Analisi – Lo sviluppo e l’impiego dei droni militari in operazioni di combattimento rappresenta sicuramente una delle innovazioni piĂą importanti nel campo della difesa. CapacitĂ operative, potenziali sviluppi futuri e il ruolo dell’Europa.
CARATTERISTICHE TECNICHE E CAPACITĂ€ OPERATIVE
Sebbene i primi prototipi di droni militari (rudimentali) possano essere fatti risalire alla Prima e Seconda Guerra Mondiale, è soltanto in seguito all’invasione statunitense dell’Afghanistan e dell’Iraq che i droni hanno assunto una maggiore importanza sui campi di battaglia. Ma cos’è un drone militare di preciso? In termini tecnici un drone è un aereo senza pilota a bordo, guidato a distanza, in genere via satellite, e che può essere usato per svariate operazioni militari. Possono essere divisi principalmente per equipaggiamento, tecnologia e dimensioni. Per quanto riguarda l’equipaggiamento e la tecnologia i droni possono essere dotati di armi (soprattutto missili di precisione aria-terra) per condurre attacchi mirati al suolo e di macchine da ripresa video-audio per missioni di ricognizione, sorveglianza e spionaggio. In termini di dimensioni, i droni variano da un peso minimo di 1 chilogrammo sino a oltre 600 chilogrammi. PiĂą è grande il drone maggiore è l’autonomia, il carico massimo portabile, la velocitĂ e la resistenza. I piĂą grandi sono capaci di una velocitĂ di oltre 300 chilometri orari e hanno un’autonomia di oltre 20 ore. Dunque i droni possono essere utilizzati per vari tipi di operazioni militari in base all’obiettivo richiesto. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno fatto un uso massiccio dei droni in Medio Oriente sia per raccogliere dati di intelligence che per attacchi aria-terra in contesti strategici e orografici complessi e nei quali l’invio di soldati comportava considerevoli rischi. Ciò ha garantito alti livelli di efficienza operativa, una riduzione delle perdite e una minore visibilitĂ mediatica. PiĂą recentemente si è assistito a un’espansione dell’utilizzo dei droni in conflitti convenzionali a maggiore intensitĂ . La guerra nel Naborno-Karabakh è probabilmente il caso piĂą emblematico. Tramite un massiccio impiego di droni, soprattutto Bayraktar di fabbricazione turca, l’Azerbajan è riuscita a tracciare ed eliminare un elevato numero di carri armati, pezzi di artiglieria e sistemi difensivi aerei armeni, ottenendo in questo modo un decisivo vantaggio tattico e strategico. Tale uso dei droni si è rivelato particolarmente efficace soprattutto perchĂ© è stato inserito all’interno di una piĂą ampia strategia militare consistente nell’impiego coordinato e integrato con altri sistemi d’arma e in particolare dell’artiglieria.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Droni turchi Bayraktar TB2 su una pista d’aviazione vicino ad Istanbul, febbraio 2021
LIMITI E POTENZIALI SVILUPPI FUTURI
Finora l’uso di droni è stato spesso caratterizzato da situazioni nelle quali l’utilizzatore di droni poteva godere di dominio dell’aria e relative poche contromisure da parte dell’avversario, rendendo così questo strumento particolarmente efficace. Tuttavia diverse potrebbero essere le condizioni in caso di conflitto tra nazioni dotate di alta tecnologie o entrambe capaci di schierare un elevato numero di droni. In questo caso l’efficacia dello strumento dipende da una combinazione di molti fattori: non solo le caratteristiche dei droni, ma piĂą in generale gli asset da guerra elettronica, la capacitĂ di controllare o contestare lo spazio aereo (con aviazione tradizionale, difese antiaeree e altri droni), l’impiego di mascheramento a terra per proteggere i bersagli, lo sviluppo di nuove armi anti-drone oppure la capacitĂ di integrare rapidamente le informazioni provenienti dai droni stessi in un conflitto ad alta intensitĂ . Di fronte a queste sfide molti Paesi sono impegnati nello studio sia di contromisure sia di miglioramenti all’impiego di tali armi. Tra le tante lo sciame dei droni e una maggiore applicazione dell’intelligenza artificiale potrebbero conferire ulteriori capacitĂ operative a questi sistemi d’arma. Lo