In 3 sorsi – L’Antartide vive in una calma apparente, al di fuori delle logiche di potere che coinvolgono il resto del mondo. L’ambiguo interesse cinese per il continente e le ultime decisioni del PCC, però, sembrerebbero aver turbato le potenze occidentali.
1. LA REGOLAMENTAZIONE DELL’ANTARTIDE
L’Antartide è uno dei pochi luoghi del globo in cui ogni attività umana è regolamentata da un trattato. Argentina, Australia, Belgio, Cile, Francia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Regno Unito, Russia, Sud Africa, Stati Uniti: questi sono i dodici Stati che nel 1959 decisero di salvaguardare il continente di ghiaccio con l’Antartic Treaty System (ATS), al quale hanno aderito altri quarantuno Paesi entro il 2019.
L’ATS ha un duplice scopo: evita conflitti o attività militari in Antartide e stimola la cooperazione internazionale in materia di ricerca scientifica. Difatti, l’articolo 1 del Trattato Antartico dichiara che “[…] sono autorizzate soltanto attività pacifiche” e sancisce il divieto di portare a termine “[…] tutti i provvedimenti di carattere militare”. Di contro, l’articolo 3 stimola lo scambio di informazioni scientifiche e di personale tecnico tra i Paesi membri.
Inoltre l’ATS prevede l’amministrazione del continente attraverso l’istituto del condominium e ne affida il territorio ai suoi ventinove membri consultivi, di cui sette (Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito) con diritto di rivendicazione territoriale, e ventidue con diverse prerogative di voto e di ricerca scientifica.
Fig. 1 – La base antartica cinese “Grande Muraglia”, situata sull’isola di Re Giorgio
2. L’OMBRA DEL DRAGONE SULL’ANTARTIDE
Se negli anni Novanta i timori principali erano legati ai primi segni del cambiamento climatico, oggi a turbare i Paesi occidentali membri dell’ATS sono anche le possibili implicazioni derivanti presenza cinese sul continente.
L’Antartide è entrata nella sfera d’interesse del PCC gradualmente, in due fasi ben distinte. La prima iniziò nel 1983 con la ratifica del Trattato Antartico e l’acquisizione dello stato consultivo nel 1985, anno in cui venne fondata la prima stazione polare cinese, la Grande Muraglia. Quattro anni più tardi venne realizzata la seconda base, la Zhongshan. Inizialmente le spedizioni cinesi erano dettate soprattutto da orgoglio nazionale: il PCC voleva dimostrare agli Stati occidentali che, nonostante il “Secolo delle umiliazioni”, i cinesi erano in grado di affrontare il continente più avverso del globo. Come punto conclusivo di questa fase vennero fondate le stazioni Kunlun (2009) e Taishan (2014).
La seconda fase è iniziata invece nel 2017. A seguito del 40th Antarctic Treaty Consultative Meeting di Pechino, durante il quale è stato presentato il Libro Bianco sull’Antartide, Xi Jinping ha ambiguamente espresso da un lato la volontà di non alterare lo status quo del continente e, dall’altro, l’interesse geoeconomico per la regione.
Sono due gli elementi di valore per il PCC, e nulla hanno a che fare con le risorse del sottosuolo. Il primo riguarda le ricchezze ittiche dell’Oceano Antartico: i mari freddi pullulano di krill e la Cina necessita di proteine a basso costo per sfamare i ceti più poveri della popolazione. Il secondo elemento è strettamente legato a questioni commerciali. Xi, infatti, ha dichiarato più volte di voler far rientrare l’Antartide nel progetto della Nuova Via della Seta.
Fig. 2 – Il rompighiaccio Xuelong (“Dragone della Neve”), utilizzato dalla Cina per le proprie esplorazioni antartiche
3. DALL’ANTARTIDE ALLE STELLE
L’interesse della Cina verso l’Antartide passa anche per le sue Forze Armate, ed è proprio questo a preoccupare i membri occidentali dell’ATS.
È ormai risaputo che i militari dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) vengano costantemente impiegati presso le stazioni polari cinesi per sviluppare il nuovo sistema di posizionamento satellitare BeiDou. Questo, oltre a sfidare lo statunitense GPS e l’europeo Galileo, avrebbe anche sfumature militari: garantirebbe la facilitazione e l’interferenza di attacchi missilistici di precisione. Inoltre le stesse antenne ad alta frequenza utilizzate per BeiDou sarebbero in grado di bloccare i satelliti polari considerati ostili.
Poiché non ha mai avuto una proiezione antartica e, con tutta probabilità, non rivendicherà una porzione del continente, gli interessi della Cina sono diretti ad assicurarsi di non essere estromessa dall’area in caso di opportunità future di sfruttamento del sottosuolo. Tuttavia bisognerebbe domandarsi se l’interesse strategico cinese per la regione porterà gli Stati Uniti ad allargare lo scontro anche qui, con conseguenze ambientali facilmente immaginabili.
Francesco Russo Di Masi
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