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Monaco 2007: il manifesto politico di Vladimir Putin

AnalisiLe preoccupazioni espresse da Vladimir Putin a Monaco nel 2007 sull’espansione della NATO a est continuano a risuonare in tutta Europa, alla luce del rafforzamento militare dell’Alleanza che – secondo la versione russa – avrebbe contribuito a causare l’invasione dell’Ucraina.

LE RADICI DELLA POLITICA ESTERA DI PUTIN 

Dal 1963 la città di Monaco (Germania) ospita una delle conferenze sulla sicurezza più significative dei nostri tempi: la Munich Security Conference (MSC). Dal 18 al 20 febbraio scorso la città bavarese ha ospitato nuovamente la suddetta Conferenza con un focus principale sulla strategia occidentale per contrastare la crisi ucraina. Hanno partecipato oltre 100 ministri e più di 30 capi di Stato e di Governo. Il grande assente è stato il Presidente russo Putin, il quale, quindici anni prima in un discorso a tutta la Conferenza, presentò il proprio manifesto di politica estera, in cui descrisse nel dettaglio la profonda insoddisfazione della Russia per l’ordine mondiale, recitando un lungo elenco di recriminazioni sul dominio statunitense degli affari globali, inclusi molti dei temi che avevano messo a dura prova le relazioni tra il Cremlino e gli USA durante i suoi primi sette anni di mandato. Tra questi c’era l’espansione della NATO a est e la percezione russa secondo la quale l’Occidente avesse sostenuto gruppi rivoluzionari con il compito di rovesciare i Governi nell’ex sfera di influenza di Mosca. In tale occasione Putin affermò che Mosca non sarebbe stata più disposta a giocare ruoli secondari, pretendendo di essere parte di un mondo multipolare, alla pari della Cina e di altre nuove potenze emergenti, e non subordinata a Washington. Tuttavia il leader russo lasciò aperta la porta a rapporti di partenariato con l’Occidente in tutte le sfere.

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Fig. 1 – Il discorso di Putin alla Munich Security Conference del 2007

GLI SVILUPPI DELLA  MUNICH SECURITY CONFERENCE

L’intervento di Putin nel 2007 provocò sentimenti di preoccupazione tra i partecipanti, in quanto sembrò voler indirizzare il mondo verso una nuova guerra fredda. In quel momento storico la Russia era appena emersa dalle rovine dell’URSS con l’aiuto di USA ed Europa, che si erano profusi per la sua integrazione nel contesto europeo, fornendole assistenza finanziaria e tecnica. Tutti gli Stati europei firmarono molteplici accordi, impegnandosi a sostenere i principi chiave contenuti negli stessi, compreso l’astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza, e affermando il diritto di libera scelta da parte di ogni Stato nell’adozione dei propri sistemi politici ed economici. Le cose iniziarono a cambiare tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila a causa dell’insoddisfazione russa sulle scelte statunitensi relative al Kosovo e all’Iraq. L’arrivo di Putin al Cremlino venne accolta favorevolmente dalla comunità internazionale, in quanto, dopo un decennio in cui in Russia corruzione e fallimenti imperversavano nell’ordine pubblico, il nuovo leader russo si configurò come colui che avrebbe avviato la dovuta azione correttiva, rafforzando la stabilità e avviando un processo di modernizzazione della Russia che non creasse troppi danni alla democrazia. 
In realtà l’impegno di Putin non si limitò al rafforzamento dello Stato di diritto, alla costruzione di una economia salda e al ricollocamento della Russia tra le grandi potenze globali, ma avviò anche una metodica ricostruzione delle Forze Armate, accompagnata dalla modernizzazione dell’arsenale nucleare e dall’espansione delle attività di intelligence. Contemporaneamente Putin iniziò a smantellare la nascente democrazia russa, acquisendo il controllo dei media, consolidando le industrie statali, minando l’opposizione al suo partito Edinnaia Russia (Russia Unita) e rimpiazzando gli oligarchi degli anni Novanta con uomini di fiducia (ponendo in essere qualcosa di simile al sistema sovietico di controllo del Partito Comunista). Putin, non ancora soddisfatto, demolì le strutture progettate per il mantenimento della pace in Europa, annunciando formalmente nel luglio 2007 di non voler più aderire al CFE Treaty, rifiutando il principio del consenso di nazione ospitante per la presenza di truppe russe in Georgia e Moldova, e ignorando i limiti imposti dalla Convenzione di Vienna. Nel 2008 la Russia invase la Georgia, sostituendo le proprie forze di pace – già presenti in Abkhazia e Ossezia del Sud – con personale militare regolare e guidando i propri carri armati verso Tbilisi. Sei anni dopo, avendo preso il controllo della Crimea e orchestrato una annessione illegale, pose in essere attacchi a bassa intensità in Ucraina orientale ed occupò parti del Donbas. Successivamente la Russia violò anche l’INF Treaty e iniziò a negare le dovute autorizzazioni per i sorvoli previsti dal Treaty on Open Skies
Oggi l’ ottimismo del 2007 potrebbe apparire pura ingenuità, ma in realtà, tra molti dei leader politici di Stati Uniti ed Europa si era radicata la sensazione (e la speranza) che la Russia potesse essere integrata nel sistema occidentale, anche alla luce degli importanti sviluppi raggiunti in tal senso tra il 1991 e il 2007. Inoltre gli esiti della conferenza e il termine del mandato di Bush rendevano tale ottimismo ancora più giustificabile. Con Barack Obama si assistette a un reset unilaterale della politica statunitense verso la Russia, per un certo periodo immune alle trasgressioni putiniane, mentre Donald Trump, nel corso del proprio mandato presidenziale, si rifiutò esplicitamente di criticare Putin, nonostante l’inasprimento di alcune politiche contro Mosca. Infine Joe Biden ha cercato una relazione “stabile e prevedibile” con la Russia e ha tenuto una serie di summit con Putin, al fine di disinnescare eventuali minacce russe contro l’Ucraina e l’ordine di sicurezza europeo, ma senza successo. Si può affermare senza alcun dubbio che nel corso degli anni Putin ha perfezionato le proprie capacità mediatiche e di comunicazione, acquisendo una notevole capacità nel dare forma a una narrativa pubblica favorevole. Il discorso di Monaco non era chiaramente diretto ad acquisire il favore del pubblico della conferenza, ma era mirato a ottenere il consenso di quella parte d’Europa che poteva simpatizzare con le accuse della Russia contro gli USA: un playbook che l’URSS aveva utilizzato per contrastare il dispiegamento di missili Pershing in Germania negli anni Ottanta, nel quale si enfatizzava il risentimento popolare per sostenere il revisionismo storico e fornire copertura per la riaffermazione del controllo del Cremlino sui territori che considerava di diritto propri. E ora stiamo assistendo all’accettazione in Europa e negli USA della visione russa secondo cui l’allargamento della NATO è la vera causa delle minacce della Russia contro l’Ucraina oggi, piuttosto che il desiderio di Putin di ricostruire una Russia più grande, autoritaria in patria e aggressiva all’estero.