sciame dei droni è un “concetto” che può assumere varie forme e può essere impiegato per diversi tipi di missioni. Si va dal lancio di un numero altissimo di droni kamikaze di piccole dimensioni con l’obiettivo di sopraffare le difese aeree nemiche, all’ottenimento di intelligence, sino alla guerra elettronica. Si tratta di un impiego dei droni non ancora testato in battaglia, ma che per via delle sue alte potenzialità è preso in seria considerazione da tutte le maggiori potenze militari. A ciò si collega l’integrazione dell’intelligenza artificiale e la possibilitĂ , sempre piĂą contemporanea, di rendere i droni e gli sciami di droni dei sistemi di combattimento autonomi capaci di identificare e ingaggiare autonomamente i bersagli tramite sistemi di riconoscimento di immagini. A riguardo è di particolare rilevanza un rapporto dell’ONU del 2021, in base al quale nel 2020 un drone di fabbricazione turca avrebbe tracciato e attaccato una postazione delle forze del generale libico Khalifa Haftar in maniera autonoma tramite l’impiego dell’intelligenza artificiale.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Alcuni peshmerga curdi assemblano un drone sotto la supervisione di un ufficiale americano durante le operazioni in Iraq contro lo Stato Islamico nel 2016
I DRONI IN EUROPA
Per quanto concerne la situazione dei droni in Europa, nonostante lo sviluppo di prototipi quali il nEUROn e il Taranis, i Paesi europei sono in ritardo nello sviluppo dei droni militari. Ad oggi nessuno tra i maggiori produttori di tali droni è europeo. Oltre a Stati Uniti e Israele, che hanno agito da pionieri, anche la Cina e soprattutto la Turchia hanno sviluppato dei droni dal grande successo commerciale. Di conseguenza la maggior parte dei droni in dotazione alle Forze Armate europee non è di produzione autoctona. Tale situazione potrebbe cambiare entro il 2028, quando dovrebbe essere ultimato lo sviluppo e la produzione dell’Eurodrone (European MALE RPAS). Questo aereo da combattimento senza pilota è frutto della collaborazione delle industrie militari di Germania, Francia, Italia e Spagna ed è uno dei tanti programmi PESCO della UE, che si pone l’obiettivo di rafforzare collettivamente le capacitĂ tecnologiche ed operative dell’Europa. L’Eurodrone dovrebbe rappresentare il velivolo senza pilota di riferimento per le aeronautiche dei quattro Paesi europei e svolgererebbe compiti di intelligence, sorveglianza, acquisizione di bersagli, ricognizione e attacchi mirati al suolo (ISTAR). In tutto, è prevista la produzione di 60 velivoli, suddivisi in questo modo: 21 alla Germania, 15 all’Italia, 12 alla Francia e 12 alla Spagna. Tuttavia, in termini geopolitici, il caso piĂą interessante è dato probabilmente dall’acquisto del drone turco Bayraktar TB2 da parte dell’Ucraina, visto e considerato il suo ruolo nel conflitto nel Donbass contro le forze filo-russe. Non tutte le nazioni europee hanno optato però per i droni armati. Solo cinque Paesi europei hanno deciso di equipaggiarli con armamenti: il Regno Unito, la Francia, la Serbia e l’Ucraina. PiĂą recentemente anche l’Italia e la Germania hanno deciso di armare i propri droni dopo tanti anni di dibattiti e controversie. La ragione di tale reticenza è dovuta principalmente a un (percepito) alto numero di vittime civili a causa dei droni (in realtĂ provocate spesso da altre armi da fuoco), della maggiore facilitĂ con la quale è possibile usare gli armamenti, da uno scarso livello di responsabilitĂ e supervisione e da un uso improprio fuori dai teatri da combattimento. Basti pensare al caso dei droni statunitensi in Pakistan, ad esempio. Per queste ragioni c’è il (legittimo) timore di un uso indiscriminato e potenzialmente illegale dei droni per raggiungere obiettivi tattici. Di conseguenza per assicurarne un uso corretto, etico e legale, in Europa c’è un impegno concreto a regolarne l’impiego tramite l’adozione di rigide regole d’ingaggio e a garantire una maggiore trasparenza sul loro schieramento.
Stefano Marras
“IAF-Eitan – Independence-Day-2017-Tel-Nof-IZE-099” by Zachi Evenor is licensed under CC BY