tranquillità in cui sono nati organi e istituzioni come l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), incaricati di risolvere le dispute tra gli Stati in materia di scambi commerciali e di regolamentare i negoziati secondo procedure standard, da un anno a questa parte sta vivendo un periodo di tumulti a livello globale. Ad accendere la miccia è stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che sulla scia del suo motto «Make America great again» sta compiendo passi che potrebbero essere definiti azzardati con quei Paesi con cui finora sono esistiti buoni rapporti commerciali e non solo. L’escalation è iniziata con il congelamento del TTIP, l’accordo transatlantico per il commercio e gli investimenti che avrebbe potuto unire Unione Europea e Stati Uniti, seguito dal blocco del TPP sul fronte pacifico con il continente asiatico e da quello del NAFTA sull’asse Nord-Sud che lega Canada, USA e Messico. Il Presidente sta rilanciando con forza la politica del protezionismo, che era stata abbandonata ormai dal secondo dopoguerra, innalzando le barriere tariffarie, uno strumento di commercio internazionale piuttosto convenzionale. La chiamata fuori dai giochi delle politiche di libero scambio rischia di mettere l’America in disparte, mentre si accendono i riflettori su altre aree del mondo. È proprio quello che è accaduto lo scorso 6 luglio, quando l’Europa e il Giappone hanno concluso l’accordo commerciale le cui negoziazioni erano iniziate nel 2013. Se nel corso degli anni il trattato con l’Europa era stato in parte accantonato dal Giappone per cercare di portare a conclusione il TPP, ora è invece ritornato un tema di primario interesse per il primo ministro Shinzo Abe, che vede nell’UE il migliore partner commerciale nel panorama internazionale.

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Fig. 1 – Summit UE-Giappone a Tokyo con Donald Tusk, Jean Claude Juncker e Shinzo Abe il 17 luglio 2018

GLI INTERESSI RECIPROCI DELL’ACCORDO

Dopo 18 round di negoziazioni, l’accordo è stato siglato, ma secondo il presidente della Commissione Europea Juncker bisognerà attendere fino al 2019 per la ratifica vera e propria, in quanto la materia è molto ampia e si devono ancora discutere diversi dettagli. I vantaggi economici e politici sono importanti, dato che la dimensione del trattato è paragonabile a quella del NAFTA. I mercati protagonisti dell’accordo sono quello manifatturiero delle auto per il Giappone, che potrà penetrare più facilmente in Europa grazie a un abbassamento del 10% delle tariffe sulle importazioni, e quello agricolo e più in generale dell’industria alimentare per l’Europa, che potrà esportare più facilmente i propri prodotti nel Sol Levante. Oltre agli accordi più “tradizionali” relativi al progressivo abbattimento delle barriere tariffarie, il trattato copre anche altri ambiti, che vanno dalla regolamentazione del mercato del lavoro alla proprietà intellettuale. In questa ottica entrambi i partner potrebbero trarre dall’accordo non soltanto vantaggi economici, ma anche politici: l’Europa infatti acquista così un ruolo centrale come regolatore e come punto di riferimento per stabilire nuove norme di mercato che non siano più soltanto prerogativa dei Paesi occidentali, diventando anzi uno standard condiviso con l’Asia. Il Giappone, dal canto suo, può garantire che i nuovi accordi vengano rispettati e che si allarghino anche negli Stati dell’area del Pacifico. Il trattato rappresenta quindi un ulteriore tentativo di unione tra Occidente e Oriente nel rispetto della concorrenza e delle regole del libero mercato.

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 Fig. 2 – Il commissario europeo per l’Agricoltura Phil Hogan con il commissario europeo per il Commercio Cecilia Malmström e i ministri per gli Affari Esteri e l’agricoltura giapponesi Fumio Kishida e Yuji Yamamoto 

I NUMERI DELL’ACCORDO

Quali saranno gli effetti di lungo termine dell’accordo? Le prime misure che verranno adottate prevedono l’azzeramento delle barriere tariffarie sulle importazioni, per alcuni prodotti con effetto immediato, mentre per altri in modo progressivo, secondo un piano di 15 anni. Oggi, infatti, le tariffe sulle importazioni di cibo e vino sono piuttosto elevate in Giappone, con un 30-40% sui formaggi e un 15% sui vini. L’Europa perciò potrà godere di maggiori esportazioni, che secondo le previsioni aumenteranno del 4% sul totale (mentre aumenteranno del 34% considerando i flussi bilaterali UE-Giappone). Dall’altra parte il Giappone vedrà un aumento delle esportazioni, soprattutto nel settore automobilistico, del 6% sul totale e del 29% verso l’Europa. L’impatto di lungo termine sul PIL dei due partner non sarà marcato, con un aumento dello 0,76% per l’UE e dello 0,29% per il Giappone. Ma per valutare gli impatti di un accordo non basta considerare gli effetti sulla bilancia commerciale. Le materie coperte dal trattato sono infatti molto più vaste e comprendono anche la parte normativa relativa ai settori da esso maggiormente interessati. Per Shinzo Abe le importazioni nel settore agricolo rappresentano una buona occasione per riuscire a modificare gli standard del settore primario del proprio Paese e poter quindi dare vita a una riforma promossa nel periodo dell’Abenomics, in coerenza con il piano di governo da lui sostenuto. Il Primo Ministro infatti mira a rendere il Paese più competitivo a livello internazionale attraverso la deregolamentazione, la diversificazione e una progressiva apertura del Giappone all’esterno, grazie a investimenti e programmi di innovazione tecnologica. L’obiettivo è riuscire a cambiare il modello di crescita del Paese asiatico, passando da un paradigma guidato dalle esportazioni a uno basato sulla crescita fondata sugli investimenti. Per l’Europa, invece, la stipula dell’accordo rappresenta non tanto un vantaggio puramente economico, sebbene il Giappone sia la terza economia nazionale al mondo, ma soprattutto un valore strategico a livello geopolitico. Nel panorama asiatico, infatti, la Cina è il maggiore rappresentante di un modello economico fortemente connotato dalla pianificazione statale di successo, mentre il Giappone è vicino a un modello improntato al libero scambio ed è quindi negli interessi dell’Europa riuscire a supportare la crescita di un Paese che condivide i suoi stessi valori in un continente in cui esistono numerose opportunità di crescita e investimenti.

Chiara Bellucci

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Chiara Bellucci

Nata nel 1993 in un tranquillo paese tra i colli marchigiani, dopo essermi dedicata agli studi classici, ho cambiato nettamente rotta virando sulle scienze economiche. Ho ottenuto una laurea triennale presso l’Università Luigi Bocconi in Economia e Scienze Sociali e ho poi proseguito la mia avventura alla Barcelona Graduate School of Economics conseguendo un MSc in International Trade, Finance and Development. Mi sono sempre più appassionata ai temi dell’economia internazionale, della macroeconomia e della politica monetaria, che mi hanno spinto a collaborare con il Caffè Geopolitico. Mentre inseguo il mio sogno di diventare una ricercatrice economica, non mi dimentico mai di ritagliare ogni giorno un po’ di tempo da dedicare alle persone che amo e alla lettura dei grandi classici, una mia grande passione, magari gustando un buon caffè!

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