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Israele-Palestina: tra l’Operazione Muro di Ferro e il nuovo Piano per Gaza

In 3 SorsiIl 21 gennaio, mentre nella Striscia di Gaza entrava in vigore il cessate il fuoco dopo quindici mesi di guerra, la Cisgiordania tornava a essere centro degli scontri tra l’IDF e i gruppi armati palestinesi, verso i quali è stata destinata la nuova operazione “Muro di Ferro”, delineando nuovi scenari per la regione mediorientale.

1. CISGIORDANIA: GLI ATTORI IN GIOCO

Il territorio cisgiordano è abitato da circa tre milioni di persone, l’85% delle quali è palestinese. Centrale per la creazione di un futuro Stato di Palestina, dagli Accordi di Oslo tale area è formalmente sottoposta al controllo di Israele e dell’Autorità Palestinese. Di fatto, la Dichiarazione dei Princìpi divise la West Bank in tre aree di influenza: l’area A, posta sotto il controllo dell’Autorità Palestinese; l’area B, comprendente principalmente le aree rurali della Cisgiordania, dove Ramallah coopererebbe in materia di sicurezza con Tel Aviv – che gestisce anche lo spostamento di beni e persone; infine, l’area C, posta interamente sotto l’autorità israeliana. Nonostante tale suddivisione, alcune aree si sono sottratte da tale controllo e città quali Jenin, Tulkarem e Nablus rappresentano il baluardo delle milizie palestinesi. Qui, a partire dal 2021, tali territori hanno assistito a una rigenerazione di gruppi armati locali, che, superando le divisioni fazionali che caratterizzano il campo politico palestinese, agiscono congiuntamente in un’azione dal basso contro Israele e l’Autorità Palestinese, sconfinando nello scontro. 
Tra tali gruppi, ruolo particolarmente rilevante nell’area è svolto dal Battaglione di Jenin. Costituito presumibilmente nel settembre 2021, sebbene affiliato alla PIJ (Jihad Islamica), esso vede oggi agire sotto il proprio ombrello membri di diverse fazioni, tra cui Brigate dei Martiri di al Aqsa, Jihad Islamica e Brigate al Qassam. Formalmente contro di loro, un mese più tardi rispetto al dispiegamento delle forze dell’ANP a Nord della Cisgiordania, e solo due giorni dopo il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, Israele ha avviato una nuova operazione militare sul territorio.

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Fig. 1 – Il campo profughi e la città di Jenin poste sotto assedio, a seguito delle tensioni, Jenin, Cisgiordania, 3 febbraio 2025

2. L’OPERAZIONE MURO DI FERROE IL RITORNO DI TRUMP

Il 21 gennaio 2025, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato l’inizio di una nuova operazione militare nel territorio cisgiordano, denominata “Muro di Ferro”.
La ratio sottostante tale azione è formalmente da ricondurre al tentativo di “porre fine al terrorismo” all’interno dell’area, esercitato da parte dei gruppi armati locali sostenuti dall’Iran. Di fatto, il Ministro delle Finanze Smotrich – che governa anche la Cisgiordania – ha affermato che “la sicurezza in Cisgiordania è stata aggiunta agli obiettivi di guerra di Israele”, lasciando presagire una nuova fase del conflitto, concentrata proprio in questo territorio. Dinanzi a ciò non è tardata la risposta di Hamas, il quale ha esortato le masse a “intensificare lo scontro con l’esercito dell’occupazione”. Mal accolto da parte dell’estrema destra della coalizione israeliana, sembrerebbe che il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, effettivo dal 19 gennaio, sia stato cruciale per il dispiegamento e la concentrazione degli sforzi nell’area a Ovest del Giordano. A ciò si aggiunge il ritorno di Donald Trump a Washington, storicamente vicino alle richieste israeliane e al premier stesso Netanyahu. Tra i primi provvedimenti, il quarantasettesimo inquilino della Casa Bianca ha revocato l’ordine esecutivo n. 14115, che, emanato l’anno prima da Joe Biden, autorizzava a sanzionare coloro che “minano la pace, la sicurezza e la stabilità”, con il risultato di un incremento ulteriore delle violenze nel territorio da parte degli estremisti israeliani e dei coloni. Sulla stessa riga ci sono le più recenti affermazioni di Trump. Affiancato da Netanyahu in una conferenza dalla White House, il neo-Presidente ha espresso l’idea di un nuovo piano per la Striscia di Gaza, la quale diverrebbe la “riviera del Medio Oriente”, mentre la sua popolazione sarebbe ospitata dai Paesi limitrofi, in primis Egitto e Giordania. 

