In 3 sorsi – Lotta alla povertà e aumento del benessere generale dei cittadini: sono queste le promesse di Vladimir Putin per il suo ultimo mandato presidenziale. Obiettivi molto difficili da raggiungere, considerando le ingenti e gravose manovre fiscali che richiede la scricchiolante struttura economica della Federazione Russa. La riforma del sistema pensionistico è il primo scoglio da superare e la proposta di legge ha già scontentato molti.
1. UNA RIFORMA NECESSARIA
Come in tutte le società occidentali o dei Paesi “avanzati”, anche Mosca registra una tendenza demografica negativa. Il Cremlino ha cercato di tamponare il problema offrendo incentivi sociali per le nuove nascite, senza riuscire ad arrestarne il declino. Il saldo naturale negativo, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita (che in Russia si attesta sui 64,7 anni per gli uomini, 76,1 per le donne, fonte ONU, 2015) influiscono molto pesantemente sul mercato del lavoro. Dal collasso dell’URSS a oggi, il rapporto pensionati/lavoratori è passato da 1/2,5 a 1/1,2. Di conseguenza il gettito fiscale è notevolmente diminuito e il sistema previdenziale sovraccarico pesa sempre di più sul bilancio federale. L’andamento e le previsioni sono tutt’altro che rosee. «Dobbiamo prendere una decisione difficile, complessa, ma necessaria», queste le parole di Putin in merito alla tanto contestata riforma. Un cambiamento ritenuto improrogabile, su cui si giocherebbero il futuro e la stabilità della Russia stessa.
2. LA PROPOSTA DI LEGGE E I SUOI CONTENUTI
Le pensioni in Russia sono state considerate finora un argomento intoccabile. Lo stesso Putin ammette di essersi più volte opposto a una loro riforma durante i mandati precedenti, ma con altrettanta convinzione sostiene oggi l’attuazione di modifiche significative. Il sistema previdenziale in vigore prevede il pensionamento a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne. Con la riforma, l’età pensionabile aumenterebbe a 65 anni per gli uomini (superando così la loro aspettativa di vita) e a 63 per le donne. Il progetto così proposto è stato approvato in prima lettura dalla Duma il 19 luglio scorso, a pochi giorni dal termine dei Mondiali di calcio organizzati in Russia. Data la drasticità dei cambiamenti avanzati, il Cremlino ha forse voluto sfruttare il clima festoso e il ritorno d’immagine derivante dall’evento sportivo per portare avanti il progetto di riforma. Ma il malcontento si è subito diffuso tra la popolazione, che è scesa nelle piazze organizzando numerose manifestazioni di protesta.
Fig. 2 – Manifestanti in corteo a Mosca contro la riforma pensionistica. Lo slogan sullo striscione è «La corruzione ruba le pensioni»
3. LE PROTESTE E GLI EMENDAMENTI
Secondo RBK, il 53% dei russi sarebbe contrario alla riforma e disposto a manifestare, mentre la popolaritĂ di Putin diminuirebbe (65-70%, – 6 punti, fonte Vedomosti). Un’insoddisfazione crescente e trasversale: sono state poche le sigle partitiche o sindacali che hanno partecipato alle grandi manifestazioni, per cui, nella “protesta senza leader”, i cittadini sono stati i protagonisti. Il Partito Comunista di Zjuganov è stata la principale forza politica a cavalcare l’onda del dissenso nelle piazze, raccogliendo anche buoni risultati nelle recenti elezioni amministrative. Il 2 e il 9 settembre si sono tenuti numerosi cortei di protesta in molte cittĂ , tra cui San Pietroburgo, Ekaterinburg e Mosca – oltre 800 i manifestanti fermati dalla polizia. Per cercare di placare gli animi, Vladimir Putin, pur sottolineando la necessitĂ della riforma, ha aperto a numerosi emendamenti al disegno di legge originale, tra cui l’abbassamento dell’etĂ pensionabile per le donne da 63 a 60 anni; il diritto al prepensionamento femminile rapportato al numero dei figli; una minuziosa indicizzazione delle pensioni in base all’inflazione, che porterebbe gli assegni medi a 20mila rubli entro il 2025. Adesso sta alla Duma discutere le modifiche al progetto, da trasmettere entro il 24 settembre al Consiglio della Federazione, cui spetta la seconda lettura. Intanto il Partito Comunista ha annunciato nuove manifestazioni contro la riforma per il 22 settembre.
Mattia Baldoni
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