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Fig. 2 – Manifestazione a Roma contro l’attacco russo all’Ucraina, 27 febbraio 2022

BRUSCO RISVEGLIO (MA NON INASPETTATO)

A distanza di circa quindici anni da quella memorabile conferenza di Monaco, l’Ucraina si è trovata circondata da un contingente militare russo costituito da oltre 140mila uomini pronto a invadere il suo territorio. Tale situazione non avrebbe dovuto sorprendere gli addetti ai lavori, alla luce dei contenuti del discorso di Putin, ma invece lo ha fatto, sottolineando come USA ed Europa fossero ancora convinti di poter in qualche modo collaborare con il Cremlino a livello strategico. All’indomani del riconoscimento di Mosca dell’indipendenza delle Repubbliche di Luhansk e Donetsk in Ucraina e l’avvio di significative operazioni delle Forze Armate russe contro l’Ucraina, l’Occidente dovrebbe capire – per quanto tardivamente – la necessità di orientare il pensiero della comunità transatlantica dalle comprensibili ma fallimentari speranze di un più ampia cooperazione con la Russia alla costruzione di una posizione di forza a lungo termine per indebolire il ruolo del leader russo.
Le continue accuse di Putin, secondo cui l’Ucraina si configura come uno “strumento” della NATO per contenere la Russia, dimostrano come i suoi timori esposti a Monaco continuino a guidare l’attuale politica estera russa. Alla luce di questa conoscenza i politici occidentali dovrebbero agire per una stabilità europea capace di rispondere alle sfide russe, partendo dal presupposto che le opinioni putiniane sono profondamente radicate nelle prospettive estere della Russia, ma possono essere comunque contenute attraverso la deterrenza e la negoziazione. Al contempo i politici occidentali dovrebbero lavorare congiuntamente con la Russia per sviluppare garanzie di sicurezza, dimostrando la propria solidità e imponendo dure sanzioni economiche qualora Mosca dovesse perturbare ulteriormente la stabilità europea con azioni offensive. Questo dovrebbe essere seguito a medio e lungo termine con un dialogo serio in settori di interesse reciproco, come lo sviluppo di una nuova architettura strategica per il controllo degli armamenti costruita tenendo presenti nuovi sistemi di consegna e questioni di difesa missilistica.

Fabrizio Lombardi

Photo by klimkin is licensed under CC BY-NC-SA 

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Perchè è importante

  • Nel corso della Munich Security Conference del 2007 Putin accusò Washington di voler tentare di imporre i propri standard ad altre nazioni, minacciando la Russia attraverso i programmi di scudi missilistici.
  • Il leader russo, dopo aver accusato gli USA di voler alimentare i conflitti globali attraverso l’uso unilaterale della forza, autorizzò l’invasione della Georgia nel 2008 e l’annessione della Crimea nel 2014.
  • Riportare l’Ucraina nell’orbita di Mosca sarebbe il naturale completamento del desiderio putiniano di voler “riunificare” quel “Mondo Russo” smembrato dallo scioglimento dell’URSS.

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Fabrizio Lombardi
Fabrizio Lombardi

Fabrizio Lombardi, classe 1971, laureato in Musicologia e Beni Musicali presso il Conservatorio “Refice” di Latina. Ho studiato per anni la lingua russa (sia in Italia che presso l’Istituto di Cultura Russa a San Pietroburgo), la cui conoscenza ho approfondito anche attraverso una esperienza lavorativa pluriennale (in qualita’ di Sottufficiale dell’Esercito Italiano) in Russia, Armenia, Georgia, Bielorussia, Ucraina e Turkmenistan. Sono appassionato di geopolitica, con particolare interesse alle dinamiche ed agli sviluppi inerenti il mondo della difesa e del diritto internazionale

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