In 3 sorsi – Dal sostegno incondizionato verso Israele da parte di El Salvador, alla rottura dei rapporti diplomatici della Bolivia con Tel Aviv, vediamo come il continente sudamericano sta reagendo al conflitto in corso nella Striscia di Gaza.
Leggi tutto: Le reazioni sudamericane al conflitto Israele-Hamas1. L’INIZIO DELLE VIOLENZE
Il 7 ottobre è stato lanciato dalla Striscia di Gaza uno degli attacchi più sanguinosi da parte di Hamas nei confronti di Israele, infliggendo danni senza precedenti: più di 1.400 persone sono state uccise e almeno 240 prese in ostaggio. Le brigate di Al-Qassam, braccio armato di Hamas, sono riuscite a penetrare nel territorio israeliano e attaccare i kibbutz più vicini alla Striscia cogliendo di sorpresa l’esercito israeliano, concentrato sul proteggere gli insediamenti illegali in Cisgiordania. La risposta bellica è partita subita dopo con bombardamenti di una portata mai vista sulla Striscia uniti, dal 27 ottobre, anche ad operazioni di terra. Secondo quanto dichiarato dal Ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, dal 7 ottobre sarebbero stati uccisi 8.805 palestinesi, tra cui almeno 3.648 bambini e 2.187 donne. Di fronte a questa situazione le risposte della comunità internazionale non si sono fatte attendere, ma mentre i principali attori occidentali come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, sono stati chiari nell’esprimere il loro sostegno al diritto di Israele di difendersi, in America Latina le reazioni sono state molto diverse. È interessante quindi analizzarle per capire come i principali stati della regione si stanno rapportando a una delle questioni più controverse di questo periodo e come queste reazioni possono influenzare il conflitto stesso.
Fig. 1 – Palestinesi feriti arrivano al Nasser Medical Hospital a Khan Yunis, Gaza
2. LE RISPOSTE DIPLOMATICHE
La presa di posizione più netta è stata presa dalla Bolivia che, come dichiarato dal viceministro degli Esteri Freddy Mamani, ha deciso di “di interrompere tutte le relazioni con Israele in segno di condanna alla sproporzionata offensiva militare in corso nella Striscia di Gaza”. Non è la prima volta che La Paz prende una decisione simile: era già successo nel 2009 sempre in seguito agli scontri tra l’IDF (Forze di Difesa Israeliane) e Hamas a Gaza. Le relazioni erano poi riprese solo nel 2020. Il Presidente colombiano Petro, invece, si era fatto notare pochi giorni dopo il 7 ottobre quando aveva paragonato le azioni di Israele a quelle dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, scatenando l’ira del Governo di Netanyahu. La Colombia ha a sua volta richiamato il proprio ambasciatore in segno di condanna verso le azioni israeliane. La stessa decisione è stata presa dal Governo del Cile, lo Stato che ospita la maggiore comunità di palestinesi fuori dal Medio Oriente, e dall’Honduras. Per quanto riguarda uno degli attori più rilevanti anche sul piano internazionale, il Brasile, nessuna iniziativa diplomatica è stata intrapresa ma forti dichiarazioni sono state fatte dal Presidente Lula che ha definito un “genocidio” quello che Israele sta facendo nella Striscia. Lo stesso ha detto il Presidente venezuelano Maduro in un recente intervento televisivo. Dall’altro lato, chi si è schierato maggiormente a favore di Israele è stato Nayib Bukele, Presidente di El Salvador, che ha definito i membri di Hamas “selvaggi” dichiarando che per la causa palestinese “sarebbe meglio che svanissero”. Più moderati, invece, i Governi di Ecuador, Guatemala e Uruguay, che si sono limitati a condannare le violenze del 7 ottobre e a mostrare solidarietà con il popolo di Israele, senza menzionare Gaza e i palestinesi.
Fig. 2 – Manifestanti a La Paz, Bolivia, protestano contro le azioni di Israele a Gaza
3. IMPLICAZIONI PER IL FUTURO DI GAZA
Il principale elemento che sembra caratterizzare queste prese di posizione è legato all’appartenenza politica dei vari Governi sudamericani. La sinistra latino-americana è storicamente sempre stata più vicina a posizioni pro-palestinesi, invocando il diritto all’autodeterminazione dei popoli in chiave anticoloniale e antiamericana, essendo gli USA da sempre alleati di Israele. In quest’ottica vanno quindi interpretate le reazioni dei Governi di Venezuela, Cile, Colombia e Brasile che, data anche la distanza geografica, hanno meno interessi economici e securitari in Israele. Se si dovessero unire anche altri attori del cosiddetto Sud Globale nel denunciare i comportamenti delle Forze Armate di Israele, forse, la legittimità internazionale della risposta agli attacchi del 7 ottobre verrebbe meno e sarebbe anche più difficile per gli Stati Uniti continuare ad appoggiare le azioni del Governo di Netanyahu. Questo potrebbe portare ad aumentare le pressioni internazionali per un cessate il fuoco e al ripristino di una qualche negoziazione con i palestinesi per un percorso di pace.
Giulio Mandarino
“Palestine solidarity protesters call for peace and an end to Israel’s occupation and Apartheid” by alisdare1 is licensed under CC BY-SA