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Marocco, la diplomazia delle moschee

In 3 sorsiIl Marocco, attraverso la promozione di un Islam di Stato malikita, forma imam africani ed europei e cerca di affermarsi come leader regionale.

1. L’ISTITUTO MOHAMMED VI E IL MODELLO SUFI-STATALE

L’Islam in Marocco gioca un ruolo centrale all’interno della politica e della societĂ : il Re, infatti, detiene il titolo di Amir al-Mu’minin, comandante dei Fedeli, e la tradizione sufi è stata istituzionalizzata, permettendo di stare al passo con la modernitĂ  senza però lasciare indietro la tradizione. Su questa scia il Regno sta portando avanti da diversi decenni una lotta contro l’estremismo jihadista attraverso la promozione dell’Islam malikita, una delle quattro correnti sunnite caratterizzata da moderazione, apertura e tolleranza.
Centrale in questo processo è l’istituto Mohammed VI, istituito nel 2014 a Rabat, per la formazione di guide religiose – uomini e donne – moderate attraverso un corso triennale caratterizzato non solo da studi religiosi, ma anche professionali.

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Fig 1 – Una studentessa dell’istituto Mohammed V, nella capitale marocchina Rabat.+

2. L’ISLAM COME STRUMENTO DIPLOMATICO

Il Marocco usa la formazione religiosa sia come soft power culturale sia come strumento diplomatico.
Da una parte, infatti, essa è stata perfettamente inserita all’interno della politica africana con cui il Regno cerca di presentarsi come partner stabile e affidabile, ma soprattutto come potenziale leader regionale. Questo è evidente nel fatto che l’Istituto accoglie anche studenti internazionali provenienti da Paesi come Mali, Niger, Nigeria, Guinea e addirittura da Stati europei come Francia e Belgio. Dunque, in cambio della formazione, il Regno rafforza i propri legami bilaterali e ottiene sostegno nelle sedi multilaterali, soprattutto sul tema del Sahara Occidentale, questione spinosa con cui il Marocco valuta la lealtà e la bontà dei propri alleati.
Dall’altra, tale politica religiosa moderata ha spinto l’Occidente a considerare il Marocco un partner fondamentale nella lotta contro l’estremismo jihadista e il terrorismo. In seguito agli attentati di Casablanca del 2003, che provocarono morti e centinaia di feriti, il Regno ha, infatti, vissuto una profonda trasformazione della propria strategia e legislazione di counterterrorism sia a livello legislativo, con la legge 03.03 e l’inasprimento delle pene, sia attraverso un’importante riorganizzazione dell’ambito religioso, rafforzando il controllo sul clero e investendo nella formazione delle figure religiose verso una visione moderata dell’Islam.

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Fig 2 – Papa Francesco e il sovrano Mohammed VI del Marocco dopo la cerimonia della firma al palazzo reale a Rabat

3. I RISCHI DI STRUMENTALIZZAZIONE

Questa diplomazia religiosa, tuttavia, solleva non pochi interrogativi. 
In primo luogo, alcuni studiosi e osservatori evidenziano il rischio di un’egemonia culturale esercitata dallo Stato marocchino, che promuoverebbe un Islam istituzionale e conformista come unico modello legittimo, a scapito della pluralità religiosa, delle confraternite sufi più autonome o di scuole teologiche minoritarie.
In secondo luogo, in Europa, l’accoglienza di imam formati all’estero apre un dibattito delicato sul tema dell’integrazione e della laicità: se da un lato gli imam sono visti come strumenti utili per prevenire il radicalismo, dall’altro emergono timori circa l’ingerenza di potenze straniere nelle comunità musulmane europee, che potrebbe ostacolare la nascita di un Islam europeo pienamente compatibile con i valori repubblicani o liberali.
Infine, le azioni del Marocco hanno importanti risvolti geopolitici. La promozione del suo modello religioso si inserisce in una competizione più ampia tra le diverse visioni dell’Islam nel mondo musulmano: da una parte c’è il wahhabismo saudita, tradizionalmente molto conservatore e influente in Africa subsahariana e nel Golfo; dall’altra, l’autorità di al-Azhar in Egitto, che da decenni esercita un ruolo dottrinale nel sunnismo globale. In questo contesto, la via marocchina rappresenta una terza strada su cui Rabat investe per costruire consenso politico, soft power e proiezione internazionale.

Chiara Salvò

Photo by HansJuergenW is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Il Marocco promuove un Islam malikita, moderato e tollerante come base della propria identitĂ  religiosa e politica.
  • La formazione religiosa è usata, internamente, per prevenire il radicalismo e rafforzare la coesione nazionale, esternamente come strumento di soft power e diplomazia culturale. Tuttavia, solleva timori di egemonia culturale e ingerenza nelle comunitĂ  musulmane europee, oltre a una competizione islamica tra il wahhabismo saudita e l’egiziana al-Azhar.

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Chiara Salvò
Chiara Salvò

Classe 2000, mi sono laureata in Relazioni Internazionali e successivamente in Politiche Europee e Internazionali all’Università Cattolica di Milano, arricchendo il mio percorso con esperienze di studio in Polonia e di lavoro in Marocco. Appassionata dell’area MENA, delle sue dinamiche e complessità, considero la geopolitica lo strumento migliore per comprenderle e nutrire la mia curiosità. Nel tempo libero viaggio, o pianifico la prossima partenza, alla scoperta di nuovi luoghi e persone con cui condividere le mie passioni.

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