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La nomination repubblicana tra Iowa e New Hampshire

A tre settimane dall’inizio delle primarie, lo scontro per la conquista della nomination repubblicana tende a farsi sempre più serrato tra i dodici contendenti rimasti in corsa. Uno scontro tanto più duro per quel che riguarda i due Stati in cui la competizione elettorale avrà ufficialmente inizio: Iowa e New Hampshire. Due realtà dalle fisionomie molto differenti.

DUELLO IN IOWA – Storicamente l’Hawkeye State ospita un caucus: l’assemblea chiusa degli attivisti di partito, che tende dunque a favorire i candidati piĂą radicali (non a caso, nel 2008, vi vinse Mike Huckabee e, nel 2012, Rick Santorum: entrambi esponenti della destra religiosa). Per quasi tutto l’autunno, il primato qui è stato detenuto da Donald Trump, che nel suo radicalismo (soprattutto in tema di immigrazione) ha saputo via via raccogliere ampi consensi da parte delle frange conservatrici.
Sennonché, a partire da metà dicembre, ha iniziato a palesarsi l’ascesa del senatore texano, Ted Cruz: vicino agli ambienti della destra religiosa e del Tea Party, Cruz è riuscito sempre più ad imporsi come candidato ideale per il fronte conservatore, nelle sue innumerevoli crociate (dall’aborto all’immigrazione, passando per il gun control). Un successo garantitogli da tutto quell’elettorato anti-sistema che non gradisce ciononostante gli eccessi retorici di Trump. E difatti, a oggi, i sondaggi danno il senatore come front runner in Iowa con il 30,8% dei consensi (seguìto dal magnate, collocato intorno al 27).
Ma non è ancora detta l’ultima parola. Nonostante il vantaggio acquisito, sulla strada di Cruz si stagliano due grattacapi potenzialmente fatali. Innanzitutto, la strenua opposizione della lobby pro-etanolo America’s Renewable Future (particolarmente forte in Iowa). In America esiste difatti uno standard federale che, in nome delle energie rinnovabili, obbliga le aziende produttrici di carburante a utilizzare vari tipi di miscela, alcuni dei quali a partire dall’etanolo. Una sostanza derivata dal granturco: quel granturco che rappresenta una delle maggiori colture presenti in Iowa. Cruz in Senato si è sempre opposto a questo standard. E Trump non ha perso tempo, tacciandolo di essere al soldo delle compagnie petrolifere e di costituire pertanto una minaccia per l’economia dell’Hawkeye State.
In secondo luogo, il miliardario ha recentemente attaccato Cruz, mettendo in questione la sua eleggibilità alla presidenza degli Stati Uniti. Il senatore è difatti nato in Canada, da padre cubano e madre (pare) statunitense. Fatto già noto, su cui tuttavia Trump è abilmente riuscito a sollevare l’ennesimo polverone mediatico. E anche qualora la faccenda finisse con il risolversi giuridicamente in un nulla di fatto, non è detto che non possa comunque mettere i bastoni tra le ruote alla corsa del rampante senatore.

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Fig. 1 – Il senatore texano Ted Cruz

