In 3 sorsi – La visita di Xi Jinping a Mosca ha confermato la crescente subalternità della Russia nei confronti della Cina. Una scelta obbligata per Putin dopo il fallimento della “operazione militare speciale” contro Kyiv, ma comunque umiliante e destinata ad avere conseguenze profonde per il suo Paese.
1. UCRAINA SULLO SFONDO
Alla fine l’attesa visita di Xi Jinping a Mosca, avvenuta dal 20 al 22 marzo, ha riguardato più lo stato complessivo dei rapporti russo-cinesi che la guerra in Ucraina. Il conflitto è stato sicuramente oggetto di discussione, ma è parso comunque oscurato dalle dichiarazioni roboanti sull’amicizia tra i due Paesi e sul loro “glorioso” futuro in comune. Non si è registrato, ad esempio, alcun progresso sostanziale sul cosiddetto “piano di pace” proposto da Pechino il mese scorso. A livello verbale Putin ha mostrato apprezzamento, ma ha indicato che non è al momento attuabile per colpa di Ucraina e Occidente, confermando la linea già esposta da altri esponenti del Governo russo nelle scorse settimane. D’altro canto Xi si è mantenuto elusivo sulla questione, cercando di presentarsi come un “arbitro imparziale” e di non apparire troppo vicino alle posizioni del collega russo. C’è stato un richiamo sull’importanza di evitare un drammatico confronto tra potenze nucleari, che però è stato in parte svuotato di senso dalla velata minaccia di Putin di una risposta forte alla fornitura di munizioni all’uranio impoverito britanniche all’Ucraina. Intervento probabilmente non concordato con Xi, ma che i cinesi non hanno contestato. In generale, chi si aspettava quindi qualche “spiraglio di pace” dal vertice è rimasto deluso. La guerra in Ucraina continua e per ora la Cina non pare intenzionata ad andare oltre a qualche vaga affermazione di principio. Da questo punto di vista anche i russi possono forse dirsi poco soddisfatti, perché il Presidente cinese non ha preso impegni a sostegno della loro “operazione militare speciale” e si è ben guardato anche dallo stabilire un’alleanza formale con Mosca in funzione anti-occidentale.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Putin e Xi durante il loro vertice a Mosca, 21 marzo 2023
2. PROMESSE (E REALTÀ) ECONOMICHE
Il piatto forte del vertice è stato invece la cooperazione economica tra i due Paesi, accompagnato dalla firma di diversi memorandum e protocolli d’intesa volti a rafforzarla in materia di investimenti, infrastrutture, ricerca scientifica e sviluppo dell’energia nucleare per scopi civili. Si tratta di un’autentica boccata d’ossigeno per Mosca, colpita duramente dalle sanzioni occidentali e dagli effetti della mobilitazione parziale dello scorso settembre. Ma l’impressione è che la Russia abbia dovuto pagare un alto prezzo per ottenerla. Oltre a vantaggiose forniture energetiche, Pechino ha infatti avuto in cambio un ruolo strategico nello sviluppo di Siberia ed Estremo Oriente russo, aree oggetto di contesa storica tra i due Paesi, e la possibilità di mettere le mani sugli asset delle compagnie occidentali uscite dal mercato russo, rafforzando nettamente la propria influenza sul Paese vicino. Inoltre la decisione di Putin di adottare lo yuan per i pagamenti con i Paesi non occidentali lega ulteriomente la Russia alla sfera d’influenza economica cinese in Asia. Sono concessioni pesanti che non hanno avuto alcun corrispettivo serio da parte cinese. Non si può poi non notare come le grandi promesse di prosperità comune non riescano a nascondere il fatto che l’interscambio commerciale russo-cinese continua ad essere nettamente inferiore rispetto a quello tra Cina e Paesi occidentali, nonostante una crescita significativa nel 2022 (+29%). Un interscambio dove contano sempre più le importazioni cinesi in Russia, indispensabili per tenere in piedi il Paese nel difficile contesto post-sanzioni.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Xi arriva al Cremlino per l’incontro con il Presidente russo, 21 marzo 2023
3. SUBALTERNITÀ RUSSA
Come va quindi letto il viaggio russo di Xi? Come una riaffermazione della potenza cinese in ambito internazionale e un tentativo di tenere in piedi un partner scomodo ma utile. La preoccupazione della dirigenza cinese è infatti che il regime di Putin possa crollare a seguito di un’eventuale sconfitta in Ucraina, aprendo una situazione di potenziale caos e instabilità sul proprio confine settentrionale. Il viaggio di Xi ha puntato quindi a rafforzare Putin, soprattutto a livello di immagine, e a segnalare che Pechino non ha intenzione di accettare una Russia eccessivamente sminuita nello spazio eurasiatico. Ciò però non vuol dire che la Cina consideri la sua relazione con la Russia come un rapporto tra eguali. Al contrario, gli accordi siglati e l’atmosfera generale della visita confermano la crescente subalternità di Mosca nei confronti del Dragone. Putin non è ancora un “vassallo” di Pechino, come affermato in diverse analisi del summit, ma è comunque in posizione di forte debolezza nei confronti del gigante asiatico. Non può infatti controbilanciare la crescente influenza cinese sul suo Paese e deve per forza accettare l’aiuto interessato di Xi in questa fase molto difficile. È poi possibile, come suggerito dallo studioso britannico Mark Galeotti, che possa provare a sovvertire questa condizione di minorità in futuro. Ma al momento la dipendenza di Mosca da Pechino è destinata ad accentuarsi con profonde conseguenze sia politiche che economiche. Avviluppata nella ragnatela economica cinese e impantanata militarmente in Ucraina, la Russia appare lontata da quei sogni di grande potenza perseguiti ossesssivamente dal suo Presidente negli anni passati.
Simone Pelizza
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