Analisi – Se il multipolarismo è divenuto il nuovo fantasma delle relazioni internazionali, l’intesa tra Brasilia e Pechino ne è (agli occhi di Washington) uno degli araldi più spaventosi. I due Paesi condividono, oltre a una fetta non trascurabile del proprio commercio estero, intenzioni simili per quanto riguarda il modellamento del prossimo ordine internazionale. Brasilia, inoltre, manca di appoggiare l’Ucraina nella guerra con la Russia, e anzi accusa l’atteggiamento occidentale di prolungare il conflitto.
LA PARTNERSHIP ECONOMICA E STRATEGICA
Brasile e Cina. La relazione che avvicina i due giganti, il primo potenza emergente e l’altra potenza ormai affermata del sistema mondo, si conferma nodo gordiano per la politica degli Stati Uniti nella regione. La dipendenza economica di Brasilia nei confronti di Pechino, nonostante la retorica dell’Amministrazione Bolsonaro spingesse sul decoupling e il disimpegno, non ha fatto che intensificarsi anche durante il suo mandato, e rischia adesso di prendere una impennata ancor più evidente con il ritorno alla presidenza di Lula. La bilancia commerciale, strano a dirsi visto il mercantilismo di Pechino, favorisce invece gli interessi di Brasilia. Il Brasile si è affermato come partner fondamentale cinese soprattutto attraverso l’esportazione di prodotti chiave come ferro, soia, carne rossa e greggio. Sono emerse, nel frattempo, anche le ambizioni di Brasilia di ritagliarsi maggiore spazio all’interno del contesto geopolitico globale. Posizione, questa, che si riaggancia direttamente al ruolo proattivo già assunto dalla potenza sudamericana in occasione del primo periodo di Lula alla presidenza, tra il 2003 e il 2010. Se Trump aveva, attraverso la sua politica estera, messo a repentaglio la storica influenza a stelle e strisce nella regione, l’Amministrazione Biden si è invece impegnata attivamente nella riformulazione e nel rafforzamento di quegli accordi e di quei legami che storicamente hanno connesso il destino di Washington a quello dell’America Latina. I problemi della regione restano però importanti, ulteriormente esacerbati dal clima di instabilità internazionale generato dalla pandemia di Covid-19 prima, e dal conflitto russo-ucraino poi. In questo contesto, la collaborazione tra gli attori regionali è venuta progressivamente a indebolirsi, rendendo di fatto complessa la possibilità di implementare un dialogo efficace con gli Stati Uniti stessi. Pechino, cui è stato lasciato in questo senso un maggiore spazio di manovra, ha così potuto far valere i propri interessi, estraendo dal mazzo la carta del sostegno economico e della promozione del commercio. Lula, in questo suo terzo mandato, si pone l’obiettivo di approfondire la collaborazione con Pechino non solo in campo economico, in cui la Cina comunque adotta una ratio vagamente geopolitica, ma anche in quello militare. Sotto invito di Xi Jinping, Lula si è recato lo scorso 12 aprile in visita a Pechino per tre giorni. I due capi di Stato si sono trovati d’accordo su molte delle tematiche affrontate, a partire da un approfondimento della cooperazione bilaterale tra i due Paesi fino a questioni di politica internazionale. Campi d’interesse formalmente menzionati in seno alla volontà di evolvere la Partnership Strategica Globale fra Cina e Brasile includono elementi come la riduzione della povertà , la lotta al cambiamento climatico, e la promozione di un’economia a basso tenore di carbonio. Su temi più scottanti, invece, il capo di Stato brasiliano si è limitato a reiterare l’aderenza e il rispetto al One China Principle e ad augurarsi uno sviluppo positivo nelle relazioni bilaterali nello Stretto di Taiwan.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Stretta di mano tra Lula e Xi a Pechino, 14 aprile 2023
BRASILIA E PECHINO INSIEME NEL MODELLAMENTO DI UN NUOVO ORDINE MULTIPOLARE
