Analisi – La visita del Presidente cinese Xi Jinping a Belgrado nel corso del suo tour europeo ha preoccupato non poco l’Occidente, che teme che l’influenza del Paese asiatico possa crescere a dismisura in area balcanica. In realtà, Pechino è già presente da anni in Serbia e la visita di Xi non può essere considerata un punto di svolto nella politica estera di Belgrado.
L’ACCOGLIENZA
Xi è stato accolto nella capitale serba con i massimi onori: le bandiere cinesi hanno per giorni e giorni sventolato in ogni strada di Belgrado, esposta in primavera alla košava, il vento di sud-est; l’arrivo del Presidente Xi all’aeroporto di Surčin, il 7 maggio scorso, è stato trasmesso in diretta dalla tv di Stato RTS, cosa che ha fatto infuriare gran parte della popolazione, dato che il collegamento dal piazzale di sosta degli aeromobili ha interrotto senza preavviso l’Eurovision, una manifestazione molto popolare nei Balcani. Le emittenti di regime, soprattutto quelle private Pink e Happy, hanno commentato l’arrivo del Presidente Xi come se si trattasse di un cambio epocale nei rapporti geopolitici della Serbia. In realtà, la politica estera di Belgrado non conosce soluzione di continuità e non è affatto cambiata rispetto al passato: il Presidente Vučić continua a (cercare) di mantenere buoni rapporti con tutti i centri di potere mondiali e a non schierarsi su questioni fondamentali come la guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e la guerra in Medio Oriente. Per convincersene, basta guardare all’agenda degli incontri di Vučić nei giorni successivi alla visita di Xi: lunedì 13 maggio il Presidente serbo ha ospitato a Belgrado Olena Zelenska e il Ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba; martedi 14 Vučić è letteralmente corso all’Ambasciata russa per una riunione con l’ambasciatore di Mosca Aleksandr Kharchenko, mentre mercoledi 15 ha tenuto una lezione alla Casa Russa di Belgrado sul mondo multipolare. In questa agenda fitta di impegni, Vučić ha trovato naturalmente il tempo di scambiar due chiacchiere con Olivér Várhelyi, il Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato: i due hanno ovviamente ribadito l’importanza del cammino europeo della Serbia. Tutti questi avvenimenti sono stati seguiti dai media di regime con somma pomposità e con lodi sviscerate al capo supremo, l’unico in grado di guidare la Serbia in questi tempi difficili.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – L’arrivo di Xi a Belgrado, 8 maggio 2024
IL VALORE POLITICO DELLA VISITA DI XI
In questo contesto di bilanciamento (e di conseguente immobilità) nelle relazioni internazionali serbe, che valore assume la visita di Xi? La valenza non è tanto economica, come molti media occidentali hanno affermato: la Cina, infatti, non ha alcuna intenzione di utilizzare la Serbia come “il trampolino di lancio verso i mercati europei”. Per questo fine, è più adatta l’Ungheria, che è un membro dell’UE: tutto ciò che la Cina produce in territorio magiaro non rischia di essere sottoposto a eventuali future sanzioni (basti pensare alla fabbrica di automobili BYD che si trova a Szeged e all’industria di batterie al litio Catl a Debrecen). Per la Cina, la Serbia è una colonia economica che si indebita per le grandi opere: i cinesi stanno infatti costruendo la ferrovia Belgrado-Budapest, alcune autostrade e hanno comprato grandi aziende statali sull’orlo del fallimento, come le acciaierie di Smederevo o le miniere di Bor. I metalli vengono estratti e lavorati in Serbia per poi essere esportati in Cina.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Xi insieme al Presidente serbo Vučić, 8 maggio 2024
RAPPORTI ECONOMICI IMPARI
Xi è arrivato in Serbia con 400 delegati che hanno firmato una serie infinita di accordi con la Serbia. Di che accordi si tratta? Hanno davvero un valore economico? Innanzitutto va detto che simili trattati non hanno valore coercitivo: si stipulano ma nessuna delle parti in gioco è poi obbligata ad attuarli.
