In 3 sorsi – L’Arabia Saudita di Mohammed bin Salman si caratterizza per una politica estera fondata sul realismo pragmatico, come emerge in maniera evidente dall’atteggiamento assunto in merito al conflitto russo-ucraino. L’equazione tra sicurezza nazionale e consolidamento del proprio status a livello internazionale rappresenta la chiave per intendere tale politica.
1. UNA VISIONE DI POLITICA ESTERA CHIARA: L’AUTONOMIA COME PERNO DEL SISTEMA
Il tratto distintivo della politica estera adottata dal Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman è la convinzione che per ricercare la stabilità per l’attuazione delle proprie politiche interne sia necessario orientare l’azione politica su due pilastri: autonomia strategica e consolidamento dello status internazionale. La consapevolezza di non poter fare affidamento solo sul supporto statunitense giunse quando l’Amministrazione Obama concluse con l’Iran il Joint Comprehensive Plan of Action, accordo che aveva come obiettivo l’imposizione di severe restrizioni al programma nucleare iraniano in cambio dell’allentamento delle sanzioni occidentali. Il Regno saudita lo ha letto come il preludio di un progressivo disimpegno degli Stati Uniti dall’esercizio di un’influenza dominante nell’area. Da tale momento in poi, le sue scelte di politica estera hanno rispecchiato l’esigenza di bilanciare le relazioni con gli USA con rapporti sempre più fiorenti con nazioni come Cina e Russia. L’apice di tale impegno si è manifestato nel settembre del 2022, con l’annuncio del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky del raggiungimento di un accordo, mediato da Turchia e Arabia Saudita, per lo scambio di circa 300 prigionieri. Qui, Bin Salman ha avuto un ruolo primario nel garantire il rilascio di una parte dei detenuti stranieri in Russia, tanto che il loro ritorno nei rispettivi Paesi di appartenenza è avvenuto dopo un passaggio preliminare a Riyadh.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Principe Ereditario Mohammed bin Salman è ospite del Presidente americano Barack Obama, nel 2015
2. L’AMBIGUITÀ STRATEGICA NEL CONTESTO DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO
Rispetto agli sforzi diplomatici, la volontĂ di giocare il ruolo di negoziatore chiave di un trattato che possa porre fine al conflitto, si scontra, al momento, con l’impossibilitĂ di far sedere al tavolo delle trattative i Governi russo e ucraino. In tal senso, quando nell’agosto dello scorso anno il Regno saudita ha ospitato un summit volto a definire i presupposti di un futuro accordo di pace tra le parti, alla conferenza non hanno preso parte funzionari del Governo russo. A ciò si è aggiunta l’indisponibilitĂ di una parte significativa e consistente della comunitĂ internazionale, con al vertice il Governo cinese, a sposare in pieno la visione ucraina sul modo in cui dovrebbe avvenire la fine del conflitto. Considerate tali premesse, occorre evitare di sopravvalutare il contributo dato dal forum di Gedda, vista la presenza di evidenti limiti a fare da barriera rispetto a un’attivitĂ di mediazione completamente efficace. L’ambiguitĂ strategica, su cui si è retta finora la politica estera del Regno in materia, si è materializzata durante la votazione sulla dichiarazione congiunta adottata dagli Stati partecipanti al forum di pace tenutosi in Svizzera a giugno. Riyadh, così come Nuova Deli e Brasilia, hanno deciso di non condividerne il contenuto, a causa della mancanza di condivisione da parte di Russia e Ucraina dei termini che dovrebbe avere il futuro accordo di pace: l’assenza di Mosca al vertice ne ha costituito la manifestazione emblematica. Quella del Regno saudita è stata una decisione importante per comprendere le linee rosse che esso si pone in merito al conflitto russo-ucraino. Una scelta che, però, non arriva a sorpresa, vista la presenza di solidi rapporti con Mosca: la decisione, nel 2023, dei due Paesi di applicare tagli alla produzione di petrolio ne dĂ testimonianza.Â
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky incontra il Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman a Jeddah
3. IL SEGNO DELLA CONTINUITĂ€ CON CUI IMMAGINARE GLI SCENARI FUTURI
Le scelte di politica estera di Riyadh, che consolida le relazioni con Russia e Cina, ma al contempo si dichiara pronta a collaborare con gli USA in materia di sicurezza e difesa e a normalizzare le relazioni con Israele in presenza di una “calma a Gaza” e di una disponibilità del Governo israeliano a predisporre un percorso verso il “riconoscimento di uno Stato palestinese”, sono strategiche e volte alla salvaguardia del proprio interesse nazionale e al raggiungimento di determinati obiettivi di politica interna. Questo include la diversificazione dell’economia, la riduzione della dipendenza dal petrolio e lo sviluppo del settore del turismo in modo da applicare pienamente il progetto di Vision 2030. Tali propositi sono strettamente interconnessi alla consapevolezza, acquisita nel tempo dal Governo saudita, del fatto che la comunità internazionale si sta riorientando verso nuove fonti di approvvigionamento energetico. Motivo per il quale la stessa Arabia Saudita si è mossa, nel 2022, con la prima spedizione commerciale al mondo di ammoniaca blu certificata, così definita perché prodotta da materie prime di gas naturale in modo che la CO2 rilasciata venga catturata dalle tecnologie CCS/CCUS, spedita a Ulsan, in Corea del Sud. Una cooperazione che si è consolidata nello scorso anno con la firma di molteplici accordi di collaborazione in materia di idrogeno pulito. In tale occasione, grazie al prezioso ruolo della compagnia energetica saudita Aramco, è stata firmata una lettera di intenti per la collaborazione in progetti sul trasporto di ammoniaca blu, per un valore totale di 15,5 miliardi di dollari.
Michele Maresca
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