Caffè lungo – Nel 2025, le crescenti tensioni tra India e Pakistan hanno riacceso i timori di una crisi nella regione, ma gli effetti più devastanti si stanno verificando non sul fronte militare, bensì su quello economico e strategico. Gli equilibri energetici e commerciali in Asia, già segnati dalle tensioni globali, vacillano sotto il peso del crescente attrito.
COMMERCIO BLOCCATO E REAZIONE A CATENA
Il Kashmir è una regione dell’Asia meridionale contesa tra due Potenze nucleari: India e Pakistan. La disputa affonda le sue origini nella Partizione del 1947, quando tale regione fu divisa tra India, Pakistan e Cina. Da allora, India e Pakistan si sono già scontrati tre volte per il controllo di quest’area, e le tensioni militari rimangono altissime. Non si tratta solo di una rivalità territoriale: i due Paesi si considerano nemici esistenziali, alimentando un conflitto che rischia di riesplodere in una nuova guerra. Attualmente, l’India controlla circa il 55% del Kashmir storico, suddiviso nei Territori dell’Unione di Jammu e Kashmir e nel Ladakh, mentre il Pakistan amministra circa il 35% del territorio, diviso tra Azad Jammu e Kashmir e Gilgit-Baltistan. La Linea di Controllo (LoC) separa di fatto i territori indiano e pakistano, ma non costituisce un confine riconosciuto ufficialmente e le rivendicazioni sovrapposte rendono la regione uno dei focolai geopolitici più instabili del continente.
Negli ultimi anni, le tensioni sono aumentate, con ripercussioni anche sul piano economico. Le relazioni commerciali tra India e Pakistan, già fragili, sono state interrotte: Nuova Delhi ha bloccatogli scambi bilaterali e rafforzato i controlli su merci provenienti da Paesi terzi per impedire l’ingresso di prodotti pakistani. Il blocco ha colpito settori strategici, come quello farmaceutico: il Pakistan dipende in parte dai principi attivi farmaceutici (API) indiani e ha dovuto cercare fornitori alternativi in Cina e Turchia per evitare una crisi sanitaria. In India, le conseguenze sono state più contenute, ma hanno danneggiato imprese coinvolte in rotte logistiche verso l’Asia Centrale tramite il Pakistan.
Fig. 1 – Soldati indiani pattugliano le strade di Srinagar, nel Jammu e Kashmir, alla vigilia della visita del Premier Narendra Modi nella regione, 2 giugno 2025
LA CRESCENTE MINACCIA ENERGETICA
La questione energetica rappresenta una delle minacce più gravi derivanti dalle tensioni. Nel 2025, l’India ha sospeso unilateralmente il Trattato delle Acque dell’Indo, firmato nel 1960 con la mediazione della Banca Mondiale, rompendo un equilibrio delicato che per oltre sessant’anni aveva garantito una gestione condivisa delle risorse idriche tra i due Paesi. Il Trattato ha finora regolato l’uso dei fiumi condivisi tra i due Paesi, ma quest’anno l’India ha annunciato la sospensione dell’accordo per motivi di sicurezza nazionale, mettendo a rischio circa il 90% della capacità idroelettrica installata del Pakistan, fortemente dipendente dai fiumi Indo, Jhelum e Chenab. Se l’India dovesse trattenere l’acqua per i propri impianti idroelettrici nel Kashmir, il Pakistan rischierebbe blackout estesi e crisi idrica, soprattutto nei mesi estivi. Questa decisione potrebbe aprire un nuovo fronte di conflitto non solo militare, ma anche legato al controllo di risorse vitali.
Nel frattempo, gli effetti delle tensioni hanno travalicato i confini regionali: le principali rotte marittime nel Mar Arabico sono diventate più costose a causa dell’aumento dei premi assicurativi, rallentando l’export di materie prime e spingendo gli investitori internazionali a spostare capitali verso mercati più stabili come Sud-Est asiatico e Golfo.
Fig. 2 – Manifestazione a Kolkata a sostegno della recente Operazione Sindoor contro il Pakistan, 27 maggio 2025
UNO SCENARIO IN EVOLUZIONE
In uno scenario già segnato da profonde tensioni politiche e storiche, l’India sta sfruttando la leva energetica come uno strumento strategico per consolidare la propria posizione nei confronti del Pakistan. I recenti progetti idroelettrici avviati nella regione contesa del Jammu e Kashmir sono pensati per incrementare significativamente l’autosufficienza energetica di Nuova Delhi, riducendo la dipendenza da fonti esterne e rafforzando così il potere economico e politico del Paese. Tuttavia, queste iniziative rischiano di essere interpretate da Islamabad non semplicemente come uno sviluppo infrastrutturale, ma come vere e proprie provocazioni unilaterali che minano ulteriormente la già fragile stabilità della regione. Di conseguenza, il clima tra le due nazioni si fa sempre più teso, alimentato da sospetti reciproci e da un’escalation di accuse che rende difficile qualsiasi forma di dialogo costruttivo.
Questa situazione mette in luce la complessità e la delicatezza degli equilibri geopolitici nell’Asia meridionale, una regione in cui le questioni energetiche si intrecciano con rivalità storiche profonde e con interessi commerciali strategici. L’assenza di un meccanismo di cooperazione solido e di un dialogo strutturato rischia di trasformare ogni tensione in una crisi capace di generare reazioni a catena, con conseguenze che potrebbero travolgere non solo India e Pakistan, ma l’intero contesto regionale. Le implicazioni di un conflitto o di una maggiore instabilità si estenderebbero infatti ai settori economici, politici e sociali, rendendo necessaria un’azione congiunta e lungimirante da parte di tutte le parti coinvolte. Solo attraverso un impegno reale verso la cooperazione e il dialogo sarà possibile evitare che la competizione energetica diventi un fattore di conflitto permanente, assicurando così una maggiore stabilità e prosperità per tutta l’Asia meridionale.
Maria Grazia Russo
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