In 3 sorsi – Dopo mesi di tensioni iniziate a maggio e mai superate, la situazione al confine tra Thailandia e Cambogia è precipitata. In pochi giorni, scontri armati, evacuazioni di massa e minacce reciproche hanno riportato il rischio di un conflitto aperto nel cuore del Sud-est asiatico. Tuttavia, uno spiraglio si è aperto nelle ultime ore grazie a un accordo mediato a livello regionale.
1. TENSIONI DI CONFINE E RIVALITĂ€ DINASTICHE
Le radici della crisi risalgono a molto tempo fa. Thailandia e Cambogia condividono una lunga e tormentata storia di rivendicazioni territoriali, in particolare attorno al tempio di Preah Vihear, ma ciò che rende la situazione attuale così delicata è la combinazione tra tensioni militari, rivalità personali e dinamiche interne. Tutto è cominciato a maggio, con uno scontro nella zona di Chang Bok in cui hanno perso la vita almeno sei soldati (secondo fonti internazionali). Anche se gli scontri sono stati inizialmente minimizzati, lo scambio di accuse ha peggiorato la situazione.
La Cambogia, guidata da Hun Manet – figlio dell’ex premier Hun Sen – ha accusato la Thailandia di aver oltrepassato il confine e di sostenere oppositori politici cambogiani. Dal canto suo, il Governo thailandese ha puntato il dito contro presunte incursioni cambogiane e attività di spionaggio, parlando di “minacce alla propria sicurezza nazionale”. Le dichiarazioni di Hun Sen in Cambogia e della premier thailandese Paetongtarn Shinawatra – anch’essa erede di una dinastia politica controversa – hanno dunque trasformato una crisi militare in una sfida politica personale.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Sfollati cambogiani dalle zone di confine con la Thailandia ricevono i primi aiuti nell’area di Preah Vihear, 29 luglio 2025
2. EVACUAZIONI, RAZZI E ACCUSE RECIPROCHE
Negli ultimi giorni, la situazione è degenerata rapidamente. Sono stati usati razzi, artiglieria e mezzi militari pesanti in almeno sei zone lungo il confine. Secondo l’agenzia Associated Press, più di 100mila persone sono state costrette a lasciare le loro case: circa 58mila in Thailandia e oltre 40mila in Cambogia. I combattimenti hanno causato almeno 36 vittime, prevalentemente civili, e l’evacuazione di almeno 300mila persone da entrambe le parti del confine. La distruzione di infrastrutture come ponti e sistemi di irrigazione ha aggravato la crisi umanitaria.
Il Governo thailandese ha autorizzato l’uso di aerei militari F-16 per difesa, mentre la Cambogia ha promesso di usare “tutti i mezzi necessari” per difendersi. Phnom Penh ha anche accusato la Thailandia di colpire villaggi civili, parlando di possibili crimini di guerra, mentre la Thailandia ha risposto dicendo che gli attacchi provengono da “gruppi armati non identificati” presenti in Cambogia. Le accuse, non verificate da fonti indipendenti, hanno alimentato un clima di sospetto e tensione.
Il 28 luglio 2025 Thailandia e Cambogia hanno comunque concordato una cessate il fuoco immediato e incondizionato, efficace da mezzanotte, al termine di colloqui mediati dalla Malesia, con l’appoggio dall’ASEAN.
Gli Stati Uniti, la Cina e il Presidente Trump hanno esercitato pressioni diplomatiche determinanti per il raggiungimento dell’accordo, mentre il Primo Ministro malese Anwar Ibrahim ha facilitato i colloqui.
A livello internazionale, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha convocato una sessione straordinaria, mentre l’ASEAN (di cui entrambi i Paesi sono membri) inizialmente non aveva preso una posizione chiara, probabilmente bloccata dalle divisioni interne. Intanto, migliaia di profughi cercano rifugio, le scuole sono chiuse e le vie di comunicazione interrotte.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Primo Ministro malese Anwar Ibrahim (al centro), quello cambogiano Hun Manet (a sinistra) e quello thailandese ad interim Phumtham Wechayachai (a destra) dopo la firma del cessate il fuoco che ha posto fine ai combattimenti tra i due Paesi, 28 luglio 2025
3. PROSPETTIVE E RISCHI: INSTABILITĂ€ REGIONALE E RIFLESSI INTERNAZIONALI
La possibilità di un conflitto su larga scala è ancora evitabile, ma non più remota. Le rivalità personali, il nazionalismo e le debolezze dei Governi potrebbero portare a una guerra aperta. Né la Thailandia né la Cambogia sembrano volerlo davvero, ma nessuna delle due intende cedere. C’è il pericolo che, per non sembrare deboli, entrambe continuino a combattere.
Sono previsti incontri militari e un Comitato di frontiera bilaterale per monitorare l’applicazione del cessate il fuoco e promuovere il dialogo, con possibili ulteriori sviluppi nelle prossime settimane.
Dal punto di vista regionale, le conseguenze di un conflitto potrebbero essere gravi: potrebbe minare la coesione dell’ASEAN (già fragile), e altri attori internazionali come Cina e Stati Uniti potrebbero cercare di approfittare della situazione per aumentare la propria influenza. Entrambi i Paesi sono cruciali per le rotte del Sud-est asiatico (senza contare che la Thailandia è un alleato importante degli Stati Uniti, mentre la Cambogia è più vicina alla Cina), e un conflitto potrebbe bloccare strade, trasporti e rifornimenti in tutta la regione.
A livello globale, la crisi arriva in un momento molto delicato: dall’Ucraina al Medio Oriente, passando per il Mar Cinese Meridionale. In questo scenario, l’ipotesi di una guerra tra Thailandia e Cambogia – per quanto ancora evitabile – rappresenta un rischio aggiuntivo per un ordine mondiale sempre più frammentato e imprevedibile.
Annachiara Maddaloni
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