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UE: è l’anno dell’Italia (2)

Il Giro del Mondo in 30 Caffè 2014 – Seconda parte della nostra analisi sul semestre italiano come Presidente dell’Unione Europea. Oggi vi spieghiamo in dettaglio in cosa consisterà l’agenda del Governo Letta, che punterà su investimenti per la crescita economica e lo sviluppo di una politica migratoria comune. Le possibilità di incidere sensibilmente in un periodo di tempo ridotto sono però basse

(Seconda parte)

OBIETTIVI POSSIBILI – Detto tutto ciò, rimane il fatto che la presidenza ci sarà e bisognerà gestirla il meglio possibile. Il fatto d’avere come presidente del consiglio una persona rispettata internazionalmente (e che parla le lingue) come Letta è indubbiamente un grande vantaggio di partenza. Nonostante tutti i limiti esposti, alcuni obiettivi possono comunque essere perseguiti e raggiunti.

1. Sulle questioni economiche, la presidenza italiana avrà maggior peso nel creare attorno a sè un consenso di paesi interessati a rettificare l’attuale corso dell’unione economica e monetaria. Importante però che si capisca che non è in discussione, né lo sarà durante la presidenza italiana, una modifica dei trattati, un rilassamento dei criteri di deficit, o il lancio dei famosi (e lontanissimi)  eurobond. La presidenza italiana non ha interesse a cercare una rottura, che avrebbe come solo effetto quello di aumentare i dubbi sull’affidabilità del paese, ma piuttosto a lavorare a una convergenza di misure per stimolare la crescita (in materia di uso dei fondi strutturali, per favorire investimenti e occupazione e magari riuscire a rilanciare il credito bancario, aspetto questo su cui è pero difficile agire prima che sia pienamente operativa l’unione bancaria).

E’ quindi necessario calibrare bene cosa si può ottenere davvero quando si proclama “vogliamo farci sentire in Europa”: i margini sono stretti e certamente non esiste consenso per rivedere trattati e fiscal compact.

2. In questo senso, la presidenza italiana dovrà concentrare i propri sforzi sul compimento delle scadenze previste, proprio nel semestre di presidenza, del meccanismo unico di vigilanza bancaria e del meccanismo unico di risoluzione. Dovrebbe anche cercare di approfittare per definire i cosiddetti partenariati per la crescita, intese cogenti prese con i membri dell’eurozona con il fine d’accompagnare il processo di riforme interne e aiutare a eliminare i disequilibri strutturali che penalizzano attualmente l’eurozona, nel modo più costruttivo possibile. Tali disequilibri non sono causati solo da situazioni fiscali in collisione (nel passato più che nel presente, e per passato parliamo di prima dell’euro, giacché i dati dimostrano che i paesi considerati poco virtuosi hanno generalmente seguito una disciplina fiscale ortodossa), ma da alcune situazioni strutturali.

Se i partenariati per la crescita saranno presi come un’ulteriore riduzione dei margini di discrezionalità per le politiche economiche nazionali, sarà una nuova occasione persa per dare una sterzata all’insoddisfacente situazione attuale.

Se invece la presidenza italiana riuscisse ad agire per rendere questi nuovi “contractual arrangements” degli strumenti davvero cogenti per tutti i paesi dell’eurozona, non centrati solo sui dati di deficit, ma anche su quelli riguardante crescita, occupazione e funzionamento del mercato, e in grado di porre rimedio anche ai disequilibri strutturali dei paesi creditori, essi potrebbero alla fine risultare degli strumenti vincenti per perfezionare il funzionamento dell’eurozona.

D’altronde, è risaputo che lo stimolo europeo è stato per anni il principale vettore per le riforme nel nostro paese: anche se l’immagine dell’UE in Europa si è indebitamente deteriorata per la colpevolizzazione dell’euro, presa da più parti come la ragione unica dei nostri problemi, il metodo rimane valido. Ma sarebbe utile riuscire a proporre e non a subire passivamente la definizione del formato di tali contratti. Convergenze con altri paesi con interessi simili, come Francia o Spagna, sarebbe senza dubbio utile.