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Fig. 2 – Il Presidente Trump e il premier Netanyahu partecipano a una conferenza stampa alla Casa Bianca, Washington DC, Stati Uniti, 4 febbraio 2025

3. POSSIBILI RIPERCUSSIONI

Tutto ciò non è esente da ripercussioni. Se da un lato si sta assistendo alla progressiva attuazione del cessate il fuoco, con il rilascio degli ostaggi da ambo le parti, quanto sta accadendo nella West Bank e il posizionamento di Washington portano con sé il rischio del decadimento dell’accordo. Non solo, le ritorsioni potrebbero gravare sull’intera regione, la quale verte già in una situazione complessa. A essere messi a repentaglio sono anche gli Accordi di Abramo, siglati nel 2020, che rappresentano un successo per la politica mediorientale della Casa Bianca. Vicina alle istanze palestinesi, l’Arabia Saudita ha dichiarato di non essere disposta a normalizzare alcuna relazione con Tel Aviv, fino al momento in cui non ci sarà il riconoscimento di uno Stato di Palestina. Tali dichiarazioni mal si sposano con il piano recentemente esposto da Trump, il quale ha ottenuto riscontro negativo non soltanto da Arabia Saudita, Egitto, Turchia e Giordania, bensì anche dalle potenze occidentali, tra cui Germania, Francia e Regno Unito. Tale scostamento potrebbe accentuare l’effetto di una parcellizzazione del fronte occidentale e una diminuzione della credibilità degli Stati Uniti, amplificato dal recente ordine esecutivo che dispone sanzioni nei confronti della Corte Penale Internazionale per aver intrapreso “azioni illegittime e infondate” verso Washington e Tel Aviv. Inoltre, le posizioni di Trump e l’allontanamento della possibilità di creazione di uno Stato palestinese potrebbero accrescere il rischio di radicalizzazione della stessa popolazione dell’area, esponendo Israele e gli stessi States a maggiori pericoli in termini securitari. Il tutto, rischiando sempre di più di porre fine all’idea della soluzione basata su due Stati

Alice Serra

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Perchè è importante

  • La Cisgiordania, territorio chiave per la creazione di un futuro Stato palestinese, ha assistito negli ultimi anni a una rigenerazione di gruppi armati locali, che si sottraggono al controllo dell’ANP.
  • A partire dal 21 gennaio 2025, Israele ha dichiarato l’inizio dell’Operazione “Muro di Ferro”, volta a “sradicare il terrorismo” dalla Cisgiordania.
  • L’aumento della violenza in Cisgiordania potrebbe costituire un rischio e compromettere la tenuta del già debole cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, portando con sé ripercussioni che si estendono in tutta la regione mediorientale.

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Alice Serra
Alice Serra

Classe 1998, mi sono laureata prima in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano e, successivamente, in Politiche Europee e Internazionali all’Università Cattolica, scrivendo una tesi in Storia e Istituzioni dell’Asia sul fazionalismo politico palestinese, dalle origini ai nostri giorni. Con spirito critico e curiosità per il mondo, nutro un forte interesse per il Medio Oriente, i diritti umani, e le dinamiche globali.
Nel tempo libero mi trovate in un caffè con un libro in mano, sorseggiando un cappuccino e annotando i pensieri.

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