GUERRA IN NEW HAMPSHIRE – Situazione differente in New Hampshire. Per quanto i sondaggi vi diano attualmente in testa Trump (con il 28,2% dei consensi), è improbabile che il magnate possa qui effettivamente vincere. Storicamente, il Granite State si è difatti contraddistinto per un voto di tendenza moderata, in parte dovuto anche al sistema elettorale adottato: quello delle primarie aperte. Un sistema maggiormente propenso ad attirare i voti del centro e degli indipendenti.
E difatti qui la corsa sarebbe a quattro, tra i maggiori rappresentanti dell’establishment repubblicano: il governatore del New Jersey, Chris Christie; l’ex governatore della Florida, Jeb Bush; il governatore dell’Ohio, John Kasich; il senatore della Florida, Marco Rubio. I quattro (chi più chi meno) stanno battendo palmo a palmo da settimane il territorio: sanno difatti benissimo di avere la vittoria pressoché automaticamente preclusa in uno Stato ultraconservatore come l’Iowa e per questo la cercano nel Granite State, ciascuno tentando di conquistarsi la leadership del fronte moderato.
Ex front runner e distintosi per una campagna sino ad oggi fallimentare, Bush sta mobilitando in loco l’intera potenza del suo network familiare (dai grandi finanziatori ai piccoli attivisti), connettendo il tutto a una strategia comunicativa che lo dipinga al contempo come uomo del popolo e candidato vigoroso, in grado di risollevarsi dalle avversità (una comeback strategy, sul modello di quella adottata da John McCain in occasione delle primarie repubblicane del 2008).
Anche Chris Christie si sta dando da fare. Se da una parte cerca infatti di guadagnarsi un posizionamento accettabile in Iowa (corteggiando l’establishment partitico locale), dall’altra è sul New Hampshire che ha ormai da settimane puntato tutto. E con un certo successo anche, essendo riuscito a risollevare una campagna partita malissimo, grazie all’organizzazione di numerosi eventi elettorali sul territorio e spostando un po’ a destra la propria immagine tradizionalmente centrista (dai rapporti con l’Islam al gun control).
Poi abbiamo John Kasich: il più a sinistra tra i quattro. Non è ben chiaro quanto questa sua collocazione possa riuscirgli vantaggiosa: e non solo nel Granite State quanto, più in generale, nella conquista della nomination. Questo perché la storia mostra come chi vinca in New Hampshire sia tendenzialmente favorito nel vincere poi la nomination (pensiamo a Romney nel 2012 e a McCain nel 2008). Certo è che se per ipotesi fosse Kasich ad accedere alla general election potrebbe avere maggiori chances per far sì che l’Ohio (il fondamentale Ohio!) passi al GOP. Ma dall’altra parte, è difficile che un maverick del genere possa trovare l’appoggio delle frange conservatrici.
Infine troviamo l’incognita di Marco Rubio. Giovane senatore di ascendenze centriste (è stato il pupillo di Jeb Bush), ha cercato in questi mesi di spostarsi a destra su svariate questioni (in particolare i temi eticamente sensibili). Sulla carta ha il potenziale del federatore, essendo virtualmente in grado di attrarre voti trasversali in seno all’ampio universo ideologico dell’elefantino: compattandoli nel suo ambizioso programma per la realizzazione di un New American Century (tanto che potrebbe risultare seriamente in corsa anche per l’Iowa).

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Fig. 2 – Marco Rubio ha buone chances di vincere la nomination repubblicana?

Il problema è però qui la sua campagna elettorale. Abile retore e ottimo comunicatore, ha sostenuto brillanti performance durante i confronti televisivi con i rivali. Sennonché, a questa notorietà mediatica, non sembra aver fatto seguito un’adeguata presenza sul territorio: elemento, che lo sta sempre più dipingendo come candidato algido e odiosamente aristocratico. Un fattore che gli sta attirando ampie critiche non soltanto (scontatamente) dai suoi rivali (Christie in primis) ma anche dalla base dei sostenitori che gli chiede una maggiore presenza in loco. E non è escluso che un simile atteggiamento possa finire col fargli dilapidare il forte consenso attualmente registrato nei sondaggi (è terzo in Iowa al 12% e secondo in New Hampshire al 14).

E, a tre settimane dall’inizio delle primarie, l’incertezza in casa repubblicana è totale.

Stefano Graziosi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””] Un chicco in piĂą

Il 1 febbraio 2016 si terrĂ  il caucus dell’Iowa: il Partito Repubblicano mette in palio 30 delegati. Il 9 febbraio 2016 si terranno le primarie del New Hampshire: qui i delegati sono 23. [/box]

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Stefano Graziosi
Stefano Graziosi

Nato a Roma nel 1990, mi sono laureato in Filosofia politica con una tesi sul pensiero di Leo Strauss. Collaboro con varie testate, occupandomi prevalentemente di politica americana. In particolare, studio le articolazioni ideologiche in seno al Partito Repubblicano statunitense.

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