Il referendum per l’indipendenza del Kurdistan dall’Iraq si è tenuto ieri lunedì 25 settembre, così com’era stato deciso lo scorso giugno dall’apposita Commissione elettorale (Independent High Elections and Referendum Commission– IHERC), nonostante le opposizioni trasversali e le numerose richieste di posticipare il voto in considerazione della concomitante lotta allo Stato Islamico (abbiamo analizzato la questione qui).
I risultati definitivi non sono ancora stati dichiarati ufficialmente; tuttavia a oggi, 26 settembre 2017, si stima che il 93% dei votanti si sia espresso a favore della costituzione di uno Stato curdo indipendente nei territori iracheni a maggioranza curda, che siano essi collocati sotto la sovranitĂ del KRG o che siano ancora contesi tra Erbil e Baghdad.
Il diritto di voto spettava a più 4 580 000 cittadini, curdi e non, divisibili idealmente nelle seguenti categorie: i residenti dei territori sotto il controllo del Governo Regionale Curdo (Kurdistan Regional Governement- KRG), i residenti dei territori contesi sin dalla Costituzione del 2005, gli abitanti delle aree conquistate dai Peshmerga nella battaglia contro IS, gli sfollati interni precedentemente residenti nei territori contesi e i curdi della diaspora, che hanno votato telematicamente nel weekend. Circa il 72% degli aventi diritto si è recato alle urne.
Il risultato del voto non sarà legalmente vincolante: come più volte specificato dal Presidente del KRG Masoud Barzani, lo scopo non è iniziare un processo d’indipendenza all’indomani del referendum, bensì comunicare al mondo le aspirazioni dei curdi iracheni, che attualmente vivono in un contesto politico che non permette loro di esprimere il proprio diritto all’autodeterminazione.
Dal canto suo, il governo centrale di Baghdad si è sempre opposto al referendum, dichiarando l’iniziativa incostituzionale e chiedendone a più riprese la sospensione, oltre che rifiutandosi di riconoscerne e discuterne un eventuale risultato positivo. Durante il voto, la situazione a Baghdad si è dimostrata tesissima: il governo ha ordinato lo schieramento delle proprie forze armate a Kirkuk e nelle altre zone contese, dove massiccia è chiaramente anche la presenza dei miliziani Peshmerga. Misure di rappresaglia contro l’avvenuto referendum, quali la chiusura delle frontiere internazionali del Kurdistan iracheno, sono inoltre state discusse ieri in Parlamento.
Davanti alle reazioni ostili di Turchia e Iran, Paesi anch’essi abitati da ingenti minoranze curde, Barzani ha inoltre ricordato come questo voto non abbia ripercussione alcuna fuori dai confini iracheni, e che non è intenzione del KRG instillare una rivolta etnica regionale.
Ciononostante, Erdogan è sul piede di guerra ed ha minacciato di bloccare le esportazioni di petrolio curde verso la Turchia come rappresaglia per l’accaduto.
Lorena Stella Martini