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La geopolitica del pallone e le dittature

Il rapporto tra calcio e politica, durante questi Mondiali, è un tema che stiamo trattando con la nostra rubrica "il Caffè Mondiale". Andiamo ad analizzare, prendendo spunto da un video che circola sulla rete, come il calcio può essere usato dai regimi e come noi stessi possiamo essere influenzati nella percezione di alcune realtà

A guardarlo c’è davvero da non crederci. Un video della tv di Stato della Corea del Nord, che in questi giorni circola in rete, mostra come si sia trasmessa a Pyongyang la partita di calcio Corea del Nord – Brasile, che i Coreani hanno perso per 2 – 1, ma dopo una prestazione a suo modo da incorniciare. Essere l’ultima squadra del ranking FIFA al mondo, infatti, e arrivare ad un passo dal costringere il Brasile, la più titolata al mondo, ad un pareggio, sarebbe stato un risultato destinato ad entrare dritto dritto nella storia dei Mondiali di calcio. Così non è andata, ma davvero grande rispetto per la Corea del Nord, che per qualche minuto ci ha fatto pensare “siamo tutti Nord-coreani”…

La squadra coreana era vista, dai telespettarori, con ancora più simpatia perché, oltre alla simpatia naturale ispirata dal più debole, dal Davide che affronta Golia, si aggiungeva una sorta di sentimento di tenerezza verso quei giocatori che stavano vivendo un momento importantissimo della loro vita, non solo calcistica, se si pensa al regime cui devono essere sottoposti in casa, quotidianamente. La mente, almeno la mia, è andata agli atleti iracheni che Saddam Hussein faceva imprigionare, torturare e, nei casi limite, condannare a morte, perché autori magari di un autogol o perché non avevano fatto fare bella figura all’Iraq nelle competizioni internazionali. Ecco, senza sapere se i calciatori della Corea del Nord andasero o meno incontro a simili destini, comunque ho avuto un moto spontaneo di simpatia in più, verso questa squadra.

E torniamo alla TV nord-coreana. Un viedo, mandato in onda il giorno dopo e non in diretta, mostra le immagini andate in onda a Pyongyang, in cui si vede la squadra asiatica fare grandi azioni corali (immagini montate ad arte, che escludevano le azioni brasiliane), con commenti di sottofondo che assumono toni trionfalistici del tipo “i nostri coraggiosissimi ragazzi”, “il Brasile è alle strette, li stiamo distruggendo” e così via. Il gol coreano, quello del 2-1, è raccontato come il gol dell’1-0 e i due gol brasiliani vengono censurati. Alla fine, si vedono i giocatori esultare e il pubblico in festa (sono le immagini dell’esultanza del gol della Corea del Nord, appunto) e in sovraimpressione passa la scritta: “risultato finale 1-0”. Per la Corea del Nord chiaramente. Alla fine addirittura la commentatrice dalla studio, si lascia andare alla “notizia” che la Corea del Nord è campione del mondo.

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Ora, il video potrebbe benissimo essere un falso, non lo sappiamo. Ma per quelle che sono le condizioni di vita e di isolamento della Corea del Nord, potrebbe anche benissimo essere tutto vero. E di nuovo si proporrebbe il tema della geopolitica del calcio. Il calcio, un Mondiale di calcio anzi, come vetrina per i leader tirannici del pianeta. Perché no, è sempre accaduto. Ciò che sembra incredibile, nel mondo globalizzato del XXI° secolo, è come un regime possa arrivare a ridurre i propri abitanti (sudditi) a una sitiuazione di tale isolamento dal resto del mondo, da falsificare addirittura il risultato di una partita di calcio. Che il calcio a questi livelli fosse anche politica, non è un fatto nuovo. L’Italia fascista nel 1934 ospitava un Mondiale e, guarda caso, lo vinceva. Stessa cosa dicasi per il cosiddetto “Mondiale dei Colonnelli” del 1978, organizzato nell’Argentina della giunta golpista e immancabilmente vinto dai padroni di casa. Clamorosa rimane la partita Argentina – Perù, ultima partita del gruppo per guadagnare la finale. I padroni di casa avrebbero dovuto vincere, per superare la differenza reti della concorrente Brasile, con 3 gol di scarto, ma segnandone almeno 4. Risultato: 6 – 0. Ma in questi casi, si tratta di partite probabilmente truccate ad arte. Oggi in Corea del Nord, invece, non si influenza il corso della partita, ma si dà semplicemente una notizia falsa che, in quei 120.000 chilometri quadrati, dovrebbe risultare essere vera. E il calcio è di nuovo arma politica, ad uso interno.

E pensare che, agli occhi di tutto il resto del mondo, la Corea del Nord, nella partita contro il Brasile, è stata eroica comunque, anche se ha perso. Che perdesse era chiaro, ma vedere con quanta grinta abbia giocato e constarare che è arrivata a davvero un passo dall’inchiodare i Brasiliani al pareggio, ha fatto sì che quella squadra fosse osannata, fuori la propria patria, come una vincitrice. Questo è il paradosso: descrivere la realtà per come è stata, sarebbe bastato per dare l’idea di quanto sia stata importante la prestazione della squadra nord-coreana all’esordio mondiale contro il Brasile. Invece no. La prerogativa dei tiranni e dei dittatori è sempre e solo una: l’iperbole. Esagerare, esagerare, esagerare. A tal punto che forse gli stessi Nord-coreani rischiano di non crederci davvero. La dittatura invece è vera, verissima. A tal punto che, anche se il video fosse un falso (ripeto: probabile), noi possiamo benissimo ritenere che sia vero. La realtà si stravolge sotto i calci di una partita dei Mondiali. Questa è la geopolitica del pallone.

Stefano Torelli

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