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A che punto sono le proteste in Perù

In 3 sorsi – A otto mesi dall’arresto di Castillo, in Perù continuano le proteste, anche se gli episodi violenti sono diminuiti. L’equilibrio politico-istituzionale del Paese si conferma molto fragile.

1. LA DESTITUZIONE DI CASTILLO

Lo scorso 7 dicembre il Presidente peruviano Pedro Castillo cercava di sciogliere il Congresso, chiamato a esprimersi sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti per “incapacità morale”. L’annuncio presidenziale riguardante lo scioglimento dell’organo legislativo portava, tuttavia, il Procuratore Generale Daniel Soria Lujan, ad accusare Castillo di violazione dell’art. 134 della Costituzione (che regola le modalità di scioglimento del Congresso), ordinando l’arresto preventivo. Parallelamente il Congresso votava formalmente a favore dell’impeachment presidenziale con 101 voti a sostegno e due contrari, dichiarando a quel punto vacante la Presidenza e invitando la vicepresidente Dina Boluarte (del partito Perù Libre) ad assumere l’incarico. Quest’ultima prestava giuramento il giorno dopo, definendo la mossa di Castillo un tentato golpe contro la democrazia peruviana e formando un Governo di unità nazionale l’11 dicembre. Nelle ore successive all’impeachment, tanto nella capitale Lima quanto in altre aree del Paese, si sono registrate manifestazioni di protesta indette da sostenitori e oppositori di Castillo.

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Fig. 1 – Dina Boluarte giura come nuova Presidente del Perù, 8 dicembre 2022.

2. LE PROTESTE NEL SUD DEL PAESE E LA ‘PRESA DI LIMA’ DEL 19 LUGLIO

A seguito dei primi decessi registrati in conseguenza degli scontri, il 12 dicembre scorso il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza per le regioni ad alta conflittualità sociale, esteso poi due giorni dopo a tutto il Paese. È stata anche dichiarata l’istituzione del coprifuoco in alcune regioni, per un periodo di tempo variabile. I disordini hanno da subito interessato diversi aeroporti del Paese, in particolare quelli di Apurimac, Arequipa e Cusco. In generale le situazioni più critiche hanno interessato le regioni meridionali del Paese, roccaforti elettorali di Castillo. Le proteste hanno infatti ricalcato una logica centro-periferia che aveva già caratterizzato l’elezione di Castillo, ma che condiziona in generale la stessa società peruviana.  Non è quindi un caso che il fulcro delle proteste sia stato la Sierra Sud: Arequipa, Apurímac, Ayacucho, Cusco e Puno, aree che storicamente si sono opposte al centralismo di Lima e nelle quali lo Stato centrale ha investito meno in settori quali istruzione, assistenza sanitaria o opere pubbliche. Dopo un periodo in cui le proteste erano in fase calante, sindacati, organizzazioni sociali e diversi leader politici avevano convocato, per il 19 luglio, la terza “presa di Lima” dalla destituzione di Castillo, con l’intento di chiedere le dimissioni di Dina Boluarte e lo scioglimento del Congresso. In prima linea c’è stata la Central General de Trabajadores del Perú (CGTP), che oltre alle dimissioni della Presidente chiede elezioni generali anticipate. Non sono pochi poi i manifestanti che chiedono anche l’istituzione di un’Assemblea Costituente. Si stima che circa 21mila persone abbiano partecipato a quella che, secondo il difensore civico, è stata una marcia mediamente pacifica, grazie tanto all’atteggiamento dei manifestanti, quanto a quello delle forze di polizia dispiegate. 

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Fig. 2 – Manifestanti durante una protesta antigovernativa nel giorno dell’indipendenza a Cusco, in Perù, 28 luglio 2023

3. IL DISCORSO DI DINA BOLUARTE

Le proteste sono continuate anche nei giorni successivi, in particolare il 28 luglio, data nella quale si celebra l’indipendenza del Paese. Lo stesso giorno, la Presidente Boluarte ha tenuto un discorso, molto atteso nei giorni precedenti, di più di 3 ore dalla sede del Parlamento. In realtà l’unico annuncio di un certo rilievo ha riguardato la possibilità di modifica della Costituzione per introdurre il bicameralismo (attualmente il Parlamento peruviano è monocamerale). La Presidente, il cui tasso di disapprovazione ha ormai raggiunto percentuali vicine all’80%, si è inoltre scusata per le decine di vittime occorse nell’ambito delle proteste degli ultimi mesi. In ogni caso, nonostante il trend delle proteste sia in generale diminuzione, il quadro politico-istituzionale del Paese resta molto instabile. Le rimozioni di ben quattro Presidenti negli ultimi 5 anni (Kuczynski, Vizcarra, Merino e Castillo) sono, infatti, indice di problemi profondi, che afferiscono alla sfera della governabilità stessa del Paese. Nel breve periodo, quindi, le proteste sono destinate a ripetersi ciclicamente, mentre nel medio periodo è probabile che anche le stesse dinamiche che hanno dato avvio alle proteste si verificheranno di nuovo, a meno che la Corte Costituzionale non definisca in maniera più chiara e stringente i criteri secondo i quali il Congresso può mettere in stato d’accusa il Presidente di turno.

Michele Pentorieri

WIPO Director General Meets Peru’s Vice President” by WIPO | OMPI is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Dopo il fallito auto-golpe di Castillo dello scorso dicembre e il conseguente arresto, un’ondata di proteste ha provocato più di 60 morti.
  • I manifestanti continuano a chiedere le dimissioni della Presidente Boluarte e lo scioglimento del Congresso.
  • L’arresto di Castillo conferma i problemi di governabilità del Paese e il peso del Congresso nella destituzione del Presidente.

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Michele Pentorieri
Michele Pentorieri

Nato a Napoli nel 1991, ho conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche all’Orientale di Napoli e quella magistrale in Relazioni Internazionali alla LUISS. Trasferitomi a Londra per un anno, ho studiato presso la UCL, ottenendo un MA in Human Rights. Da sempre appassionato di Relazioni Internazionali ed America Latina, ho anche lavorato a Cuba ed in Colombia, dove ho avuto modo di coltivare una delle altre mie passioni: il caffè.

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