La storia di Mam Sonando, 71 anni, condannato a vent’anni di prigione in ottobre per «secessione». Per assistere in diretta al processo del proprietario di una delle più importanti radio dell’opposizione, Beehive Radio FM 105, bisogna recarsi di persona al Ministero di Giustizia. Questo, tanto per ricordare i legami tra il governo e i giudici della Cambogia.
Prima di incrociare gli sguardi di quelli venuti a “metter pressione”, bisognerà farsi largo fra tre cordoni di polizia. Caschi e manganelli sono tanti quante le persone venute a sostenere il condannato.
UN PROCESSO A PHNOM PENH – I tumulti tanto attesi non si verificano. Un sentimento di stanchezza ha preso il sopravvento, di fronte a una Giustizia paralizzata. I manifestanti si sono seduti. I fotografi pure. I poliziotti danno loro le spalle, per guardare i video sui loro nuovi telefonini.
Arriva un furgone, che abbandona Mam Sonando di fronte agli scatti e ai flash, prima di essere condotto in una stanza dalle imposte chiuse, lontano dai suoi sostenitori. Sua moglie è seduta in prima fila, paziente e inquieta. “Spero sempre”, dice in un francese perfetto.
Le grida dei fotografi si fanno sentire, e Mam Sonando si muove verso il banco degli accusati. Il suo stato di salute è incerto; smagrito, i capelli ancora scuri, giura che non lascerà il paese se verrà rilasciato. Il suo avvocato aggiunge che non parlerà con i giornalisti. Dall’altra parte, il procuratore, vestito di rosso e bianco, simile a un giudice, ripete che il dossier contiene già tutte le prove della sua colpevolezza. Senza far caso a Sa Sovan, l’avvocato di Mam Sonando, ricorda alla corte che non sono lì per confermare la decisione presa il 1° ottobre, ma per rivalutarla: “altrimenti, questa seduta non serve a nulla”, spiega.
“STANNO CHIAMANDO I PIANI ALTI” – Il processo va avanti a lungo. “Stanno chiamando i piani alti, per sapere cosa devono fare”, dice qualcuno. “Ci fanno credere che stanno discutendo del caso, perché ci sono degli stranieri in sala”, assicura un altro. In effetti, una trentina di “stranieri” ha trovato posto in sala. L’ambasciata del Regno Unito è stata messa a destra di Amnesty International. La squadra del Centro per i diritti dell’uomo in Cambogia (CCHR) è quasi al completo. Sono loro che avevano aiutato la difesa di Mam Sonando in prima istanza. Il suo direttore è già sotto processo nel Nord-Est del paese (provincia del Ratanakiri) per aver organizzato un forum per mettere in comunicazione i membri di una comunità isolata con le autoorità. L’ambasciata francese si fa discreta, in fondo a destra.
Mam Sonando non è solo un khmer; è anche francese, e ha ancora un passaporto che lo dimostra. Il ruolo dell’ambasciata è discreto, ma decisivo. Durante questi minuti di caos, ciascuno viene a testimoniare il suo sostegno a Mam Sonando. Egli si muove verso il pubblico per ringraziare. Mentre fa proseliti, il procuratore riacquista la calma e rilegge il codice penale dall’alto dello scranno.
VENT’ANNI LONTANO DALL’OPINIONE PUBBLICA – Mam Sonando è stato condannato a 20 anni di prigione in seguito a quattro capi di accusa: aver fomentato un movimento di opposizione ai rappresentanti del governo; insurrezione e intromissione illegale nell’attività pubblica, incitazione al porto illegale di armi e resistenza a pubblico ufficiale, attività vietate da diversi articoli del codice penale. Mam Sonando dovrà restare in prigione perché la sua liberazione è troppo rischiosa: potrebbe influenzare l’opinione pubblica. Una condanna a vent’anni di prigione non la si elimina facilmente. Il giudice lo invita a rimettersi la sua divisa blu da prigioniero per questa buona ragione, l’unica in grado di giustificare una pena così lunga.
Malgrado la disillusione diffusa in sala e l’indignazione dell’organizzazioni locali, l’avvocato fa presente che “è la prima volta, nella storia della giustizia della Cambogia, che una corte d’appello fa il suo lavoro, su una sentenza di primo grado”. C’è di che avere fiducia.
L’articolo originale, in francese: Cozerie sur Mam Sonando. Traduzione di Jacopo Franchi.
Foto di copertina: pagina Facebook Sonando Mam.