Analisi – Israele ha colpito l’Iran con un attacco aereo complesso e mirato, rivolto principalmente a bersagli militari e industriali legati alla produzione di armi. Vediamo come.
L’ATTACCO
L’attacco avvenuto sabato notte ha visto coinvolti un centinaio di aerei di vario tipo della Israeli Air and Space Force (IASF). L’operazione giunge come culmine di un lavoro di studio e preparazione da parte dello Stato Maggiore israeliano che è iniziato almeno 15 anni fa e che chi scrive aveva dettagliato nei giorni precedenti all’attacco.
Analogamente, mentre il mondo si preparava a osservare l’attacco, abbiamo evidenziato quali forze fossero in gioco, quali le principali basi aeree coinvolte e quali le possibili rotte seguite.
I DANNI CAUSATI
La missione ha avuto un profilo sostanzialmente standard, costituito da piĂą ondate successive: la prima rivolta alla soppressione e distruzione delle difese antiaeree iraniane (SEAD/DEAD: Suppression/Destruction of Enemy Air Defences) che potessero causare problemi ai velivoli di attacco.
Secondo l’Institute for the Study of War, sono state colpite tre o quattro batterie S-300PMU2, in almeno due casi distruggendo radar 30N6E2, rendendo di fatto cieca gran parte della difesa antiaerea iraniana. Questo ha permesso al resto della flotta aerea israeliana di operare più agevolmente e davanti a ridotte minacce. Israele ha forse beneficiato del fatto di essersi addestrato per anni a contrastare i radar di questo tipo di sistemi antiaerei grazie alla Grecia, che ne è fornita.
Altre due ondate hanno colpito una serie di bersagli militari e industriali racchiusi sostanzialmente in tre aree: nel sudovest del Paese, nell’ovest e nella zona attorno a Teheran, inclusa la base militare di Parchin. Tra gli obiettivi distrutti, i più rilevanti sono quelli legati alla produzione di missili balistici a Shahrud e alcune installazioni nella base militare di Parchin che potrebbero essere legate al programma nucleare iraniano (senza la necessità di colpire i siti principali). Altri bersagli sono stati colpiti in Siria. Le notizie al riguardo sono tuttavia ancora in evoluzione.
LA MISSIONE
La disposizione geografica dei bersagli colpiti indica che gli israeliani in realtĂ non hanno dovuto penetrare con tutti i velivoli d’attacco all’interno dello spazio aereo iraniano. Questo si combina ai pezzi di ALBM (Air-Launched Ballistic Missiles – missili balistici lanciati da aerei) individuati in Iraq, a indicare la capacitĂ dell’IASF di usare armi stand-off, cioè in grado di colpire da lunghissima distanza. In altre parole, una volta ridotta la capacitĂ iraniana di individuare gli aerei israeliani a lunga distanza, è stato possibile attaccare da distanza sicura senza doversi avvicinare troppo. Questo in particolare per F-16 e F-15.
Nonostante ciò, esistono varie indicazioni che almeno gli F-35i possano essere penetrati nello spazio aereo iraniano. La cosa non deve stupire: già in precedenza è stato spiegato come i radar iraniani non fossero in grado di rilevare gli aerei stealth in dotazione all’IASF prima che questi possano fare fuoco sui radar stessi.
Gli F35, a dispetto di una cattiva fama frutto più di propaganda che di realtà , sono in realtà velivoli estremamente capaci e dotati di un radar particolarmente efficace. Nel caso specifico hanno penetrato non rilevati le difese iraniane, permettendo in primis l’individuazione di eventuali bersagli e in seconda battuta consentendo di colpire in profondità a sorpresa. Si pensa siano proprio questi velivoli ad aver colpito nella zona attorno a Teheran (per quanto anche questo aspetto vada confermato).
GLI ‘ENABLERS’
Oltre ai cacciabombardieri già citati, serve ricordare come una missione del genere non possa fare a meno di velivoli e asset dotati magari di meno “glamour” agli occhi delle opinioni pubbliche internazionali, ma comunque fondamentali. In particolare ne ricordiamo tre tipi:
- I KC-303, aerocisterne per il rifornimento in volo, che hanno permesso agli aerei israeliani di volare a così lunga distanza.
- I G.550 Nachshon, aerei radar e per guerra elettronica, che funzionano sostanzialmente come AWACS permettendo il controllo e la coordinazione delle forze aeree da lunga distanza.
KC-303 e G.550 sono probabilmente rimasti a distanza dal fronte, sia perché non è necessario per loro avvicinarsi troppo al nemico, sia per proteggerli.
Infine, droni di vario tipo per sorveglianza radar, jamming e guerra elettronica in generale hanno probabilmente aiutato a fornire informazioni aggiornate sui bersagli e a impedire ulteriormente la reazione iraniana.
UN ATTACCO TUTTO SOMMATO LIMITATO
L’attacco è stato portato in maniera efficiente e con precisione. La scelta dei bersagli mostra come Israele si sia in gran parte limitato a bersagli militari o comunque legati all’industria della difesa, come richiesto dagli USA. I leader iraniani stessi avevano suggerito che un attacco di questo tipo avrebbe potuto portare all’interruzione del “botta e risposta” tra i due Paesi, ma questo aspetto sarĂ da verificare nei prossimi giorni e settimane. Al momento infatti da un lato la parte piĂą estrema del Governo israeliano si lamenta di non aver colpito piĂą duramente, dall’altro l’ala piĂą oltranzista dei Guardiani della Rivoluzione Iraniani chiede una risposta dura: sarĂ da vedere quanto queste voci avranno presa su chi assume le decisioni a Tel Aviv e a Teheran.
Lorenzo Nannetti
Immagine di copertina realizzata dall’autore dell’articolo