In 3 sorsi – Dal 2011, anno dello scoppio della guerra civile in Siria, il Paese ha subito diverse frammentazioni interne ed è diviso tra regioni sotto il regime del governo e quelle sotto l’influenza di attori non statuali. Molto forte è anche la presenza di attori politici esterni, come la Turchia che agisce nella regione Nord-est dal 2017.
1. LA SIRIA: UN PAESE DIVISO
Nel 2011, seguendo il vento delle primavere arabe, la Siria scoppia nella guerra civile e il Paese entra nel caos. La rivoluzione però non porta all’obiettivo sperato. Undici anni dopo, la Siria è internamente frammentata, diviso tra regioni sotto l’influenza del Governo, e regioni, come la parte nord, dove hanno il controllo diverse forze non statuali. Nel nord-est ci sono le milizie curde, le Forze democratiche siriane dominate dall’Unità di protezione nazionale curda (YPG); a nord-ovest agisce l’Esercito siriano libero con milizie filo-turche, e per ultimo il gruppo militante di stampo islamico Hay’at Tahrir Al-Sham (HTS) che ha il controllo della città di Idlib nel nord-ovest. Coinvolta in questo contesto, sia per vicinanza che per interessi, è la Turchia che da subito si è inserita nel conflitto siriano sia per andare contro il regime di Bashar al-Assad, sia per voler contenere il ruolo dei curdi siriani. Le zone con maggiore attività turca sono quelle di Afrin, Azar e Talabyad, dove sono presenti l’Esercito siriano libero e un numero cospicuo di forze turche, ma anche nella zona dove opera Hay’at Tahrir Al-Sham, soprattutto a Idlib, che dal 2017 è considerata il ponte di osservazione turco. Definita una zona di de-escalation nei Colloqui di Astana del 2018, Idlib è stata oggetto di vari attacchi militari nel corso degli anni da parte delle forze alleate del regime che vogliono riportare la città sotto il Governo di Damasco. Il problema sono però i 3 milioni di abitanti che non hanno nessuna intenzione di tornare sotto Assad, e verso cui la Turchia si è impegnata affinché ciò non accada per evitare che gli abitanti non diventino sfollati e si dirigano verso le zone turche, che già ospitano 3.7 milioni di sfollati siriani. Ankara si è anche impegnata con aiuti umanitari, nel 2021 sono passati per Bab al-Hawa, unico corridoio al confine tra Turchia e Siria approvato con la Risoluzione 2585 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2015 e rinnovato nel 2022 per sei mesi, fino a gennaio 2023, circa diecimila convogli di aiuti, e si è impegnata per la costruzione di abitazioni nel Paese dove ricollocare gli sfollati siriani.
Embed from Getty ImagesFig. 1- Il Syria National Army ha condotto un’operazione militare nel distretto di Afrin (nord Aleppo) il 22 novembre 2022.
2. LA PRESA DI AFRIN
È del 13 ottobre la notizia della presa della città di Afrin da parte del gruppo islamico Ha’yat Tahirir Al-Sham. Il gruppo si è formato durante la guerra civile, operando come forza di opposizione. All’inizio affiliato ad Al Qaeda, dal 2017 ha provato a mostrarsi più moderato, ma Stati Uniti, Unione Europea e la Turchia continuano a designarlo come gruppo terroristico. La città precedentemente era una roccaforte della milizia del YPG, ma nel marzo del 2018 con l’operazione Ramoscello d’Ulivo, Afrin fu presa e circondata dalle milizie turche e dai suoi alleati. Dalla città fuggirono molti curdi e diventò il punto di riferimento per rifugiati provenienti da tutta la Siria. Il 13 ottobre scorso il gruppo islamico Hay’at Tahir al-Sham ha avanzato un’operazione per conquistare la città. Nonostante l’opposizione dell’Esercito nazionale siriano, milizia sotto il controllo turco, HTS è riuscito a conquistare l’ospedale militare di Afrin e diversi villaggi e colline, vicino al confine turco-siriano e vicino alla parte nord-ovest di Aleppo. È già un po’ di tempo che Hts cerca di espandersi verso Afrin da Idlib per i passaggi tra le due aree che sono molto importanti a livello finanziario. Ciò che HTS ha fatto è stato approfittare dell’influenza sempre minore della Turchia sui suoi delegati ribelli che stanno diventando sempre più corrotti. Cogliendo il momento, il gruppo era certo che la Turchia non sarebbe intervenuta se avesse avanzato, e il loro scopo era quello di creare una situazione in cui questa non potesse muoversi senza prima dover interloquire con loro. A seguito dell’attacco, però, la Turchia ha dato un ultimatum al gruppo islamico di ritirarsi e ha cominciato a espellere alcuni soldati membri del gruppo islamico e alzare barriere nelle zone rurali al sud di Afrin, zona collegata a Idlib, roccaforte di HTS.
Embed from Getty ImagesFid. 2- Il gruppo Hayat Tahrir al-Sham nella provincia di Idlib, Novembre 2022.
3. LA GOVERNANCE LOCALE NELLA REGIONE DI IDLIB
La regione siriana è quindi divisa tra zone sotto il dittatore Bashar al-Assad, e zone controllate da forze paramilitari. La volontà di Assad sarebbe quella di ricostruire un Paese unito, tutto sotto il Governo di Damasco, ma gli abitanti delle regioni distaccate da questo rifiutano l’opzione e i vari attori non statuali si sono impegnati in questi anni per ottenere legittimità per governare a livello locale le varie zone. Idlib ne è l’esempio. Hay’at Tahir al-Sham si è impegnato per consolidare la sua governance locale tramite la promozione di diversi progetti. Quello che ha avuto più successo è stata l’apertura della Aleppo-Bab al-Hawa Road, il primo progetto finanziato dal Syrian Salvation Government, il Governo alternativo de facto dell’opposizione ad Idlib. Dopo unici anni di guerra civile, non ancora finita, ciò che rimane è una profonda crisi sia umanitaria che economica, e dove gli scontri sembrano non trovare fine. A tal proposito, il 13 novembre è stato sferrato un attentato a Istambul, in Turchia, e Ankara ha subito gettato le accuse sui curdi, e ha risposto con una serie di attacchi aerei su zone della Siria e dell’Iraq.
Francesca Giordano
Immagine di copertina: Photo by Ahmed akacha is licensed under CC0