Caffè lungo – La dichiarazione a sorpresa della legge marziale, poi ritirata frettolosamente dopo il voto contrario dell’Assemblea Nazionale, rappresenta l’ultima mossa disperata di un Presidente ormai giunto al termine della propria corsa. Alla fine quello di Yoon non è stato solo un tentato golpe organizzato male, ma anche una prova – superata con successo – della resilienza della democrazia sudcoreana in tempi incerti e difficili.
LEGGE MARZIALE
Nella tarda serata di martedì 3 dicembre, senza alcun preavviso, il Presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha annunciato l’imposizione della legge marziale, motivata ufficialmente dal pericolo di “forze anti-Stato” legate alla Corea del Nord. Nel suo discorso alla nazione Yoon ha attaccato anche duramente la maggioranza dell’Assemblea Nazionale, detenuta dai partiti di opposizione, accusandola di sabotare la sua agenda di Governo e di simpatizzare neanche troppo nascostamente per Pyongyang. In base alla dichiarazione presidenziale, le forze armate hanno subito vietato le manifestazioni pubbliche e le normali attività dei partiti politici, inviando un contingente a presidiare il palazzo dell’Assemblea Nazionale. Nel frattempo, però, numerosi politici – compresi diversi esponenti della formazione politica del Presidente, il Partito del Potere Popolare – hanno denunciato come “illegale” la dichiarazione di Yoon e il leader del Partito Democratico Lee Jae-myung ha invitato tutti i deputati a radunarsi nell’Assemblea Nazionale per votare una risoluzione di annullamento della legge marziale. Nonostante la presenza dell’esercito, 190 deputati sono riusciti a radunarsi nel palazzo dell’Assemblea, grazie anche alle dimostrazioni di protesta di migliaia di cittadini che hanno distratto i soldati, e a votare il provvedimento che in base alle disposizioni costituzionali costringe il Presidente a revocare la legge marziale. Dopo il voto i militari si sono ritirati pacificamente dal palazzo e Yoon è stato infine costretto a tornare sui suoi passi, pressato anche da alcuni membri del suo Governo. Nelle ore successive diversi membri dello staff presidenziale hanno rassegnato le dimissioni, mentre i sindacati hanno proclamato uno sciopero generale contro Yoon e i partiti d’opposizione hanno iniziato ad avviare un procedimento di impeachment per rimuoverlo dalla carica di Presidente.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Presidente Yoon Suk-yeol annuncia a sorpresa l’imposizione della legge marziale, 3 dicembre 2024
FANTASMI DEL PASSATO
A dispetto della scusa nordcoreana, molti hanno visto immediatamente la mossa di Yoon come un tentativo di golpe volto a rilanciare una presidenza ormai giunta al capolinea. Dopo aver perso la maggioranza all’Assemblea Nazionale nelle elezioni di aprile, Yoon ha infatti visto regolarmente bloccati tutti i suoi progetti di legge mentre numerosi scandali (incluso uno che ha coinvolto direttamente la moglie Kim Keon-hee) hanno minato la sua popolarità presso l’opinione pubblica sudcoreana. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata quasi sicuramente la bocciatura parlamentare della proposta di budget nei giorni scorsi, che ha indicato chiaramente l’impossibilità per Yoon di proseguire nell’azione di Governo. Preoccupato da inchieste giudiziarie e ispirato dalle sue posizioni ultraconservatrici, Yoon ha quindi pensato di sovvertire l’ordine costituzionale e instaurare un regime autoritario, come accaduto già diverse volte nel passato turbolento della Corea del Sud. Oltre al Governo personalistico del primo Presidente Syngman Rhee, rovesciato poi da manifestazioni studentesche nel 1960, il Paese è stato infatti governato con pugno di ferro prima da Park Chung-hee (1961-1979) e poi dal generale Chun Doo-hwan (1979-1987), responsabile della repressione sanguinosa delle proteste studentesche a Gwangju nel maggio 1980. Una tragica vicenda rievocata anche dalla scrittrice Premio Nobel Han Kang nel suo romanzo “Atti Umani” e che ha lasciato un segno profondo nella coscienza popolare sudcoreana, rappresentando una rinascita simbolica e ideale delle speranze pro-democrazia. Nel 1987 nuove proteste popolari, sostenute anche dalla Chiesa cattolica, portarono alla fine del regime di Chun e a una graduale transizione ad un sistema democratico costituzionale culminata con l’elezione dell’ex prigioniero politico Kim Dae-jung alla presidenza nel 1997. E da allora la Corea del Sud è rimasta una democrazia abbastanza solida, per quanto tormentata da una crescente polarizzazione politica, da continui scandali pubblici (l’impeachment della Presidente Park Geun-hye nel 2016, ad esempio, o la lunga saga giudiziaria dell’erede Samsung Lee Jae-yong) e dalla costante minaccia del regime di Kim Jong-un al di là del 38° parallelo.
È stato molto probabilmente il ricordo della dittatura di Chun, ancora fresco nella memoria di tanti, a provocare la rapida reazione politica e popolare che ha portato alla fine del tentativo golpista di Yoon. Un tentativo anche piuttosto goffo e maldestro, con i media rimasti praticamente liberi di trasmettere informazioni non censurate all’opinione pubblica e un dispiegamento militare assolutamente inadeguato ad impedire la ripresa dell’iniziativa da parte dei deputati dell’Assemblea Nazionale.
Fig. 2 – Dimostranti ostacolano l’ingresso dei soldati nel palazzo dell’Assemblea Nazionale, 3 dicembre 2024
E ORA?
Con il fallito golpe Yoon ha firmato molto probabilmente la fine della sua carriera politica. Subirà un procedimento di impeachment e forse verrà persino espulso dal suo partito. Tuttavia la sua iniziativa rischia di compromettere significativamente la stabilità interna della Corea del Sud in un momento di grande incertezza per il futuro del Paese, tra il ritorno di Trump alla Casa Bianca e la nuova alleanza militare di Pyongyang con la Russia. Inoltre il tentato golpe offre spunti preziosi alla propaganda nordcoreana e alimenta ulteriormente il conflitto progressisti-conservatori nella società sudcoreana, legato anche alle crescenti rivendicazioni del movimento femminista. Nel complesso, quindi, i danni sul breve-medio termine potrebbero non essere di poco conto e ripercuotersi anche sulla sicurezza dell’Asia nordorientale, mai così fragile come adesso.
Simone Pelizza
“South Korea Grunge Flag” by Grunge Love is licensed under CC BY