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La robotizzazione dello US Marine Corps

Miscela Strategica – Lo scorso aprile, lo USMC ha impiegato droni e robot durante un’esercitazione di sbarco a Camp Pendleton, California, per verificarne le capacità sul campo. L’esercitazione dimostra l’interesse del Corpo per queste piattaforme tecnologicamente all’avanguardia, ma il loro impiego in tempi brevi non è assicurato

SEMPER FIDELIS

Nonostante abbia recentemente operato principalmente sulla terraferma, in Iraq o Afghanistan, a support dello US Army, lo United States Marine Corps, o USMC, traccia le proprie origini ai mari e agli oceani. Nato addirittura prima della nascita degli stessi Stati Uniti (2 battaglioni fondati nel 1775, agli esordi della Guerra d’indipendenza americana), si è distinto in numerosi conflitti e operazioni, in particolar modo le lunghe e sanguinose operazioni di sbarco nell’Oceano Pacifico durante il secondo conflitto mondiale. Ad oggi è una forza composta da circa 184 mila unità in servizio attivo (dati relativi al FY 2016). Queste forze esprimono 3 MEF, Marine Expeditionary Force. Caratterizzato da un’elevata versatilità dovuta ad una particolare combinazione di forze terrestri, aeree e marittime (in appoggio alla US Navy), lo USMC è uno degli elementi cardine della capacità statunitense di proiettare la propria forza militare, in particolar attraverso operazioni anfibie. Considerando lo scenario geopolitico attuale, tale expertise rende il Corpo dei Marines uno strumento cruciale per la politica estera statunitense, sia in un contesto di breve che di lungo periodo. Ciò è dovuto soprattutto della rilevanza che il teatro dell’Oceano Pacifico ha assunto per gli Stati Uniti. Le recenti tensioni con la Corea del Nord, a causa delle ripetute minacce alla sicurezza degli Stati Uniti per via dell’arsenale nucleare balistico coreano e con la Cina per l’espansione e militarizzazione di alcuni arcipelaghi del Mar Cinese Meridionale, potrebbero infatti dar vita a dei conflitti in cui lo USMC, se impiegato, ricoprirebbe un ruolo centrale.

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Fig. 1 – UAV RQ-7B Shadow da ricognizione in fase di lancio, Camp Leatherneck, provincia di Helmand, Afghanistan, ottobre 2011.

[toggle title=”I numeri dello USMC (FY 2016)” state=”open”]

  • 186000 unità in servizio attivo (target di 182000 per il FY 2017)
  • 23 battaglioni di fanteria
  • 55 squadroni aerei (sia ad ala fissa che rotante)
  • 1000+ veicoli anfibi da sbarco AAV-7
  • 2 squadroni (VMFA-121 e 211) equipaggiati con F-35B STOVL[/toggle]
IL MARINE E IL SUO ROBOT

Lo scorso aprile, nelle vicinanze di Camp Pendleton in California, è stata condotta la Ship-To-Shore Maneuver Exploration and Experimentation (S2ME2) Advanced Naval Technology Exercise 2017 (ANTX17). Una dimostrazione di operazioni di guerra anfibia diversa dalle altre che l’hanno preceduta. Durante le simulazioni  di sbarco, in aggiunta alle truppe e ai mezzi “convenzionali”, sono stati utilizzati in contemporanea diversi sistemi senza pilota. Tra di essi i MUTT, Multi-Utility Tactical Transports, piccoli ATV blindati o ruotati dotati di armamento leggero in grado di muoversi con rapidità per ingaggiare il nemico o traportare equipaggiamenti e rifornimenti; UAV V-Bat e Switchblade, i primi, lanciati dai MUTT con l’obiettivo di sorvolare il campo di battaglia e fornire informazioni alle truppe a terra, i secondi, kamikaze dotati di una testa di guerra per ingaggiare veicoli leggeri o truppe nemiche. In mare, è stato inoltre testato l’Autonomous Landing Craft – Air Cushion (ALC-AC), un hovercraft da trasporto con guida autonoma di proprietà della US Navy in grado di fare la spola tra le navi anfibie e la terraferma trasportando uomini, mezzi e rifornimenti. Spostandoci invece in Australia, nel luglio scorso durante l’esercitazione Talisman Sabre, sono stati testati alcuni sistemi ed equipaggiamenti in fase di studio nell’ambito del programma di modernizzazione dello USMC “Sea Dragon 2025”. Durante l’esercitazione, è stato impiegato un sistema a “tre livelli” (gruppo di fuoco/squadra, plotone e compagnia) di UAV Black Hornet, Instant Eye e SkyRanger. I droni, in volo ad una quota medio-bassa, garantivano alle truppe di terra la miglior sorveglianza area possibile del campo di battaglia. A media-alta quota stazionavano invece gli UCAV MQ-9 Reaper, coordinati a livello di battaglione e in grado di compiere azioni offensive di precisione contro bersagli nemici. Tutti i mezzi impiegati durante le esrcitazioni ANTX17 e Talisman Sabre indicano l’interesse dello USMC  alla realizzazione di un Corpo dotato di eqipaggiamenti e sistemi senza pilota avanzati, terrestri aerei e marittimi, in grado di far fronte alle minacce poste dai campi di battaglia odierni.

