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“Winning hearts and minds”: gli interessi dell’Arabia Saudita in Yemen

Caffè lungoL’Arabia Saudita è coinvolta nel conflitto che affligge lo Yemen dal 2015, sia attraverso la partecipazione militare, sia attraverso l’invio di aiuti umanitari. La strategia delineata dalla coalizione saudita per perseguire i propri interessi spiega questa apparente contraddizione.

1. L’ARABIA SAUDITA NEL CONFLITTO YEMENITA: STRATEGIA MILITARE

Sullo sfondo del conflitto che ormai da marzo 2015 affligge lo Yemen, l’obiettivo di determinare il proprio predominio nella regione porta l’Arabia Saudita ad avere un ruolo decisivo nelle dinamiche stesse della guerra. Lo scontro ideologico tra Iran, a maggioranza sciita e Riyad, invece, che difende la dottrina sunnita e i luoghi sacri dell’Islam, si riflette anche nel conflitto in Yemen. Infatti, l’Iran sostiene i ribelli Houthi, poichè vede in questa fazione l’occasione per poter contrastare la prevalenza sunnita del Paese, mentre Riyad appoggia il Governo sunnita centrale. Per poter prevalere sull’Iran, Riyad deve puntare molto sulla strategia militare e dimostrare l’eccellenza strategica. Ciò è possibile attraverso una strategia che si concentri su velocitĂ , precisione e potenza, volta a dimostrare la credibilitĂ  e la volontĂ  di Riyad in una posizione offensiva e non difensiva. Per questo, la coalizione saudita è responsabile della maggioranza dei raid aerei che dall’inizio del conflitto si riversano sul territorio yemenita. Una strategia militare di questo tipo riduce il piĂą possibile l’intervento diretto e massimizza le possibilitĂ  di successo. Riyad punta tutto sul vantaggio qualitativo delle forze aeree, tra le altre cose, fortemente sostenute dagli Stati Uniti.
I raid aerei lanciati dalla coalizione guidata dai sauditi avevano e hanno l’obiettivo di impedire ai ribelli di estendere il proprio controllo, nonchĂ© riconquistare i principali centri di potere, dalla capitale Sana’a allo strategico porto sul Mar Rosso di Hudayda. Sempre sulla stessa linea strategica, l’Arabia Saudita, dall’inizio del conflitto, ha imposto un blocco aereo e marittimo allo Yemen, causando restrizioni all’importazione. Ciò si inserisce nella tattica di guerra economica che vuole indebolire gli Houthi attraverso la fame e la privazione dei beni di prima necessitĂ , nonchĂ© evitare che essi possano ottenere sostegno logistico e militare dall’Iran.

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Fig. 1 – I combattenti ribelli Houthi ispezionano i danni dopo un attacco aereo effettuato dalla coalizione guidata dai sauditi contro il palazzo presidenziale nella capitale yemenita Sanaa, dicembre 2017

2. IL CONTRIBUTO DELL’ ARABIA SAUDITA PER LA CRISI IN YEMEN

Con un’analisi dei dati, da marzo 2015 ad oggi, si stima che in Yemen ci siano 23,4 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, tra cui circa 12,9 milioni in stato di estrema necessità. Oltre al conflitto, il Paese deve affrontare l’epidemia del colera e dallo scorso luglio è devastato da inondazioni e forti piogge. Di fronte a tale emergenza, l’Arabia Saudita risulta essere uno dei Paesi che contribuisce di più per gli aiuti economici e per il supporto allo Yemen.
Innanzitutto, da quanto emerge dai dati del Financial Tracking Service dell’OCHA, nell’elenco riguardo alle principali fonti di finanziamento del Piano di aiuti per lo Yemen, l’Arabia Saudita si posiziona seconda sola agli Stati Uniti, con un contributo del 16,5%.
Rilevanti sono anche gli aiuti che lo Yemen riceve grazie al programma stilato nel 2015 dal Re, il King Salman Humanitarian Aid and Relief Center (KSRelief), il quale pone particolare attenzione al lavoro umanitario e di soccorso nelle regioni del Medio Oriente e del Nord Africa.
Inoltre, nel 2021 è stato avviato un nuovo progetto sviluppato da Saudi Development and Reconstruction Program for Yemen (SDRPY) con UN-Habitat per riabilitare 600 case per famiglie a basso reddito nella città yemenita di Aden. Il SDRPY ha avviato anche più di 188 progetti in oltre 7 settori: sanità, energia, trasporti, idrico, istruzione, agricoltura e pesca. Un progetto in particolare prevede la gestione delle risorse idriche nella provincia di Socotra.
Infine, con l’insediamento, ad aprile di quest’anno, del nuovo Presidente yemenita Rashad al Alimi, l’Arabia Saudita ha annunciato aiuti finanziari per 3 miliardi di dollari. I fondi verranno utilizzati per fornire liquiditĂ  alle banche yemenite, e per consentire l’acquisto di prodotti petroliferi. Lo scopo ultimo di questo investimento è ripristinare la stabilitĂ  e la sicurezza del Paese aiutando la ripresa dell’economia, rafforzando la sua valuta e soddisfacendo il fabbisogno energetico.

