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Pagati per combattere

Il “mestiere delle armi”, che per secoli ha costituito una risorsa militare di primo piano, ha subito una radicale trasformazione. Dalla figura stereotipata del mercenario si è passati a quella del contractor, operatore privato della sicurezza che offre alla luce del sole servizi di natura militare a Stati e aziende. La privatizzazione della guerra è alle porte?

 

 

UN MESTIERE ANTICO – Il ricorso a truppe mercenarie, composte da gruppi di persone che traggono profitto dall’esercizio dell’arte militare condotta per scopi privati, è un elemento che accomuna, nel tempo e nello spazio, società completamente diverse. La prima testimonianza storica risale alla battaglia di Kadesh (1284 a.C.), durante la quale il faraone egiziano Ramses II utilizzò gruppi combattenti a pagamento per contrastare le forze ittite del re Muwatalli II. Successivamente il ricorso a formazioni private di soldati è presente, in pratica, in tutte le epoche: dalla Roma repubblicana al Medioevo, dal Rinascimento al secolo dei Lumi fino ai giorni nostri.

 

DAL MERCENARIO…. – L’immagine tipica del mercenario, però, è quella legata ai processi di decolonizzazione che hanno interessato il continente africano durante gli anni ‘60-‘70 del XX secolo. Nell’ambito di un sistema internazionale bipolare caratterizzato dalla guerra fredda, il reclutamento di questi uomini è stato favorito dal blocco occidentale e da quello sovietico per evitare la caduta delle ex colonie nella sfera politica di influenza dell’avversario. I “soldati di ventura”, quindi, hanno combattuto sia contro che a favore dei movimenti di liberazione nazionale, mettendo in evidenza un elemento peculiare del loro coinvolgimento: l’assunzione della guerra come stile di vita. Caratteristiche distintive di questa tipologia di soggetti erano il reclutamento clandestino rivolto principalmente a ex soldati, la mancanza dell’addestramento di gruppo e il guadagno economico personale.

 

AL CONTRACTORDopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda, si è assistito soprattutto nei Paesi occidentali alla privatizzazione di interi settori, incluso quello della difesa. Gli Stati Uniti sono stati tra i primi a “esternalizzare” il comparto militare e l’outsourcing ha interessato inizialmente la logistica. Nell’arco di pochi anni si sono sviluppate delle società, le Private military companies (PMC), in grado di offrire servizi di logistica, di manutenzione degli armamenti, consulenza, addestramento e sicurezza, ricorrendo a uomini, i contractors, provenienti generalmente dalle forze armate di svariati Paesi. Le PMC sono caratterizzate da una struttura molto snella – composta da un quadro dirigente che ingaggia operatori in base alle necessità del committente – e dalla possibilità di offrire servizi specifici, sia a Stati che a privati, relativi all’intera filiera militare fino al campo di battaglia. Ne sono un esempio le americane DynCorp,  Vinnell, Blackwater (ora Academi) e Halliburton – quest’ultima coinvolta in uno scaldalo di bustarelle legate alla ricostruzione in Iraq – largamente impiegate dal governo statunitense nel teatro mediorientale e asiatico. I ricavi molto elevati di queste compagnie hanno destato l’interesse di holdings e attori economici di primo piano del mercato finanziario che spesso le hanno acquistate. Le PMC, inoltre, per propria natura sono strutturate in reti di aziende con interessi differenziati che molto spesso hanno un legame stretto con le commissioni militari, come nel caso emblematico della società sudafricana Executive Outcomes (EO).

 

HAVE GUN, WILL TRAVEL (SE HAI UN’ARMA, POTRAI VIAGGIARE) – Attiva dal 1989 al 1998, EO è stata fondata da Eeben Barlow, ex tenente colonnello dell’esercito sudafricano, per fornire un servizio di consulenza militare ai governi riconosciuti del Continente nero. Questa PMC ha raggiunto la notorietà per i suoi interventi in Angola (1993) a sostegno del presidente Dos Santos, contro le milizie dell’UNITA  (União Nacional para a Independência Total de Angola), e in Sierra Leone (1995-1996) su richiesta del presidente Momoh, contro il RUF (Revolutionary united front). Le forze di EO, composte principalmente da sudafricani provenienti dal famigerato Battaglione 32 e da altre forze speciali, hanno svolto un ruolo determinante in questi conflitti ribaltandone le sorti, tanto che la loro uscita dai due Stati africani è stata considerata come una condizione imprescindibile tra le parti per la firma dei trattati di pace. Il carattere imprenditoriale e corporativo di Executive Outcomes, archetipo di PMC votata al supporto militare diretto, è emerso dalla forma di pagamento prescelta che prevedeva non solo danaro ma anche concessioni minerarie e petrolifere, gestite da proprie società satelliti come la Petroleum Ltd. Il sistema reticolare di aziende legate a EO non è venuta meno neanche dopo il suo ritiro dall’attività, coinciso con l’approvazione, da parte del Parlamento di Pretoria, della legge Foreign Military Assistance Act” che mise al bando le PMC in Sudafrica.

 

LE PMC IN ITALIA – Il mercato della sicurezza è diventato di attualità nel nostro Paese a seguito del rapimento in Iraq – avvenuto il 13 aprile 2004 – di quattro contractors italiani, conclusosi con la tragica esecuzione di uno di loro e la liberazione degli altri. Il risk management italiano in quegli anni muoveva i primi passi, allettato dalle opportunità offerte dal conflitto iracheno, ma la preparazione degli operatori e le strutturazioni societarie erano ancora arretrate, salvo poche eccezioni, e attualmente cerca di recuperare il ritardo accumulato. Non bisogna dimenticare, comunque, che nel nostro Paese l’attività mercenaria “classica” è vietata ai sensi dell’articolo 288 del codice penale secondo il quale “chiunque, nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da tre a sei anni. La pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.” Questa disposizione, però, è del tutto inadeguata nel caso delle PMC che possono fornire servizi a privati. Risulta evidente, quindi, la necessità di regolamentare sia a livello nazionale che internazionale il fenomeno delle PMC, per evitare l’esistenza di zone d’ombra in grado di minare la sovranità statale e produrre pericolosi intrecci di interessi visto il loro recente coinvolgimento in attività di peacekeeping e la collaborazione con organizzazioni umanitarie.

 

Francesco Tucci

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Francesco Tucci
Francesco Tucci

Sono un giornalista professionista laureato in Scienze politiche. Specializzato in diritto parlamentare, ho lavorato alla Camera dei deputati dopo essere approdato ad alcune agenzie stampa. Da sempre interessato alle dinamiche geopolitiche e militari estranee “all’orticello di casa”, ho collaborato con il Centro Studi Internazionali (Ce.S.I) e con il Caffe’ Geopolitico per cercare di svelare le strategie dei principali attori internazionali.

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