[one_half][toggle title=”General Dynamics MUTT (Multi-Utility Tactical Transport)” state=”closed” align=alignleft”” class=”” width=””]

  • Robot ATV (All-Terrain Vehicle)
  • Configurazione cingolata (anfibia) o ruotata 4×4/6×6/8×8
  • Capacità di carico da 270 a 550 kg
  • Armamenti: mitrtagliatrici M2, M240B, M249 o mortaio da 60 mm[/toggle][/one_half][one_half_last][toggle title=”Aeryon Skyranger” state=”closed” align=”alignright” class=”” width=””]
  • UAS a decollo e atterraggio verticale (VTOL)
  • Autonomia di volo: 50 minuti
  • Raggio operativo: massimo 5 km
  • Peso: 2,4 kg
  • Dotato di telecamere ad alta definizione con ingrandimento fino a 60x e visione termica[/toggle][/one_half_last][toggle title=”General Atomics MQ-9 Reaper” state=”closed” align=”alignright” class=”” width=””]
  • Velocità max: 482 km/h
  • Autonomia 14-28 h secondo configurazione
  • Raggio operativo: ca. 1800 km
  • Quota max. 7,5 km
  • Capacità: 1700 kg (1400 esterni, 300 interni)
  • Armamenti: GBU-12 o JDAM, missili Hellfire[/toggle]
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Fig. 2 – MQ-9 Reaper in fase di decollo, Creech Air Force Base, 8 agosto 2007.

ROBOT IN PRIMA LINEA

Vista la diffusione di piattaforme sempre più avanzate sia nelle forze delle maggiori potenze internazionali che di attori non statali, le operazioni di sbarco nello scenario militare moderno sono diventate ancora più rischiose di quanto non lo fossero in precedenza. Armi di precisione e migliori capacità di ricognizione, in aggiunta all’intrinseca pericolosità di questo tipo di operazione, pongono rischi molto elevati per la forza attaccante. Ciò ha ancora più rilevanza nell’epoca corrente, caratterizzata da un sempre più forte sensibilità, se non ostilità, dell’opinione pubblica occidentale nei confronti delle perdite. Le due esercitazioni dimostrano come, per lo USMC, l’impiego nelle prime fasi dello sbarco di sistemi senza pilota potrebbe rappresentare una soluzione per fronteggiare quei rischi. Dimensioni ridotte e costi (più o meno, in base al modello) contenuti (da cui la possibilità di dispiegarne un grande numero) rendono i sistemi senza pilota relativamente economici da produrre e impiegare in buon numero. In aggiunta, l’elevata modularità e versatilità li rendono adatti a portare a termine molteplici tipi di compiti e missioni. In particolar modo, però, il pregio migliore derivante dal loro utilizzo, in generale uno tra i punti di forza principali dei sistemi senza pilota, sarebbe la riduzione delle perdite umane. Se impiegati in prima linea nella fase iniziale dello sbarco, quella di massimo rischio per la forza attaccante, aiuterebbero ad “assorbire” la maggior parte del fuoco nemico, risparmiando ingenti perdite al resto delle unità.

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Fig. 3 – F-35B dello USMC e F-15K dell’aviazione Sud Coreana in volo sopra la penisola di Corea durante un’esercitazione congiunta, agosto 2017.

CRITICITÀ E DEBOLEZZE

Modernizzare lo USMC dotandolo di sistemi come quelli mostrati durante le esercitazioni ANTX17 e Talisman Sabre, non è un’impresa semplice. Per far sì che vada a buon fine e  che questi sistemi siano diffusi e integrati adeguatamente, è necessario uno sforzo considerevole, sia economico (sviluppo e produzione), che organizzativo (dotazione ai reparti e addestramento al loro utilizzo).  Al momento però, lo USMC sembra non essere nelle condizioni ottimali per poter perseguire un obiettivo così ambizioso. Secondo quanto esposto nel 2017 Index of US Military Strength, il giudizio dato allo USMC tenendo in conto tre variabili, capacity, capability e readiness, è solamente di “marginal (su una scala di 5 valori: very weak, weak, marginal, strong, very strong). Lo studio evidenzia infatti carenze, più o meno forti, in tutte e 3 le categorie. I continui tagli al budget, hanno portato a un ridimensionamento dell’organico, limitando la capacità totale del Corpo di operare agevolmente in uno o più teatri contemporaneamente (capacity). In confronto ai 30 battaglioni ritenuti necessari per combattere in due conflitti maggiori nello stesso momento, i 23 disponibili attualmente risultano insufficienti. Molti dei mezzi in dotazione, in particolare i mezzi da sbarco AAV-7 e i caccia F/A-18C/D Hornet, hanno ormai superato il termine della loro vita operativa e ciò li rende inadatti ad affrontare adeguatamente le minacce poste dai campi di battaglia moderni (capability). Sono quindi in corso degli importanti programmi di acquisizione che porteranno all’introduzione del nuovo Amphibious Combat Vechicle (ACV) e dei caccia F-35. Infine, lo studio evidenzia che, per poter mantenere un adeguato grado di  capacità e prontezza di reazione (readiness), i tagli al budget hanno costretto lo USMC a riduzioni, se non posticipi, ai finanziamenti nei progetti di modernizzazione a lungo termine. Nonostante tali tagli, però, circa la metà delle unità non dispiegate soffrirebbero comunque di carenze, più o meno gravi, in termini di personale, equipaggiamento o addestramento.