Il primo e più importante accordo prevede l’abolizione dei dazi sui commerci fra Cina e Serbia: Vućić sostiene che ciò permetterà di aprire i prodotti serbi, soprattutto quelli alimentari, al mercato cinese, ma ciò non ha alcun fondamento. Per prima cosa, l’accordo non ha valenza immediata, ma entrerà in vigore nei prossimi 5 anni. In secondo luogo, la Serbia non ha le capacità industriali per produrre per un mercato grande come quello cinese. In terzo luogo, potranno essere esportati solo i prodotti che possano resistere a lunghi viaggi in treno: ai produttori serbi non conviene esportare frutta, carne fresca e tutto ciò che richiede costose celle frigorifero o trasporti aerei. La Cina, invece, approfitterà di questo accordo perché potrà smerciare nel piccolo Paese balcanico tutti i beni in plastica che produce.
Gli altri accordi hanno poco a che fare con l’economia e riguardano la sfera culturale: la tv statale serba collaborerà con quella cinese, sono previsti scambi di studenti e professori universitari (una sorta di Erasmus cinese), la Cina aiuterà la Serbia a digitalizzare le scuole, è prevista una sinergia fra i due Paesi nell’ambito delle attività sportive… Il tutto per cementare “l’amicizia di ferro” fra Cina e Serbia, così almeno l’ha definita Vučić quando, insieme a XI, si è affacciato al balcone della residenza presidenziale davanti al popolo acclamante. Popolo arrivato da tutto il Paese con almeno 40 autobus in cambio di una giornata libera dal lavoro, di bottigliette d’acqua e di panini farciti al prosciutto. Offerti, ovviamente, dal Partito di Vučić, l’SNS.
Embed from Getty ImagesFig. 3 – Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che ha accompagnato Xi nel suo lungo tour europeo, 8 maggio 2024
COME AI TEMPI DI MILOSEVIC E ENVER HOXHA (MA IN SALSA NEOLIBERISTA)
Osserva il giornalista Miša Brkić che la visita di Xi non solo trasforma il Paese nella “Repubblica autonoma cinese di Serbia”, ma ha avuto lo scopo simbolico di mostrare al popolo serbo e al mondo che i sistemi politici di Cina e Serbia sono simili: una sola guida, un solo popolo. Posto per il dissenso non c’è. Da questo punto di vista, i media e il sistema scolastico serbi devono non solo collaborare, ma anche imparare dagli amici d’Oriente.
Anche in passato, la Serbia ha avuto rapporti privilegiati con la Cina: l’ex Presidente Slobodan Milošević, infatti, aveva stretto una serie di accordi diplomatici ed economici con Pechino (le cui conseguenze sono magistralmente rappresentate dal regista croato Branko Schmidt nel film “La Via dei Cocomeri”). La scelta serba di avvicinarsi, a livello di cultura politica, al potente Paese asiatico ricorda molto l’Albania di Enver Hoxha, che non voleva avere rapporti con nessun Paese al mondo se non con la Cina. A differenza di Hoxha, però, Vučić continua a stare su più sedie e ad avere rapporti con tutti. La conseguenza di questa politica estera finora non ha dato risultati tangibili: la Serbia è ferma, non procede nel cammino di integrazione europea e a livello economico è una colonia: non solo cinese, ma anche russa ed europea. Gli imprenditori stranieri che vogliano aprire le proprie aziende in Serbia sono benvenuti, in cambio ottengono sovvenzioni e manodopera a bassissimo costo. Vučić distribuisce posti di lavoro a chi lo vota e mantiene saldamente il potere. Vučić non è e non ha il carisma internazionale di Tito. È forse proprio questo servilismo economico a garantire alla classe dominante serba la sopravvivenza e a far sì che le scelte di politica estera, schizofreniche e contraddittorie, vengano tollerate dalla Cina, dagli USA e dall’UE.
Christian Eccher
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