Ristretto – L’ONU ha annunciato di voler aprire un’inchiesta sulle tante sparizioni in Messico, sospettando una politica sistematica. Il Governo respinge questa accusa.
Un tema purtroppo ricorrente nella storia contemporanea dell’America Latina è quello delle sparizioni forzate, le cui vittime sono note con il termine desaparecidos. Sono ancora vivi i ricordi delle drammatiche sparizioni forzate durante la dittatura in Uruguay nei primi anni Settanta o quelle messe in atto dal regime militare argentino guidato da Videla contro l’ala progressista dei peronisti negli anni Ottanta. Se ancora oggi i parenti di quelle vittime chiedono verità, il tema delle persone scomparse resta attuale nell’America Latina. Negli ultimi anni questa piaga ha colpito anche il Messico. Proprio lo scorso 18 marzo la Ministra messicana dell’Interno, Luisa Maria Alcalde, ha diffuso i dati circa le persone scomparse nel Paese, affermando che ad oggi ci sono precisamente 99.729 desaparecidos e tratteggiando una vera e propria emergenza. Al contempo la Ministra ha anche voluto sottolineare che “la stragrande maggioranza delle sparizioni è di tipo volontario, l’86% di queste persone non era vittima di un crimine”, con solo “il 4% dei casi riconducibile a crimini di sparizione forzata e il 10% a violenza domestica”. Esattamente il giorno prima, durante una conferenza stampa tenuta al Palazzo Nazionale, la Presidente messicana Claudia Sheinbaum aveva riconosciuto il problema delle persone scomparse, dichiarando che costituisce una priorità per il proprio Governo e aggiungendo di essere sempre dalla parte delle vittime. Sheinbaum ha inoltre elencato una serie di iniziative per contrastare il dramma delle sparizioni, fra cui il rafforzamento della Commissione nazionale di ricerca, il consolidamento del Certificato unico di registro della popolazione, l’implementazione di protocolli che consentano la generazione di avvisi di ricerca immediati, l’equiparazione del reato di scomparsa al rapimento, la pubblicazione di cifre mensili e il rafforzamento della Commissione esecutiva per l’assistenza alle vittime. Il dibattito è diventato più centrale nell’ultime settimane, dopo che Olivier de Frouville, Presidente della Commissione contro la sparizione forzata delle Nazioni Unite, il 4 aprile scorso ha annunciato l’apertura di un procedimento formale, chiedendo informazioni al Governo del Messico riguardo alle sparizioni forzate che, secondo il Palazzo di Vetro avverrebbero in modo sistematico e generalizzato su tutto il territorio messicano. Questa accusa è stata sollevata in seguito al ritrovamento nel mese di marzo di resti umani e oggetti personali in un ranch, nello Stato messicano di Jalisco, presumibilmente utilizzato dal cartello del narcotraffico Jalisco Nueva Generación per reclutare giovani tramite offerte false di impiego. L’accusa di compromissione delle Autorità, mossa dalla Portavoce dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, Liz Throssell, nasce dal fatto che quello stesso centro clandestino era stato perquisito nel settembre 2024 dalla Guardia Nazionale e dalla Procura Generale dello Stato, senza rilevare prove. Da Città del Messico è giunta la risposta ufficiale del Governo, che si è dichiarato disponibile a fornire alla Commissione tutte le informazioni necessarie. Allo stesso tempo, tuttavia, sono state respinte con fermezza le accuse secondo cui le sparizioni avverrebbero in modo sistematico e con il coinvolgimento diretto dello Stato. Aldilà di quali possano essere le varie cause delle sparizioni, certo è che il narcotraffico ricopre un ruolo cruciale in questo dramma e che il contrasto al fenomeno passa anche per un’aspra lotta ai cartelli della droga e alla criminalità: in ballo la credibilità del Messico non solo a livello interno, ma anche internazionale.
Marco Pantaloni