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Internet governance: modelli a confronto

La partita sulla governance di internet sta entrando nel vivo: si definiscono gli schieramenti e si chiariscono le posizioni. Dall’approccio multistakeholder degli Stati Uniti a quello intergovernativo della Cina, cerchiamo di comprendere gli obiettivi degli attori coinvolti.

DEFINIAMO L’INTERNET GOVERNANCE – La rilevanza politica, economica e strategica di internet sta crescendo esponenzialmente, tanto da rendere necessario un ripensamento della governance che regola questo complesso “network di networks“. Il concetto di internet governance, così come definito dal World Summit on the Information Society, riguarda sia la gestione delle risorse tecniche necessarie per la stabilità e il corretto funzionamento della rete, sia i principi, le norme e i comportamenti che emergono dall’uso di internet. Il controllo della parte tecnico-amministrativa, e di conseguenza politica ed economica, spetta all’ICANN (internet Corporation for Assigned Names and Numbers), associazione non lucrativa creata negli anni Novanta al fine di gestire il DNS (Domain Name System) e il meccanismo di connessione tra domini (per esempio ilcaffegeopolitico.org) e indirizzi IP (104.28.12.3-309) alla base di internet. I principi dell’internet governance sono invece a oggi definiti dall’outcome del meeting NET Mundial dello scorso aprile, che ha visto coinvolti gran parte degli stakeholder pubblici e privati di internet per definire linee guida comuni riguardo a tematiche come i diritti umani, la libertà di espressione e di accesso all’informazione, la privacy e la sicurezza.

GESTIONE DEI DOMINI: I DUE APPROCCI – La scorsa primavera ha portato con sé un caldo vento di cambiamenti nell’internet governance: se da una parte si è potuto assistere alla creazione di un documento condiviso, benché non vincolante, come l’Internet Governance Principles del NET Mundial, dall’altra si è annunciato un fondamentale cambiamento nella gestione della parte tecnico-amministrativa della rete. L’ICANN è stata creata come una realtà non governativa che al suo interno potesse rappresentare tutti gli stakeholder di internet, garantendone l’equilibrio, l’indipendenza e la libertà. In realtà l’ICANN ha spesso rappresentato gli interessi delle compagnie private americane e del Governo statunitense, essendo legata a questo tramite un contratto con il dipartimento del Commercio. Tale contratto, ha annunciato il dipartimento nel marzo scorso, sarà lasciato scadere nel settembre 2015, e l’ICANN, raggiunta la maturità, potrà iniziare a essere indipendente. Considerata la criticità politica, economica e strategica dell’infrastruttura internet, sono scaturiti vari dibattiti tra posizioni differenti, polarizzatesi su due approcci diversi alla governance della rete: quello intergovernativo e quello multistakeholder. Se da una parte vi è chi ritiene opportuno che la gestione di internet sia affidata agli Stati e a un ente internazionale come le Nazioni Unite, dall’altra vi è chi sostiene la necessità di garantire la libertà della rete e che la sua governance rispetti gli interessi tanto degli attori pubblici, quanto di quelli privati. Tale confronto procede da tempo: il documento finale del WCIT di Dubai, organizzato dalle Nazioni Unite nel 2012, ha definito un approccio intergovernativo ed è stato ratificato da paesi come Russia, Cina, Arabia Saudita, Iran e Brasile, ma è mancata la firma degli Stati Uniti, del Giappone, del Regno Unito e della maggior parte dei membri dell’Unione europea. I differenti approcci manifestano un diverso rapporto con la rete e la necessità di tutelare i propri specifici interessi.

L'elenco dei Paesi firmatari del documento finale del WCIT di Dubai del 2012. In verde coloro i quali hanno firmato.
L’elenco dei Paesi firmatari del documento finale del WCIT di Dubai del 2012. In verde quelli che l’hanno sottoscritto

GLI USA: APPROCCIO ‘MULTISTAKEHOLDER’ – La posizione degli Stati Uniti è stata chiara. Quando la National Telecommunications and Information Administration (NTIA) ha annunciato la volontà del Governo di lasciar cadere il proprio controllo sull’ICANN, ha limpidamente sottolineato che non verrà accettata alcuna soluzione governativa o intergovernativa che possa minare l’apertura e la libertà di internet. La nuova governance deve quindi continuare a basarsi sul modello multistakeholder, mantenendo la sicurezza e l’indipendenza della rete in base agli interessi degli attori pubblici e privati coinvolti. È richiesto quindi un approccio di network e distribuito. D’altra parte un orientamento intergovernativo non permetterebbe la partecipazione attiva degli attori privati, come le grandi aziende statunitensi che tuttora mantengono la leadership nel mercato e nel controllo strategico dell’informazione. Assicurare un internet aperto e non gestito dagli Stati permetterebbe ancora alle grandi realtà come Google, Facebook e Twitter di conservare il controllo sui dati e di integrarsi nelle strategie di intelligence e militari americane, funzionando per esempio come strumento di “promozione della democrazia”, di smart power e come rete di supporto informatico ai dissidenti in Paesi con regimi ostili.