Obiettivo comune dei due Paesi è quello di “bilanciare la geopolitica mondiale”, come esplicitato da Lula sempre in occasione dell’incontro con Xi Jinping. Pechino e Brasilia, giunti al cinquantesimo anniversario dall’instaurazione dei rapporti diplomatici, si pongono in questo modo l’obiettivo di proseguire sulla strada verso il multilateralismo e il multipolarismo, recenti e forse illusorie declinazioni dell’attuale ordine internazionale. Per quanto quest’ultima ipotesi sembri al momento ancora lontana, e per quanto spesso i sogni leaderistici di Brasilia nascondano un’attitudine al compito meno adeguata di quanto l’iniziativa di Lula lasci trasparire, il Brasile è adesso più che mai intenzionato ad approfondire il discorso sulla “Cooperazione sud-sud”. Già caldo nel 1970, e ulteriormente ampliato in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo e l’Ambiente (UNCED) tenuta proprio in casa nella città di Rio de Janeiro nel 1992, il discorso sull’integrazione e la collaborazione nel Sud del mondo riprende adesso quota. Esso potrebbe materializzarsi in un rinnovato sguardo leaderistico di Brasilia verso l’America Latina, adesso largamente animata da un revival di Governi di sinistra. La cooperazione, nel cortile di casa di Washington, è stata costantemente arrischiata dalle inclinazioni rinunciatarie della politica estera di Trump e dall’atteggiamento bolsonarista nei confronti dell’Amazzonia e del diritto ambientale. Per Washington trovare un punto di contatto con il Governo Lula non è certamente impossibile, ma in un contesto come quello attuale la Casa Bianca deve essere disposta a fare un passo indietro sulla proposta dicotomica USA vs Cina (leggasi anche democrazia vs autocrazia). Democrazia resiliente (seppur erosa da quattro anni di presidenza Bolsonaro), Brasilia muove i propri passi all’interno dello “scacchiere” geopolitico globale a modo proprio, coltivando il maggior numero di rapporti utili possibile e deideologizzando la propria posizione internazionale.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov insieme al collega brasiliano Mauro Vieira durante la sua controversa visita a Brasilia, 17 aprile 2023
BRASILIA VOLTA LE SPALLE A KIEV (E A WASHINGTON)
La mancata partecipazione alle sanzioni economiche contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina offre certamente un’ulteriore indicazione dell’attuale linea adottata in politica estera da Brasilia. Le dichiarazioni di Lula per cui parte della responsabilitĂ della guerra sarebbe di Ucraina e USA, impegnati a fomentare e prolungare il conflitto, ne sono dimostrazione lampante. La Casa Bianca ha immediatamente risposto alla dichiarazione accusando Lula di aver preso parte diretta a una campagna propagandistica in favore di Cina e Russia. Criticata, inoltre, per aver invitato a Brasilia il Ministro degli Affari Esteri russo Sergei Lavrov, l’Amministrazione Lula è stata denunciata da diversi Paesi occidentali per aver imboccato la strada del supporto nei confronti tanto di Pechino quanto di Mosca. Celso Amorim, Ministro degli Affari Esteri nel corso dei due primi mandati di Lula e attuale consigliere agli Affari Esteri, aveva giĂ in passato accusato l’Occidente di aver adottato una politica di aperta ostilitĂ nei confronti del Cremlino. Per Amorim, ora il rischio è quello di ricercare a tutti i costi una vittoria totale nello stile di Versailles la cui concretizzazione rischierebbe soltanto di generare ulteriore caos nella regione eurasiatica. L’unica soluzione possibile del conflitto resta perciò, a detta di Brasilia, quella dei negoziati, ampiamente allontanati dalla inamovibile postura occidentale, volta a condurre la Russia verso la sconfitta politica e militare. In tutto ciò, lo sguardo di Pechino nei confronti di Lula resta profondamente soddisfatto. Lo stesso piano di realizzare un club di Paesi non allineati (e sostanzialmente neutrale rispetto al conflitto ucraino) con l’obiettivo di promuovere e generare negoziati di pace tra Mosca e Kiev è stato accolto con notevole positivitĂ da Xi Jinping. In un mondo apparentemente piĂą incline al multipolarismo, Brasilia tenta adesso piĂą che mai di ritagliarsi un ruolo da leader.Â
Vanni Filloramo
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