Da sempre il Mar Nero è una via di comunicazione importante tra diverse realtà geopolitiche. Storicamente questo bacino semichiuso ha collegato imperi e civiltà: il mondo ellenico con il mondo persiano, quello musulmano con quello cristiano-ortodosso, più recentemente lo spazio sovietico con il Medio Oriente. Oggi è uno degli snodi nevralgici per quanto riguarda il trasporto verso l'Europa di risorse energiche provenienti dall'Asia Centrale, nonché un'area caratterizzata da tensioni latenti.
L’IMPORTANZA GEOPOLITICA DEL MAR NERO – Dalla caduta del blocco sovietico l’area intorno alle coste del Mar Nero è stata interessata da numerosi cambiamenti: innanzitutto, dopo 70 anni in cui a regnare sulle acque al di là del Bosforo erano sostanzialmente due entità, il blocco sovietico e la Turchia, dagli anni ’90 hanno incominciato a far sentire la propria voce nuove realtà statali, insieme ad altre più vecchie liberate dal controllo sovietico. Il gioco si è complicato e si è fatto molto più instabile. La disgregazione dell’URSS ha anche aperto la strada al commercio verso l’Europa delle immense riserve energetiche dell’area centro-asiatica. Il Mar Nero costituisce la naturale via di collegamento tra queste zone ricche di risorse e l’occidente industrializzato affamato di gas e petrolio. Sotto il profilo della sicurezza, nell’ultimo decennio nella regione si è diffusa una certa instabilità come dimostrano le vicende della Transnistria, dell’Abkhazia, dell’Ossezia, del Nagorno-Karabakh. Si è registrata una conflittualità crescente fomentata dal diffondersi di movimenti indipendentisti e religiosi fondamentalisti. Da sottolineare inoltre come la Romania, dalla sua entrata nell’Unione Europea nel 2007, sia diventato il confine ultimo europeo verso le turbolente, ma ricche, aree del centroasia. Di conseguenza ha assunto una notevole importanza nel meccanismo di sicurezza europeo e non solo. La Romania gioca anche un ruolo nel confronto tra Stati Uniti e Russia, che per motivi geostrategici sono interessate a un controllo sull’Asia centrale.
LA QUESTIONE ENERGETICA – Come già spiegato, attraverso il Mar Nero e nella regione circostante passano importanti vie energetiche. La Romania viene solo lambita dagli enormi progetti di gasdotti che interessano l’area. In quanto Stato rivierasco anche su di essa graveranno importanti responsabilità per la sicurezza delle vie di approvvigionamento verso l’Europa. I due principali, e concorrenti, progetti sono: il South Stream, patrocinato da Mosca, e il Nabucco, voluto da Washington. In entrambi i casi si tratta di condotti che dovrebbero trasportare gas direttamente nell’Europa centrale. Nel primo dei due progetti il gas arriverebbe dalla Russia e attraversando il Mar Nero giungerebbe in Bulgaria, per poi, attraverso Serbia e Ungheria, giungere a destinazione in Austria e rifornire le reti europee esistenti. Il progetto russo bypasserebbe quindi la Romania. Nel caso del gasdotto Nabucco il percorso partirebbe da Baku e arriverebbe in Austria attraverso Turchia, Bulgaria, Romania e Ungheria. I due percorsi sono studiati in base a circostanze geopolitiche, oltre che economiche. Le due potenze che sponsorizzano i due progetti favoriscono il percorso che passa attraverso i territori dei rispettivi alleati. Al momento i due progetti sono ancora sulla carta. Vista la mole degli investimenti e la grandezza degli interventi sarà difficile che vengano entrambi realizzati. Chiaramente, nel caso vincesse l’idea russa, la Romania verrebbe tagliata fuori. Quale che sarà la vincente tra le due iniziative, la costruzione del nuovo collegamento tra fornitori e consumatori di energia aumenterà esponenzialmente l’importanza strategica dell’area. La Romania, in quanto membro dell’Unione Europea e della NATO avrà indubbiamente maggiori responsabilità nel garantire la sicurezza delle nuove vie del gas ed a prescindere che il condotto percorra o lambisca il suo territorio.
