In 3 Sorsi – Le elezioni presidenziali del 25 ottobre in Costa d’Avorio sembrano già scritte, ma possono mettere alla prova la tranquillità del Paese. Il voto ripropone il dilemma tra democrazia e stabilità, in un contesto di crescita economica diseguale e in mezzo ai cambiamenti dell’Africa occidentale.
1. DEMOCRAZIA AUTORITARIA E CANDIDATURE NEGATE
Dopo la transizione successiva alla morte del primo Presidente, Félix Houphouët-Boigny (1960-1993), la guerra civile Nord-Sud (2002-07) e la crisi post-elettorale del 2010, la Costa d’Avorio resta un Paese diviso lungo linee geografiche, religiose ed etniche e caratterizzato da crescenti diseguaglianze.
La “democratizzazione” degli anni Novanta ha prodotto un sistema politico solo formalmente pluralista, che coniuga elementi democratici e autoritari. Le elezioni si svolgono puntualmente, ma il controllo presidenziale sulle Istituzioni elettorali permette di limitare la competizione politica. L’attuale Presidente, Alassane Ouattara, si candida per la quarta volta, doppiando il limite costituzionale, e le elezioni di quest’anno sono precedute da un sensibile aumento della repressione, con arresti arbitrari e divieti a manifestazioni che contestano l’esclusione di alcuni candidati.
Delle sessanta candidature presentate, infatti, solo cinque sono state confermate dal Consiglio costituzionale. Tra gli esclusi si trovano i più importanti oppositori di Ouattara: l’ex Presidente Laurent Gbagbo (2002-11), storico leader della sinistra, tornato in Costa d’Avorio nel 2021 dopo l’assoluzione dall’accusa di crimini di guerra all’Aja; Tidjane Thiam, leader del Parti Démocratique de la Côte d’Ivoire (PDCI), il vecchio partito unico, passato all’opposizione; Guillame Soro, capo dei ribelli del Nord durante la guerra civile, ex Primo Ministro di Ouattara.
Fig. 1 – La prima pagina di un giornale ivoriano mostra i cinque candidati alle elezioni nel 25 ottobre. Da sinistra l’attuale Presidente Alassane Ouattara, Simone Gbagbo, Don Mello Ahoua, Henriette Lagou e Jean-Louis Billon, 9 settembre 2025
2. I CANDIDATI D’OPPOSIZIONE, LA FIGURA DI OUATTARA E LA ‘FRENCH CONNECTION’
Queste esclusioni hanno spaccato l’opposizione. Ahoua Don Mello, fedelissimo di Gbagbo, si è candidato per supplire all’assenza forzata dell’ex Presidente, ma sembra che la sua candidatura non fosse concordata: è stato infatti sconfessato e ora corre come indipendente. Similmente, Jean-Louis Billon, ex ministro di Ouattara passato all’opposizione nel PDCI, si è candidato contro il volere di Thiam ed è stato espulso dal partito. Completano la rosa dei candidati due donne: Simone Gbagbo, ex moglie di Laurent, e Henriette Lagou Adjoua. Il potere permette queste candidature perché non le considera un ostacolo alla rielezione di Ouattara.
Già funzionario del Fondo Monetario Internazionale, l’attuale Presidente era stato imposto dai francesi a Houphouët-Boigny come Primo Ministro nel 1990, per implementare il programma di aggiustamento strutturale nel Paese. Dopo la morte del dittatore, però, le leggi razziste sull’ivoirité lo avevano escluso dalla competizione politica. Con l’elezione di Gbagbo nel 2002 e il successivo scoppio della guerra civile Ouattara diventa punto di riferimento politico della ribellione, sostenuta dalla Francia per tramite del Burkina Faso di Blaise Compaoré. Ed è grazie all’intervento militare francese che, dopo la crisi elettorale del 2010, Ouattara assume la presidenza.
Il Paese resta strettamente legato alla Francia e al campo occidentale, in controtendenza rispetto al continente. Anche quest’anno, come nel 2020, la candidatura “extra” di Ouattara è stata preceduta da una sua visita all’Eliseo, presumibilmente per ricevere il beneplacito francese. La Costa d’Avorio è tradizionalmente il bastione degli interessi francesi in Africa occidentale, costituendo fin dall’indipendenza un contrappeso “moderato” ai Governi “radicali” dell’area (Ghana, Mali, Guinea) e una base operativa per la loro destabilizzazione. La nuova frontiera in questo senso potrebbe essere l’Alleanza degli Stati del Sahel: il Burkina Faso ha accusato la Costa d’Avorio di aver supportato un tentativo di golpe contro il capitano Ibrahim Traoré, mentre a luglio motivo di tensione tra i due Paesi era stato l’arresto e la morte in detenzione dell’attivista burkinabé Alino Faso ad Abidjan.
Fig. 2 – Il Presidente francese Emmanuel Macron e il Presidente ivoriano Alassane Ouattara durante il 19° Summit della Francofonia, Castello di Villers-Cotterets, Francia, 4 ottobre 2024
3. LE CONTRADDIZIONI DELLA CRESCITA ECONOMICA E IL PROBLEMA DEL POST-OUATTARA
Sotto Ouattara il Paese è un modello di stabilità e crescita, apprezzato da Istituzioni finanziarie e investitori per le buone performance economiche, attribuite alle politiche neoliberiste dell’Amministrazione: un successo esibito in occasione della Coppa d’Africa 2024, vinta dai padroni di casa in uno stadio intitolato all’attuale Presidente.
Tuttavia, solo una ristretta élite e gli interessi stranieri, soprattutto francesi, beneficiano della crescita economica, trainata dalla monocoltura del cacao, dal settore estrattivo e da investimenti urbani e infrastrutturali. La popolazione non ha visto migliorare le proprie condizioni di vita e in alcuni casi ha subito gli effetti collaterali della crescita, ad esempio gli sfratti nei quartieri riqualificati di Abidjan.
Con la vittoria in tasca, il problema di Ouattara (83 anni) è trovare un successore affidabile. La scelta era ricaduta sul braccio destro, Amadou Coulibaly, ma la sua prematura dipartita ha scombinato i piani, costringendo il Presidente a ricandidarsi nel 2020, quando il limite dei due mandati avrebbe dovuto impedirglielo. Ouattara sostiene che l’adozione di una nuova Costituzione nel 2016 abbia azzerato il conteggio dei mandati, permettendogli di ricandidarsi, ma al termine del prossimo quinquennio si dovrà cercare una soluzione. Intanto, preoccupa la possibile reazione popolare dopo il voto. Già le elezioni del 2020, boicottate dall’opposizione e vinte da Ouattara con il 95%, erano state seguite da manifestazioni di protesta duramente represse, con decine di morti. Il rischio che tale situazione si ripeta è alto: Gbagbo e Thiam hanno chiamato alla mobilitazione e c’è già stato un morto.
Giovanni Tosi
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