Caffè ristretto – La Corte Penale Internazionale ha emesso nuovi mandati d’arresto per i crimini in Libia, fatto che potrebbe essere un importante tassello nel decennale processo per crimini di guerra, ma solo se il tribunale riuscirĂ a lavorare con le reticenti AutoritĂ libiche.
Leggi tutto: Un piccolo passo avanti nella ricerca di giustizia in LibiaL’11 maggio scorso il procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, ha riferito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la decisione dei giudici di emettere 4 mandati di arresto per crimini di guerra e contro l’umanitĂ commessi in Libia a partire dal 2011. I nomi dei destinatari sono confidenziali, mentre i crimini imputati, sebbene non specificati, si riferiscono a reati ancora in corso. Khan ha dichiarato che i mandati di arresto fanno parte della “rinnovata attivitĂ e della maggiore attenzione” dell’ ICC (International Criminal Court) nei confronti della Libia. Nella relazione presentata si riportano 20 missioni e piĂą di 500 prove raccolte, tra cui clip audio, video e immagini satellitari che documentano i crimini di guerra in Libia, sottolineando l’uso di tecnologie avanzate e intelligenza artificiale per accelerare le ricerche. A breve, stando al report della Corte, un team si recherĂ in Libia per discutere l’apertura di un ufficio di coordinamento con le AutoritĂ libiche, oltre che per intensificare i contatti con le vittime e la societĂ civile, necessari al proseguimento delle indagini. I recenti mandati d’arrestano rappresentano un passo avanti nel lento piano per portare giustizia al popolo libico iniziato nel 2011 con la risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza, con cui l’ONU deferì alla Corte dell’Aia l’autoritĂ necessaria a indagare in Libia su presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanitĂ . Da allora è stato anche deciso di allargare la portata della giurisdizione della Corte nel Paese per comprendere anche i crimini commessi contri i migranti e i richiedenti asilo. I reati imputati risalgono al periodo successivo allo scoppio di manifestazioni popolari contro il regime di Mu’ammar Gheddafi nel febbraio 2011, quando vennero segnalate torture, sparizioni forzate e attacchi a civili che portarono il Consiglio per i diritti umani ad istituire la Commissione internazionale d’inchiesta per indagare su tutte le presunte violazioni, sia da parte del Governo che delle forze ribelli. Dopo la morte di Gheddafi nell’ottobre 2011, la Libia è stata contesa da amministrazioni rivali, alimentando l’attuale crisi politica e la precarietĂ sociale, e continuando ad abusare e terrorizzare la popolazione civile: centinaia di cadaveri sono stati scoperti in fosse comuni a Tarhuna dopo che le milizie al-Kaniyat, fedeli al Generale Khalifa Haftar, si sono ritirate dall’area nel giugno 2020. Anche a causa della persistente instabilitĂ e delle fazioni armate regionali la cooperazione con la ICC è stata finora limitata, tanto che quella dello scorso novembre a Tripoli è stata la prima visita di un procuratore della Corte Internazionale in Libia in oltre 10 anni. La Commissione d’inchiesta – poi sostituita dall’Indipendent Fact Finding Mission – ha infatti denunciato negli anni le restrizioni imposte dalle AutoritĂ locali ai lavori di investigazione. Resta dunque da vedere se il rinnovato desiderio della Corte di dare soddisfazione alle vittime saprĂ superare il perpetuo stato di conflitto e impunitĂ in cui versa il Paese.
Anna Laura Fiorillo
Immagine di copertina: “Libyans Protesting In Dublin – “Stop Genocide In Libya”” by infomatique is licensed under CC BY-SA