In questo senso, la presidenza UE diviene un’occasione per usare di nuovo l’arma europea come uno strumento utile alle nostre riforme.

Il controllo dei confini e la gestione comune delle politiche migratorie sarà una delle priorità del semestre italiano
Il controllo dei confini e la gestione comune delle politiche migratorie sarà una delle priorità del semestre italiano

3. Disoccupazione: essa è provocata dalla bassa crescita, ma abbiamo comunque un problema strutturale che precede la crisi, specie nell’impiego giovanile. La presidenza italiana può offrire una nuova opportunità per saldare riforme interne (a partire dal famoso jobs act) e mercato europeo, usando il semestre per rilanciare il tema a livello UE, facendo un bilancio delle esperienze vincenti a livello continentale, per cercare di riprodurle nel nostro paese. In questo senso, anche se il lavoro da fare è soprattutto interno, importante usare l’Europa come stimolo per cambiare in meglio e non in peggio le nostre regole, per evitare sterili esercizi legislativi avulsi dal contesto in cui ci inseriamo.

4. Migrazioni e frontiere: ci sono forti resistenze a fare uso degli strumenti di politica estera (PESC) per affrontare il problema della fragilità delle frontiere. E’ indubbio che la presidenza italiana non potrà però accantonare il problema: in questo senso, la presidenza potrà fare buon uso della prerogativa rimasta alla presidenza semestrale (proporre un tema in agenda) e insistere sul necessario impegno di altri paesi nello sforzo di controllo del mare mediterraneo, a fini anche umanitari. In una parola, spiegare meglio Mare Nostrum e proporne l’estensione ad altri paesi disposti a collaborare, se non sarà possibile lanciare una missione UE. Tutto ciò nell’ambito del rilancio della politica migratoria interna, un po’ sconnessa attualmente, e del ruolo dell’agenzia FRONTEX, e magari dando seguito ad alcune iniziative della presidenza greca.

5. Fisco: nella sua relazione programmatica sulla presidenza, il governo italiano ha anche annunciato il suo impegno per portare avanti negoziati in materia di coordinamento fiscale, in materia di armonizzazione dei criteri sulle esenzioni, e una maggiore armonizzazione dell’IVA.

Una caratteristica della presidenza italiana sarà il ruolo di Milano, scelta dal governo come sede di diverse riunioni ministeriali e in particolare del vertice UE – ASEM con i paesi dell’Asia: una buona idea, anche in prospettiva EXPO 2015. La visibilità di Milano aumenta: è soprattutto un investimento d’immagine, ma può essere utile.

In conclusione, i margini per una presidenza semestrale si sono drasticamente ridotti: ciò nonostante, rimane qualche aspetto su cui la presidenza italiana può incidere, bisogna selezionarli con realismo: 1. Contribuire a modificare in maniera più utile i nuovi strumenti contrattuali, in modo tale che anche i paesi creditori assumano la loro parte di compiti e non solo i paesi denominati un po’ impropriamente debitori (non dimentichiamo che l’Italia è ancora contribuente netto dell’UE, tra l’altro il terzo in termini assoluti dopo Germania e Francia: altro che regali…);  2. Fare pressione sulle questioni migratorie, magari dando continuità a iniziative della presidenza greca in materia di politica comune d’asilo, visti e politiche migratorie necessarie per affrontare il problema a lungo termine e diminuire la pressione sui paesi in prima linea; 3. Gestire la Presidenza con efficienza, perché in fondo l’immagine del paese è il fattore più importante in gioco: mantenere quindi il semestre completamente fuori dai giochi e dalle manfrine politiche interne, che in Europa nuocciono tremendamente alla reputazione del paese.

Stefano Gatto

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