BRASILE, USA E L’AFFAIRE NSA – Se gli Stati Uniti hanno necessità di conservare l’internet governance così come si presenta oggi, perché è stata annunciata la volontà di far scadere il mandato che assicurasse la supervisione sulle attività dell’ICANN? Il caso del Brasile potrebbe fornire una risposta. Edward Snowden, nella famosa fuga di notizie del 2013, ha mostrato le prove del controllo globale delle informazioni da parte dell’NSA. Tra i Paesi nel mirino dell’intelligence statunitense vi era anche il Brasile, con i suoi leader. La presidente Rousseff non l’ha presa nel migliore dei modi: dopo aver annullato una visita ufficiale a Washington, ha dichiarato la volontà di liberare la rete informatica brasiliana dal controllo statunitense. A tale scopo ha annunciato una serie di misure, tanto ambiziose quanto discutibili, che vanno dalla costruzione di infrastrutture fisiche per il passaggio diretto di dati dal Sud America all’Europa, alla creazione di un servizio di e-mail nazionale criptato, alla richiesta alle grandi firm di internet, come Facebook e Google, di mantenere i dati degli utenti brasiliani all’interno di server nel territorio del Brasile. La richiesta di cyber-sovranità nazionale brasiliana si accompagna al risentimento di molti Governi in seguito alle dichiarazioni di Snowden. Nonostante il Governo statunitense abbia affermato che la volontà di lasciare andare l’ICANN per la propria strada fosse sempre stata alla base dell’idea americana dell’internet governance, la maturità dell’Internet Coroporation for Assigned Name and Numbers è stata riconosciuta solamente in seguito alla fuga di notizie riguardanti l’NSA. A detta di molti potrebbe quindi essere considerata un’agile mossa degli USA per mostrarsi ufficialmente separati dal punto di vista governativo dalle decisioni dell’internet governance, pur garantendo un ruolo di primo piano agli attori privati statunitensi.

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Postazione di lavoro dell’NSA statunitense

CINA, L’APPROCCIO INTERGOVERNATIVO – Nella fazione degli Stati che prediligono un approccio intergovernativo all’internet governance è facile trovare un filo conduttore: molte sono realtà che avrebbero necessità di una maggior tenuta governativa sulla rete al fine di controllare il dissenso e organizzare il consenso all’interno del proprio Paese. Tra essi un ruolo da leader lo ricopre la Cina, con i suoi milioni di utenti connessi. Freedom House ha dimostrato lo scorso anno che internet viene usato in Cina come strumento di sorveglianza e soppressione del dissenso politico e dell’attivismo civico. In Cina, insomma, la strada è già stata definita, ed è quella della creazione di una rete nazionale distinta, in cui l’informazione non circoli liberamente. Il Governo di Pechino sta da tempo affinando le proprie capacità di controllo dell’informazione e di gestione dello spazio cibernetico, proiettandole sia verso l’esterno (i cyber-attack nei confronti degli Stati Uniti sono all’ordine del giorno) che all’interno dei propri confini, con risultati convincenti. È notizia recente, per esempio, che l’applicazione per smartphone scaricata da molti dei dissidenti di Hong Kong al fine di organizzare la loro protesta sia in realtà un software governativo in grado di schedare i contestatori, gestire i loro spostamenti e controllare le loro comunicazioni. Non sorprende che anche in molte delle questioni dell’internet governance, la posizione cinese sia diametralmente opposta a quella statunitense.

Marco Spada

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in più
Sul sito di Netmundial è possibile consultare il documento finale riguardante i principi dell’internet governance e la roadmap per definire la strada da intraprendere nel futuro. La bozza dell’accordo, discusso in sede di incontro, è stata redatta grazie ai 1.370 commenti-contributi forniti dagli utenti del web. [/box]

 

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Marco Spada

Nativo digitale, nostalgico analogico; classe ’86, romano, ex difensore dai piedi buoni. Appassionato di politica internazionale, di cucina, di calcio e di tutte le loro naturali degenerazioni. Laureato in Relazioni Internazionali con una tesi riguardante la guerra cibernetica. Il mio percorso di studi, anche al di fuori del curriculum accademico, si è focalizzato sui conflitti, sulla strategia e sulle tematiche di sicurezza

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