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Fig. 2 – Soldati sauditi mentre monitorano un aereo cargo dell’aeronautica saudita che trasporta aiuti umanitari in un aeroporto nella provincia nord-orientale di Marib, gennaio del 2018

3. GLI INTERESSI CELATI DIETRO GLI AIUTI UMANITARI

Il Medio Oriente è una regione fortemente vulnerabile agli assetti politici e alle sfere di influenza. Ciò spiega perchĂ© in un conflitto settario come quello yemenita gli attori coinvolti nella guerra approfittino dell’instabilitĂ  economica e della crisi sanitaria per consolidare le proprie posizioni. A tal proposito, per supportare la propria fazione gli attori regionali interessati, non usano solo la partecipazione o il sostegno militari, bensì anche gli stessi aiuti umanitari. PoichĂ© senza l’aiuto e i finanziamenti di attori terzi, le fazioni in campo non avrebbero le risorse e i mezzi necessari per affrontare la crisi, i Paesi esterni, con le loro donazioni, acquisiscono una posizione decisiva per gli sviluppi stessi del conflitto. Basandoci su questa analisi, è possibile interpretare l’apparente contraddizione tra il rifornimento di aiuti umanitari e la partecipazione militare nel conflitto yemenita dell’Arabia Saudita. L’interesse saudita a fornire un tale ammontare di aiuti umanitari è strettamente collegato all’obbiettivo di raggiungere le proprie aspirazioni locali. I progetti di aiuto non sono altro che un mezzo utilizzato per contribuire alla realizzazione dei propri scopi. Attaccare militarmente il nemico da una parte e fornire aiuto alla propria fazione dall’altra, permette all’Arabia Saudita di indebolire gli Houthi e l’Iran, e allo stesso tempo rafforzare la “partnership” – nonchĂ© influenzare, controllare e dirigere – con il Governo legittimo, soprattutto per il futuro. Ciò spiega anche la decisione strategica, descritta precedentemente, riguardo al blocco aereo e marittimo imposto dai sauditi volto a evitare che l’Iran, con l’invio dei suoi aiuti, possa seguire lo stesso schema a sostegno della fazione nemica. Ciò evidenzia che l’interesse strategico ed economico prevale sulla mera gestione della crisi umanitaria che affligge lo Yemen ormai da anni. L’interesse degli attori esterni, la diversitĂ  degli obiettivi e la volontĂ  di determinare la propria supremazia nella regione evidenziano che difficilmente la crisi umanitaria in Yemen si possa risolvere rapidamente. Sullo sfondo di questo scenario, il processo di riabilitazione dello Yemen può avvenire solo se i Paesi occupanti e direttamente coinvolti nel conflitto, sfruttando anche i vantaggi strategici ed economici raggiunti, si impegnassero a creare le condizioni per un percorso di ripristino dei settori fondamentali. Tuttavia, senza prima un accordo di pace, ciò sembra essere irrealizzabile.

Erika Russo

Immagine di copertina: “414 Child Gazing at Rubble” by Felton Davis is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • A 7 anni dallo scoppio del conflitto yemenita, le fazioni in campo trovano sostegno da parte di Paesi terzi. Tra questi, l’Arabia Saudita ricopre un ruolo fondamentale a favore del Governo centrale, tramite una strategia militare offensiva.
  • Il conflitto ha completamente devastato lo Yemen, la crisi umanitaria è allarmante. Di fronte a questo problema, l’Arabia Saudita prevede programmi di emergenza a sostegno delle aree piĂą fragili, attraverso un piano consistente di aiuti umanitari.
  • L’interesse strategico ed economico di Riyad all’interno del conflitto settario spiega l’apparente contraddizione tra la partecipazione militare e gli aiuti umanitari. Quest’ultimi non sono altro che un mezzo utilizzato dai Paesi terzi per raggiungere i propri scopi.

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Erika Russo
Erika Russo

Nata a Milano nel 1997. Mi laureo in Relazioni internazionali e Istituzioni europee con tesi sulla guerra in Yemen e il relativo commercio delle armi. Attualmente studentessa del Master presso l’UniversitĂ  di Bologna in  I.R. – Crime, Justice and Security, con un progetto di tesi riguardo la logica strategica dietro gli attacchi terroristici suicidi verso le democrazie liberali. Amo viaggiare, i libri di D’Annunzio, il mare, i cani, pratico mua thai, sono una persona estremamente curiosa e in tutti questi anni all’estero mi è sempre mancato il buon caffè italiano.

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