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Il Sudan brucia e le donne pagano il prezzo più alto

In 3 SorsiLa violenza di genere nel conflitto in Sudan è stata documentata da organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch, mostrando come lo stupro di guerra sia ormai un’arma utilizzata sistematicamente.

1. IL SUDAN SOTTO ASSEDIO: GUERRA, IMPUNITÀ E VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Il 15 aprile 2025 è la data che ha marcato i due anni di guerra in Sudan. La catastrofe umanitaria nel Paese non ha precedenti: ad oggi, il conflitto ha portato a più di 12 milioni di sfollati, e la popolazione si trova ormai sull’orlo della carestia.
Tra gli ultimi aggiornamenti l’attacco con droni a Port Sudan, città dove centinaia di migliaia di rifugiati avevano trovato protezione e riparo dagli orrori del conflitto. L’azione ha portato a una fuga di massa da parte dei civili, alla disperata ricerca di un nuovo riparo. L’ONU ha sollevato preoccupazione per questo sviluppo, evidenziando il rischio di peggioramento della situazione umanitaria già disastrosa, e richiedendo con urgenza una mediazione tra le parti.
Fra le vittime principali del conflitto sudanese spiccano però le donne: la popolazione femminile è stata oggetto di numerosi attacchi indiscriminati da parte delle Rapid Support Forces (RSF), fazione responsabile di almeno 36 casi di stupro, anche di gruppo, nei confronti di donne e di ragazze minorenni. Dai racconti agghiaccianti delle sopravvissute emergono descrizioni di torture disumane, come bruciature causate da liquidi bollenti o ferite inflitte con oggetti taglienti.
L’orrore vissuto da ragazze di anche solo quindici anni ha portato a una preoccupazione crescente per la popolazione, e interviste raccolte da ONG come Amnesty International hanno evidenziato la gravità dei crimini commessi ai danni delle donne in Sudan

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Fig. 1 – Una manifestante durante Hand Off Sudan, la marcia a Londra per la sensibilizzazione nei confronti della guerra civile in Sudan, 9 novembre 2024

2. MEMORIE DI GUERRA: LA CONTINUITÀ DELLA BRUTALITÀ CONTRO LE DONNE

L’utilizzo dello stupro e della violenza contro le donne come arma di guerra non è una novità in Sudan: nel conflitto del Darfur, scoppiato nel 2003, sono state infatti raccolte numerose testimonianze relative alla violenza di genere. Soprattutto nella prima fase del conflitto, Medici Senza Frontiere aveva riportato di aver curato circa 500 donne vittime di stupro e di violenza di ogni tipo, evidenziando anche come questo dato sia probabilmente inferiore al reale numero di vittime, in quanto molte di esse non hanno probabilmente denunciato l’accaduto per timore delle conseguenze.
Il ricorso sistematico della violenza femminile come arma di guerra vuole essere un modo per mortificare e impaurire le comunità civili in Sudan, uno strumento di umiliazione e di paura che ha l’obiettivo di annichilire e indebolire le donne in un tentativo di ottenere maggiore controllo delle popolazioni colpite.

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Fig. 2 – Donne sudanesi celebrano il ritorno a casa, a Wad Madani, dopo la liberazione della città da parte dell’esercito sudanese, 6 febbraio 2025

3. IL RUOLO FEMMINILE NELLA GUERRA IN SUDAN: UNA LENTA EVOLUZIONE

Il futuro del Sudan è ad oggi molto incerto, e la crisi umanitaria in corso non sembra avere tregua. Nonostante la situazione allarmante, le iniziative per la pace sono numerose, e il ruolo femminile in questo contesto è fondamentale. Dallo scoppio del conflitto, le donne sudanesi hanno dimostrato infatti una straordinaria resilienza, spesso viaggiando da sole da una città all’altra per fornire assistenza alle proprie famiglie, una prova di coraggio e opposizione verso la concezione tradizionale e sociale della donna nel Paese.
Inoltre, numerose iniziative di pace sono state messe in pratica dalla popolazione femminile: fra queste spicca Mothers of Sudan, nata per promuovere la pace e la fine delle ostilità, impegnata in iniziative volte al miglioramento della situazione sanitaria nel Paese. In questo senso, UNICEF ha registrato casi di donne impegnate nel trasporto di vaccini e di medicine per aiutare i civili.  
Le donne sudanesi hanno inoltre fatto sforzi notevoli per sedersi ai tavoli di discussione per promuovere la pace e per fermare il conflitto. Nonostante la loro partecipazione risulta limitata, si tratta comunque di un importante capitolo nel riconoscimento della donna in Sudan.

Alice Rambaldi

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA

Dove si trova

Perchè è importante

  • La guerra in Sudan prosegue, e la catastrofe umanitaria è ormai senza precedenti. I recenti attacchi con droni a Port Sudan hanno portato alla fuga di centinaia di migliaia di sfollati che avevano trovato rifugio in questa città.
  • Numerosi racconti di donne sudanesi testimoniano episodi di violenza spietata da parte delle Rapid Support Forces, che utilizzano sistematicamente lo stupro e l’abuso come arma di guerra.

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Alice Rambaldi
Alice Rambaldi

Sono nata a Ferrara nel 1997 e ho conseguito la laura magistrale in relazioni internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ho una forte passione per i diritti umani e i temi ambientali, ambiti che ho avuto modo di approfondire durante le esperienze lavorative svolte fino ad ora.
Ho svolto uno stage curricolare presso il comando NATO di Solbiate Olona durante il mio ultimo anno di università, nel quale ho avuto modo di affinare le mie capacità di ricerca e scrittura, per poi svolgere uno stage extra curricolare presso una società di consulenza milanese da gennaio a settembre 2023, lavorando nell’ambito di progetti finanziati dalla Commissione europea. Da marzo 2024 lavoro inoltre per Mondo Internazionale in qualità di Junior Researcher nella sezione politica, e ho avuto occasione di unirmi al team del Desk Africa del Caffè Geopolitico a maggio 2024.

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