In 3 sorsi – A Culiacàn, Messico, le autorità hanno arrestato una delle figure più importanti del crimine di Sinaloa. La stampa locale specula sull’ipotesi che possa essere un “regalo” per Biden.
1. L’ARRESTO DI GUZMÁN
Lo scorso 5 gennaio, nella città di Culiacán (Stato di Sinaloa) è stato arrestato Ovidio Guzmán Lopez, alias “el ratón“, 32enne figlio di Joaquín Guzmán, noto come “el chapo”, ex capo del cartello di Sinaloa che attualmente sconta una condanna a vita in un carcere statunitense per svariati reati. Subito dopo la cattura di Ovidio Guzmán, a capo di uno dei gruppi criminali più potenti dello stato e dell’intero Messico, decine di uomini a lui fedeli hanno dato alle fiamme numerosi veicoli, al fine di creare dei propri “posti di blocco” in contrapposizione a quelli disposti dalle autorità. Alcuni uomini armati hanno anche preso d’assalto l’aeroporto internazionale di Culiacán, aprendo il fuoco contro due aerei, uno dei quali in fase di decollo e diretto a Città del Messico. A seguito del deteriorarsi del quadro di sicurezza nella città, le autorità del governo dello stato di Sinaloa e della città di Culiacán hanno sospeso ogni attività della pubblica amministrazione, raccomandando alla popolazione di restare a casa. Il bilancio è stato di almeno 29 morti tra autorità e membri del gruppo di Guzmán, che è stato nel frattempo trasferito in un carcere di massima sicurezza.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Le forze dell’ordine adottano misure di sicurezza durante l’operazione di cattura di Ovidio Guzmán Lopez a Culiacán, Messico.
2. IL “CULIACANAZO” DEL 2019
Non è la prima volta che “el ratón” viene catturato dalle autorità messicane. Nell’ottobre 2019, infatti, l’esercito aveva circondato la sua abitazione, sempre a Culiacán, costringendolo alla resa. La reazione dei suoi fedeli fu tuttavia tanto rapida quanto efficace: centinaia di uomini si dispiegarono in tutta la città con mezzi blindati e armi pesanti, costringendo il Presidente messicano Andrés Manuel López Obrador a ordinarne il rilascio, onde evitare violenze generalizzate. L’episodio passò alla storia come il “Culiacanazo” e contribuì molto ad accrescere la fama di Ovidio Guzmán, soprattutto in relazione alla sua lotta per il potere interna al cartello di Sinaloa. L’arresto del padre, l’8 gennaio 2016, aveva di fatto spaccato il cartello in due fazioni principali, quella dei figli di Joaquín Guzmán (“los chapitos”) e quella facente capo a Ismael Zambada García (“el mayo”) ed allo zio Aureliano Guzmán Loera (“el guano”) in lotta tra loro nello stato di Sinaloa ma anche in altri territori, spesso tramite proxies.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Andres Manuel Lopez Obrador, Presidente del Messico, durante una conferenza stampa mattutina al Palazzo Nazionale di Città del Messico in seguito alla cattura di Ovidio Guzmán
3. LA POSSIBILE REAZIONE DEI RIVALI E LE RELAZIONI CON GLI STATI UNITI
L’arresto di Guzmán ha conseguenze di varia natura, legate alla politica estera del Paese americano, alle possibili ripercussioni sulle attività criminose dei gruppi criminali messicani e al quadro di sicurezza dello stato di Sinaloa. Buona parte della stampa locale specula sul fatto che l’arresto possa essere una sorta di “regalo” dell’Amministrazione Obrador a Biden, in occasione del summit tra Stati Uniti, Messico e Canada del 9-10 gennaio. Di sicuro, la cattura di Guzmán concorrerà a migliorare le relazioni tra i due vicini, favorendo agli occhi degli Stati Uniti (che chiedono l’estradizione dell’arrestato) l’immagine di un Messico pienamente impegnato nella lotta al narcotraffico. Per quel che riguarda il quadro criminale, sarà invece interessante capire come questo si riorganizzerà all’indomani della cattura di Guzmán, e soprattutto come si muoverà la fazione de “el mayo” Zambada, oltre ai cartelli rivali, come il Cartel de Jalisco Nueva Generación, che potrebbero decidere di cercare di operare in maniera più sfrontata nel territorio dei chapitos. Il tasso di violenza nello stato di Sinaloa, infine, dovrebbe essere destinato a restare molto alto almeno nel prossimo futuro, in vista dei possibili attacchi che membri fedeli a Guzmán vorranno esercitare contro civili e militari come arma di pressione per il suo rilascio.
Michele Pentorieri
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