Miscela Strategica – “Servirebbe un esercito europeo!” E’ una frase che sentiamo spesso di questi tempi, ma forse non tutti sanno che, in realtĂ , qualcosa di molto simile a un esercito europeo giĂ esiste. Si chiamano battlegroups e sono stati creati proprio come forza europea di reazione rapida. Ma allora perchĂ© non se ne parla mai e non li vediamo mai in azione? PerchĂ©, come spesso avviene, il problema sono le decisioni politiche.
1) Cosa sono i Battlegroups?
Fin dall’inizio, gli Stati membri dell’UE si sono resi conto che creare un esercito comune sarebbe stato un progetto difficile e di lunga durata. Meglio intanto dotarsi di una forza militare di reazione rapida che comunque provenga un po’ da tutti i Paesi. Diventano così pienamente operativi nel 2007 i Battlegroups (Gruppi da Battaglia, abbreviato in BG), ovvero formazioni da circa 1500 uomini bene addestrati con mezzi di supporto, circa un battaglione ad armi combinate (significa: fanteria, mezzi blindati, artiglieria, oltre alle strutture di comando e controllo) capaci di essere inviati ovunque sia necessario entro pochi giorni e possano operare indipendentemente per massimo 3-4 mesi. Ogni grande Paese UE (Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia) fornisce un BG, gli altri paesi invece collaborano formando BG “misti”. L’idea originaria era di avere 13-20 BG, con 2 BG sempre pronti all’azione in ogni momento con rotazioni di 6 mesi, ma i tagli ai budget militari europei hanno ridotto la rotazione a 1 BG alla volta.
2) Come funzionano in pratica?
Immaginiamo una situazione di crisi dove l’UE ritenga di dover intervenire rapidamente: potrebbe essere l’evacuazione di propri civili da zone di guerra, o protezione di elezioni in Paesi limitrofi dietro richiesta ONU, o ancora un’operazione di caccia ai terroristi lontano dall’Europa come ha fatto la Francia in Mali. Il sistema è ottimizzato per un’azione rapida, infatti è previsto che una volta presa la decisione di inviare le truppe, un BG sia pronto a partire entro 5 giorni e sia poi pronto ad agire in zona di operazioni entro altri 10 giorni. In altre parole, entro 15 giorni massimo dalla decisione politica l’UE può schierare (almeno) 1500 soldati bene addestrati ovunque possa essere necessario, al giorno d’oggi una forza tutt’altro che disprezzabile per operazioni limitate e di breve periodo (da 30 a 120 giorni, secondo lo statuto che ne regola il funzionamento) quali quelle ipotizzate. Questi 1-4 mesi servono poi all’UE per decidere se preparare un intervento più massiccio, impiegando contingenti più grandi, richiedere un intervento internazionale, o trovare una soluzione diplomatica adeguata. Ovviamente la stessa missione del BG può essere prolungata.
3) Ma chi paga? Ovvero: in tempi di budget così ristretti e discussioni animate sugli stanziamenti, non si rischia che gli Stati litighino su chi deve pagare, e quanto?
Fortunatamente no. Il sistema dei BG, come detto sopra, è ottimizzato per agire rapidamente, pertanto esiste anche un sistema di finanziamento rapido delle missioni militari UE. Si chiama ATHENA, e si tratta di fondi europei già stanziati dagli stati membri in sede di budget europeo e accantonati come riserva d’emergenza proprio per le missioni internazionali. Non appena la missione viene autorizzata, i fondi necessari vengono appunto tratti da ATHENA e permettono al BG (ed eventuali altri asset di supporto, come marina, aviazione, polizia, ecc…) di operare da subito con piena copertura dei costi. Le attuali missioni internazionali che vedono all’opera truppe UE (nessun BG però) sono tutte finanziate con il sistema ATHENA. Proprio per evitare spese senza fine l’operatività è limitata a massimo 4 mesi – oltre quel limite l’UE deve approvare il prolungamento della missione e lo distanziamento dei fondi.
4) Tutto bene allora, sono un mezzo di reazione rapida ben organizzato. Eppure, non se ne sente mai parlare… perché?
Per capirlo, dobbiamo tornare alla risposta alla seconda domanda. Come funzionano i BG? Abbiamo detto che “(…)è previsto che una volta presa la decisione di inviare le truppe, un BG(…)”. Il problema sta proprio nella frase in corsivo: prima che tutto si attivi, l’UE, cioè in pratica gli Stati membri, devono essere d’accordo nel farlo. Ed è qui il punto: in un’Europa dove le posizioni in politica estera risultano essere così differenti tra i vari componenti, è oltremodo difficile giungere a un consenso su cosa fare, come farlo e, ancor peggio, se inviare truppe comunitarie. Se pensiamo alle posizioni sul conflitto in Libia, o in Siria, o perfino in Mali, è facile pensare a nazioni poco disposte ad autorizzare l’invio di BG che contengano i propri militari, mentre altre spingono per intervenire comunque. In quest’ottica, a poco importa che i BG possano essere operativi entro 15 giorni: è la decisione precedente che potrebbe prendere mesi, o non essere mai presa, tra discussioni infinite e tensioni politiche. Il ritardo potrebbe essere tale da rendere nel frattempo inutile ogni operazione.
5) Qual è il risultato di tutto questo?
In definitiva l’UE ha sì un sistema di intervento militare rapido, ma si trova nell’impossibilità di fatto di impiegarlo. Così, in casi come il Mali dove interessi comuni erano in gioco (stabilità regionali, terrorismo, risorse…) ed era necessario agire subito, la Francia ha preferito inviare subito le proprie truppe per non perdere tempo. E questo considerando che comunque aveva ottenuto l’appoggio logistico dei partner europei (e non solo, anche Cina e Russia erano favorevoli), tale però proprio perché nessun altro era disposto a un intervento diretto, sempre difficile da giustificare davanti alla propria opinione interna. L’impossibilità di usare forze comuni anche in una situazione così adatta al loro impiego rimarca la debolezza della Politica Comune di Sicurezza e Difesa (PCSD), della quale i BG sono uno strumento sicuramente potenzialmente efficace, ma nella pratica spuntato.
Lorenzo Nannetti