FOCOLAI DI INSTABILITÀ DELL’AREA DEL MAR NERO – Una possibile minaccia alla sicurezza dell’area è costituita dalla presenza nella regione di entità para-statali e da movimenti armati indipendentisti, come dimostrato dalla recente guerra del 2008 tra Georgia e Russia, scatenata dalla questione dell’Ossezia del sud. Al momento l’Ossezia del sud e l’Abkhazia (che ha un notevole litorale sul Mar Nero), regioni secessioniste della Georgia, hanno uno status indefinito e si reggono sull’appoggio militare e politico della Russia. Lo stesso dicasi per la Transnistria (una scheda dedicata verrà pubblicata in questo speciale), piccola striscia di terra tra il confine moldavo e ucraino, che ospita importanti infrastrutture militari russe. Queste realtà incerte, governate da leadership poco trasparenti, legate indissolubilmente ai protettori al Cremlino, concorrono ad una certa instabilità dell’area, già minacciata dalla presenza di importanti reti criminali e dalla vicinanza a focolai dell’insurrezione islamica integralista nel Caucaso e in Asia centrale. L’appoggio che Mosca continua a dare ai movimenti indipendentisti filo russi, inquina i rapporti con gli altri stati dell’area e il timore degli stati ex sovietici è sempre quello di vedere risorgere l’imperialismo russo. Sarà importante vedere quindi come verranno risolte, se lo verranno, le questioni dello status di questi territori, e se Abkhazia, Ossezia e Transnistria diventeranno un modello da seguire per il sorgere di nuovi movimenti secessionisti e nuove rivendicazioni con l’appoggio di Mosca.
LA ROMANIA TRA USA E RUSSIA – La Romania svolge un ruolo importante anche nel confronto tra Usa e Russia sui temi della sicurezza e della difesa. Con l’ingresso del Paese nella Ue e nella NATO e il conseguente configurarsi della Romania come parte della frontiera orientale di queste due organizzazioni, Bucarest ha iniziato una riorganizzazione ed un riammodernamento delle proprie forze armate, con il consistente aiuto degli Stati Uniti. La partnership tra Washington e Bucarest in tema di sicurezza è sempre più stretta. La Romania ha partecipato alla missione internazionale in Iraq ed è tutt’ora impegnata in Afghanistan. Gli Stati Uniti hanno viceversa aperto numerose basi militari su territorio rumeno. Mosca è abituata a considerare il Mar Nero e le regioni a est della Romania come sua area d’influenza ed è evidente che mal digerisca la presenza sempre più consistente della NATO e dell’esercito americano in quello che considera “il giardino di casa”. La questione più delicata riguarda il cosiddetto “scudo spaziale”. Dopo aver annunciato l’intenzione di abbandonare il progetto voluto da Bush, Obama ha poi deciso di riproporlo in una forma diversa. Le basi missilistiche che avrebbero dovuto sorgere in Repubblica Ceca e Polonia, adesso dovrebbero essere dislocate in Bulgaria e Romania. Nonostante le rassicurazioni di Washington per cui l’ombrello missilistico sarebbe indirizzato a proteggersi da eventuali minacce provenienti dall’Iran, la Russia ha sempre considerato questo sistema di difesa come una minaccia diretta nei propri confronti. Il Primo Ministro romeno Basescu ha accettato di buon grado di ospitare i vettori americani, come di recente ha inaugurato nuove relazioni in ambito militare con Israele, i cui soldati sono stati invitati su suolo romeno per alcune esercitazioni. La Romania vuole evidentemente conquistarsi un posto come migliore alleato dell’occidente per la sicurezza della regione. La leadership di Bucarest ha scelto di sfruttare il momento propizio, in concomitanza con il cambiamento al vertice del potere in Ucraina in direzione filo-russa e la crisi nei rapporti tra Turchia e Israele. Un buon tentativo, ma molto dipenderà dall’andamento del dialogo tra Washington e Mosca, dialogo che ultimamente appare quanto mai cordiale e proficuo per entrambe le parti.
Pietro Costanzo, Jacopo Marazia, Alberto Rossi, Davide Tentori, Stefano Torelli 11 ottobre 2010 [email protected]