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Fig. 4 – AAV durante un’esercitazione di sbarco nelle Filippine, 7 ottobre 2016.

RIDIMENSIONARE GLI OBIETTIVI

Per far fronte alle carenze e ai problemi evidenziati dallo studio, è prioritario che lo USMC rafforzi al più presto le proprie capacity, capability e readiness, destreggandosi tra i limiti imposti del sempre più ristretto del budget a disposizione. Tra il FY2016 e 2017 i fondi destinati allo USMC sono stati ridotti di circa 1,5 miliardi $ e, nonostante le forti dichiarazioni in campagna elettorale, sembrerebbe che il Presidente Donald Trump non abbia in programma un’inversione di tendenza. Questi vincoli potrebbero portare ad un rallentamento, se non ad un arresto, di programmi per l’acquisto e l’implementazione massiva di sistemi senza pilota. Perlomeno, non nei numeri inizialmente sperati dal Corpo. È probabile e sensato ipotizzare che la robotizzazione del Corpo dei Marines venga messa in secondo piano rispetto al rafforzamento delle capacità attuali, ben più immediate, e al completamento dei programmi d’acquisto maggiori. In tal senso, è plausibile prevedere, nel prossimo futuro, uno USMC dotato massivamente e diffusamente di sistemi senza pilota.Per via delle limitazioni al budget, delle carenze già esistenti e dell’importanza prioritaria di farvi fronte, però, il giorno in cui sui campi di battaglia robot e droni sostituiranno in prima linea i propri commilitoni Marine potrebbe essere ancora lontano.

[one_half][box type=”note” align=alignleft”” class=”” width=””]RISCHI

  • Difficoltà di implementazione di molteplici sistemi senza pilota
  • Restringimento del gap tecnologico con potenziali avversari
  • Carenze e debolezze del Corpo
  • Obsolescenza di alcune piattaforme d’arma
  • Estesi programmi di acquisto e ammodernamento in corso [/box][/one_half]

[one_half_last][box type=”warning” align=”alignright” class=”” width=””]VARIABILI

  • Budget per lo USMC
  • Implementazione sistemi senza pilota
  • Addestramento truppe
  • Coordinazione tra diversi sistemi e le truppe
  • Automazione dei sistemi senza pilota
  • Numero sistemi da dispiegare[/box][/one_half_last]

Riccardo Frigerio

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

L’Index of U.S. Military Strength è uno studio effettuato annualmente dalla Heritage Foundation, situata a Washington DC, in cui vengono misurate e valutate le dimensioni, le capacità operative, il livello di modernizzazione e la prontezza delle diverse branche delle forze armate statunitensi. In aggiunta a ciò, viene fornita un’analisi delle minacce alla sicurezza degli Stati Uniti e dei diversi scenari in cui tali forze operano.

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Riccardo Frigerio
Riccardo Frigerio

Nato in provincia di Varese, classe 1990, mi sono laureato nel dicembre 2014 alla facoltà di Scienze linguistiche dell’Università Cattolica di Milano con una specializzazione in relazioni internazionali. Ho sempre amato tutto ciò che riguarda sicurezza, difesa ed affari militari e ciò mi ha spinto a scrivere entrambe le mie tesi su argomenti affini: la prima riguardo il contrasto alla pirateria marittima in Somalia e la seconda sull’impiego degli Unmanned Systems aerei, terrestri e marittimi nei conflitti moderni. Il mio grande sogno è di potermi costruire una carriera in questi campi, magari prima frequentando un master all’estero. Cose serie a parte, sono un grande amante del cinema (amo il cinema di fantascienza) e della lettura, in particolar modo delle opere di Tom Clancy e Isaac Asimov. Dalla fantascienza deriva una mia altra grande passione, ovvero l’astronomia e, in generale, tutto ciò che riguarda lo spazio: Elon Musk per me è un mito.

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