In 3 sorsi – Prosegue in Kenya, nella cittĂ di Malindi, la ricerca delle persone scomparse dopo aver aderito alla setta della Good News International Church e si teme il peggio. Nell’ultimo periodo, gran parte di queste sono state ritrovate senza vita dopo una lunga agonia che li ha portati alla morte per digiuno. Mentre si decide il destino del leader della congrega che sembra essere all’origine di questo fenomeno, nelle alte sfere istituzionali si comincia a discutere di riformare la regolamentazione riguardante i gruppi religiosi.
1. IL TASSISTA DIVENUTO PREDICATORE
Circa venti anni fa, Paul Mackenzie Nthenge faceva il tassista a Malindi, nella contea di Kilifi, in Kenya. La sua vita cambiò quando cominciò ad avvicinarsi alla religione divenendo pastore cristiano evangelico e fondando la Good News International Church (GNIC). Nel 2017 ottiene uno spazio in un canale televisivo locale: i suoi sermoni, che raggiungono sempre più persone, parlano di fine del mondo e apocalisse. Ora, Mackenzie è in prigione da aprile. Dovrà essere processato con l’accusa di aver contribuito alla morte di più di 200 persone alle quali aveva promesso la redenzione e la salvezza divina attraverso un percorso fatto di privazioni che comprendeva un digiuno ferreo e l’allontanamento dalla società . Sospetti attorno all’operato della GNIC sono sorti infatti a seguito dell’allarme lanciato dalla Croce Rossa, che nel mese di aprile aveva ricevuto diverse segnalazioni di persone scomparse nella città di Malindi, circa 300, di cui molti minori.
Questa preoccupante notizia ha spinto l’organizzazione a rivolgersi alle AutoritĂ locali, che si sono subito messe alla ricerca. Le indagini hanno condotto nella vicina foresta di Shakahola, dove nei pressi del Ranch Chakama, luogo di ritrovo degli adepti della GNIC, Mackenzie ha accolto le forze dell’ordine e si è costituito successivamente alla macabra scoperta di piĂą di 90 corpi di persone con segni di malnutrizione – un numero presto destinato a salire.
Fig. 1 – Il pastore Paul Mackenzie Nthenge (al centro) durante l’ultimo processo
2. LA FORESTA DEGLI ORRORI
L’evento ha destato scalpore nella comunità ed è subito stato soprannominato “Il massacro della foresta di Shakahola”. Sempre più corpi si sono aggiunti al bilancio, che ora si attesta attorno ai 200 deceduti, di cui la maggior parte bambini. Secondo quanto riportato dagli abitanti della città , spesso intere famiglie si allontanavano dal centro abitato per andare a rifugiarsi nel ranch della GNIC per pregare e praticare il digiuno. Alcune persone sono state ritrovate in gravi condizioni e altre, nonostante l’intervento medico, non ce l’hanno fatta. Secondo le prime ricostruzioni della vicenda sembrerebbe che Mackenzie avrebbe esortato i suoi fedeli a cercare di porre fine alla propria vita il prima possibile per ottenere la salvezza stabilendo un ordine prioritario: prima i bambini, poi le donne e infine gli uomini. Gli orrori del culto del pastore keniano non sono finiti qui. Un’attenta analisi eseguita sui corpi rinvenuti nelle fosse comuni della foresta di Shakahola ha evidenziato come non tutti siano morti per malnutrizione. Alcuni sono stati strangolati o soffocati segno probabile del fatto che la pratica del digiuno forzato non sia stata l’unica modalità adottata per raggiungere lo scopo. Ad aggravare la vicenda si è aggiunto il fatto che un discreto numero di corpi sottoposti ad autopsia risultino mancanti di alcuni organi e si sospetta che parte del ricavato della setta religiosa provenisse proprio dalla vendita di questi. A ciò si aggiunge un’altra forma di guadagno: gli adepti per sostenere la GNIC chiedevano a Mackenzie di vendere le loro proprietà e così parte del denaro andava ad arricchire le casse della congrega.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Le fosse comuni scoperte nei dintorni del Ranch Chakama nella foresta di Shakahola
3. UNA TASK FORCE CONTRO GLI ESTREMISMI RELIGIOSI
Mentre le ricerche nell’area della foresta di Shakahola continuano ancora nel tentativo di localizzare le persone scomparse, la scoperta di alcune fosse comuni ha messo in allarme il Governo, che teme ce ne siano altre nascoste dalla fitta macchia boschiva. Il Presidente, William Ruto, ha espresso recentemente il suo cordoglio per le vittime, ma ha poi giudicato negativamente la modalitĂ di gestione della situazione adottata dal Governo, al quale attribuisce la colpa di non aver preso misure adeguate in tempo. In aggiunta, il Capo di Stato ha affermato che una regolamentazione piĂą serrata concernente non tanto la libertĂ di fede, quanto l’autonomia di determinati gruppi religiosi, sia di fondamentale importanza per evitare che fenomeni simili possano ancora verificarsi di nuovo. Il Kenya è da sempre una roccaforte della cristianitĂ in Africa: ad oggi ci sono piĂą di 4mila Chiese nello Stato, ma di queste solo 32 sono ufficialmente riconosciute dal National Council of Churches of Kenya (NCCK), l’associazione di carattere religioso che si occupa di dare legittimitĂ ai tanti gruppi di ispirazione cristiana che proliferano nel Paese. Da alcune settimane il Presidente è impegnato nell’organizzare una task force – formata da figure religiose rilevanti, compreso il Segretario Generale della NCCK – chiamata a investigare le dinamiche che hanno portato alla strage. Il periodo di attivitĂ si attesterĂ attorno ai sei mesi, dopodichĂ© verrĂ elaborata una proposta di legge che possa prevenire il verificarsi di simili eventi.
Nel frattempo si sta discutendo se aggiungere nelle accuse a carico di Mackenzie anche il reato di terrorismo, tenuto conto della portata della sua influenza nel Paese.
Sofyene Meddourene
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