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Kharkiv, 18 agosto 2025

In 3 sorsiLa mattina del 18 agosto l’esercito russo ha bombardato la periferia di Kharkiv, uccidendo sette persone e ferendone una ventina. Il nostro Christian Eccher si trovava sul posto e offre una testimonianza intensa e drammatica sull’accaduto, che contrasta nettamente con le discussioni sulla “pace” di questi giorni.

1. BOMBE DOPO IL SUMMIT

Un copione già visto innumerovoli volte, in quasi tutte le città dell’Ucraina. Poco prima dell’alba, urlano le sirene antiaeree e, dopo qualche minuto, il suono acre delle esplosioni rompe il silenzio della notte e del coprifuoco, che dura da mezzanotte alle 5 del mattino. Già dopo qualche minuto, i media riportano la notizia del bombardamento, ma non dicono cosa sia esattamente successo e dove. I russi, infatti, utilizzano sempre la stessa tattica: bombardano un palazzo per poi colpirlo di nuovo dopo qualche minuto, in maniera tale da uccidere anche i soccorritori.
Dopo quasi una settimana di silenzio e di pace, probabilmente legata all’incontro fra Trump e Putin in Alaska, ieri (domenica 17) una bomba KAB aveva colpito un cimitero alla periferia di Kharkiv, senza causare morti. Stamattina, invece, prima un missile Iskander e poi i famigerati droni Shahed hanno distrutto un condominio alla periferia della città, in uno dei tanto quartieri dormitorio che, durante l’URSS, garantivano alloggio agli operai che lavoravano nelle numerose fabbriche della zona. Ci si arriva con a metropolitana e poi con un autobus urbano, dal centro ci vuole almeno un’ora.

Fig. 1 – Soccorritori al lavoro sulla scena dell’attacco, 18 agosto 2025 | Foto: Christian Eccher

2. SCENE DI UN MASSACRO

L’edificio è sventrato, i soccorritori sono già sul posto, insieme ai volontari dell’associazione World Central Kitchen e alle psicologhe che forniscono assistenza a chi sia sotto shock. Una di loro parla a lungo con una ragazzina, che indossa ancora il pigiama e le ciabatte. I russi bombardano quasi esclusivamente di notte, o all’alba quando la gente è a casa e dorme profondamente. La ragazzina tiene in mano uno scacciapiensieri, un giocattolo con molti tasti, e li schiaccia nervosamente mentre parla con la giovane psicologa. Intorno, macchine bruciate. In tutta la zona, l’odore acre dell’incendio da poco domato riempie le narici. I vigili del fuoco, intanto, fanno una breccia nel palazzo grazie a uno scavatore; alcune soldatesse con i cani entrano nell’edificio alla ricerca dei cadaveri. Ne hanno già trovati 5, ne troveranno ancora due. Si tratta di due donne, i cui corpi sono completamente carbonizzati. Una è irriconoscibile, l’altra indossa ancora la biancheria intima e ha un’espressione del viso contratta e dolente. Di lei è rimasto solo il torso, le gambe sono mozzate all’altezza delle ginocchia, le cosce sono carbonizzate. Il cadavere è rigido, ricorda le mummie di Pompei, quelle che i turisti vanno a vedere con curiosità e forse anche con divertimento, perché i morti di 2mila anni fa non sono per noi mai vissuti. Gli agenti della polizia scientifica prendono dei campioni del DNA dai corpi delle due donne, poi le avvolgono in un sacco di plastica nero e le caricano su due autoambulanze.
Una poliziotta giovane, dai capelli color carota e gli occhi azzurri, con il casco e il giubbotto antiproiettile, ha gli occhi gonfi e rossi. Sta ferma, immobile, in piedi, nello stesso posto, da ore. Le chiedo se abbia voglia di un caffè, ma sia a lei sia a me la voce si strozza, non esce dalla gola e lascia spazio al silenzio. Io non riesco a chiederle se voglia un caffè, lei non riesce a rispondere, ci sorridiamo a vicenda e lei accenna a un abbraccio, che non ci sarà perché è comunque un’agente in divisa e in servizio.

Fig. 2 – Si usa uno scavatore per recuperare i corpi delle vittime, 18 agosto 2025 | Foto: Christian Eccher

3. PAROLE DI PACE, REALTĂ€ DI GUERRA

I lavori dei soccorrittori vengono improvvisamente interrotti quando suonano le sirene antiaeree: c’è il rischio che l’esercito russo bombardi nuovamente l’area, giornalisti e civili vanno nei rifugi, io rimango con i poliziotti. Un signore gentile che da ore distribuisce bevande e cibo nel tendone di Word Central Kitchen mi offre del tè caldo con i biscotti. Grosse gocce di pioggia cadono dal cielo e comincia a fare freddo. I soldati e i poliziotti accarezzano i cani segugio che tengono in bocca una pallina da tennis, con la speranza che qualcuno gliela getti per poterla poi rincorrere. Appena l’allarme aereo cessa, tutti tornano al lavoro, cani compresi.
Poco più in là, davanti a un negozio dove per fortuna alle 5 del mattino non c’era nessuno, alcuni bambini giocano nel cratere lasciato da un altro drone che ha colpito la zona. I russi mandano sempre flotte di droni, in maniera tale che almeno un paio riescano a passare e non vengano abbattuti dalla contraerea.
Il bilancio è di 7 vittime, almeno 23 feriti e un un edificio completamente distrutto. Tutto questo nel giorno in cui Zelensky e i leader europei si recano negli USA per cercare di porre fine alla guerra.

Fig. 3 – Un’auto bruciata vicino all’edificio colpito, 18 agosto 2025 | Foto: Christian Eccher

Christian Eccher

Foto di copertina: Christian Eccher

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  • La mattina del 18 agosto l’esercito russo ha bombardato la periferia di Kharkiv, distruggendo un condominio e uccidendo sette persone. Christian Eccher si trovava sul posto e offre una testimonianza diretta sull’accaduto.

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Christian Eccher
Christian Eccher

Sono nato a Basilea nel 1977. Mi sono laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea all’UniversitĂ  degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove ho anche conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sulla letteratura degli italiani dell’Istria e di Fiume, dal 1945 a oggi. Sono professore di Lingua e cultura italiana all’UniversitĂ  di Novi Sad, in Serbia, e nel tempo libero mi dedico al giornalismo. Mi occupo principalmente di geopoetica e i miei reportage sono raccolti nei libri “Vento di Terra – Miniature geopoetiche” ed “EsimdĂ©”.

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