In 3 Sorsi – Francia e Germania per decenni sono stati oggetto di diversi attentati di matrice islamica, rendendo la composizione etnica e religiosa della popolazione e la convivenza con le minoranze un tema caldo dell’agenda politica nazionale ed europea.
1. LE POLITICHE DI INTEGRAZIONE DELLE MINORANZE
La radicalizzazione delle comunità musulmane è diventata gradualmente interessante nel dibattito pubblico, soprattutto in quei Paesi come Francia e Germania che dal 2015 a oggi si sono dimostrati più vulnerabili al terrorismo, anche in parte per le politiche di integrazione adottate.
A Parigi vige un modello assimilazionista, che se da un lato tende a eliminare le differenze culturali per rendere uguali tutti i cittadini in quanto cittadini francesi, dall’altro contribuisce a marginalizzare le culture non dominanti.
In Germania invece la convivenza etnica è diventata un grattacapo politico solo negli ultimi decenni. Fino agli anni Duemila non esisteva una politica di integrazione chiara, perché gli immigrati turchi arrivati negli anni Sessanta e Settanta erano considerati solo come lavoratori di passaggio e non come cittadini stabili.
Il risultato è che il sottile equilibro che si va a costruire tra minoranze e società dominante si può facilmente rompere e sfociare nella radicalizzazione come forma di resistenza a una cultura non riconosciuta come propria e dalla quale ci si sente esclusi.
Fig. 1 – Scontri in una banlieu parigina
2. DENTRO IL FENOMENO TERRORISTICO E LE RISPOSTE ISTITUZIONALI
Recentemente il fenomeno terroristico su base associata ha subito un’inversione di tendenza. I responsabili degli attacchi non sono più membri di cellule organizzate, ma lupi solitari, spesso adolescenti, addirittura giovanissimi. Secondo Le Monde, i minorenni coinvolti in procedimenti per associazione a delinquere di stampo terroristico erano solo l’1% nel 2022, il 10% l’anno successivo e hanno sfiorato oltre il 20% nei primi sette mesi del 2024.
Si tratta di ragazzi che vivono in aree periferiche come Saint Denis in Francia o Neukölln in Germania, dove la concentrazione della popolazione immigrata è alta e la disoccupazione e la povertà dilagano. Spesso hanno legami con il terrorismo internazionale o hanno intrapreso un percorso di auto-radicalizzazione tramite il dark web in contesti di isolamento sociale e culturale.
Nel 2017 la Francia ha reso permanenti le misure provvisorie nate in stato di emergenza due anni prima, introducendo la legge sul rafforzamento della sicurezza interna e la lotta al terrorismo (SILT), che prevedeva in particolare la chiusura di luoghi di culto associati a ideologie estremiste e la limitazione delle libertà di circolazione per individui considerati pericolosi. Nel 2021 poi l’Assemblée Nationale ha approvato un disegno di legge contro il separatismo islamico, aumentando la sorveglianza digitale.
In Germania il fenomeno terroristico esiste, ma con alcune sfumature. Secondo il Ministero dell’interno tedesco, nel 2024 i reati censiti dall’Ufficio Federale di Polizia Criminale (BKA) hanno subito un incremento del 17,34% rispetto al 2023. In particolare si tratta di reati di estrema destra e la minaccia percepita è maggiormente interna che esterna.
A incidere su questa flessione è la crescente polarizzazione politica e l’instabilità interna, che acuiscono le tensioni sociali. Le misure adottate nei confronti dell’islamismo radicale hanno sicuramente influenzato la diminuzione del fenomeno. In particolare il rafforzamento delle frontiere, la nascita di una Task force nel 2024 e poi la misura che ha fatto più discutere: il divieto di velo integrale nei luoghi pubblici.
Fig. 2 – Una manifestazione di immigrati in Germania
3. UNA QUESTIONE NAZIONALE DIVENTA UNA QUESTIONE EUROPEA
L’11 marzo è stata la giornata europea delle vittime del terrorismo. La mitigazione dei processi di radicalizzazione è una sfida alla sicurezza comune e le modalità istituzionali messe in essere da Francia e Germania sollevano interrogativi circa la reale efficacia di una risposta unitaria del Vecchio Continente.
L’Europa continua a contrastare il terrorismo con la proroga di diverse misure: l’8 ottobre scorso il Consiglio UE ha rinnovato fino al 31 ottobre 2025 le sanzioni contro le organizzazioni terroristiche Isil, Da’esh, al Qaeda e i loro affiliati, attivando anche il congelamento di beni e restrizioni sui viaggi. A gennaio sono state inoltre estese le sanzioni contro Hamas e la Jihad islamica palestinese fino all’anno prossimo.
Tuttavia bisogna ricordare che la posta in gioco è più alta. Le politiche di sicurezza, se non coniugate con una gestione più inclusiva delle diversità culturali e religiose, potrebbero non sortire l’effetto sperato e minare ulteriormente la coesione UE. Solo una politica europea comune, che promuova la collaborazione tra Stati e tenga conto della convivenza multi-etnica come un fattore identitario di alcune realtà, potrà davvero prevenire nuovi attacchi e favorire un equilibrio tra il contrasto all’aggressivismo radicale e la tutela dei diritti umani.
Sara Alvieri
“2015 – Paris – liberté” by askolizzato71 is licensed under CC BY-SA