Nella notte tra il 5 e il 6 luglio la città di Leopoli (Lviv), nell’Ucraina occidentale, è stata vittima di un attacco missilistico russo. Il nostro collaboratore Christian Eccher era presente e ci ha mandato una testimonianza breve ma intensa su quanto accaduto.
Da 16 mesi a questa parte, Leopoli (Lviv), il capoluogo della Galizia, regione a ovest dell’Ucraina, ha vissuto un periodo molto tranquillo, almeno alla notte fra il 5 e il 6 luglio del 2023. In questi mesi di guerra, non ci sono stati attacchi aerei degni di rilievo e il centro cittadino, con i suoi palazzi eleganti e i tram che si inerpicano lungo strade strette e tortuose, è popolato di giovani che passeggiano, chiacchierano e siedono sorridenti nei caffè e nei ristoranti. Ci sono anche turisti, gente proveniente da Kiev o dai dintorni della capitale ucraina che scopre la ricca bellezza di questa città austroungarica la quale, nel corso dei secoli, ha conosciuto la dominazione di diversi imperi. L’unico elemento a distinguere Leopoli da altre città dell’Europa Centrale è il coprifuoco, che comincia a mezzanotte. L’idillio, e forse anche l’illusione, si sono infrante alle 2.06 del 6 luglio, quando è suonato l’allarme antiaereo.
Nessuno è andato nei rifugi, qualche finestra si è accesa ma tutti pensavano che la sirena avrebbe taciuto in pochi minuti, come spesso accade dall’inizio della guerra. All’improvviso, la prima esplosione, seguita immediatamente da una seconda, fortissima, paragonabile allo scroscio di un camion che scarichi quintali di ciotoli e tegole. Dopo una breve pausa, il fischio di un reattore, del tutto simile a quello di un jet in transito ad alta quota: il cielo si è tinto per un istante di rosso verso sud e, dopo alcuni secondi, anche la parte nord della città, in cui mi trovo, è stata scossa da un tremendo boato.
Cosa è successo? La Russia, con ogni probabilità dal Mar Nero, ha lanciato dieci missili: una strategia, quella di lanciare più missili insieme, che prende il nome di “star strike”, volta a permettere che almeno un proiettile eluda le difese nemiche. Tre missili hanno così raggiunto Leopoli, più precisamente la zona di Stryiski: un lungo rettilineo, a destra del quale si trova un parco dalla vegetazione lussuriosa, una vera e propria foresta. A sinistra, invece, ci sono edifici di vario genere.
Il primo missile è caduto sull’Accademia Militare più prestigiosa dell’Ucraina, la Sahaidachnyi. Il secondo razzo ha colpito un business centre, a quell’ora deserto, mentre il terzo ha centrato un Hof, vale a dire un edificio composto da più condomini che formano una corte rettangolare, al centro della quale c’è un cortile con fiori, alberi e giochi per i bambini. Uno dei gioielli dell’edilizia popolare austriaca dei primi decenni del secolo scorso. È stato completamente distrutto anche il ristorante “Lviv e Amore”, molto famoso in città.
Le esplosioni sono appena avventute, ma i soccorsi sono immediati: non solo i pompieri, la polizia e le ambulanze del pronto soccorso, ma si precipita sul posto anche un team di psicologi con lo scopo di aiutare gli sfollati a superare i primi momenti di shock. L’associazione di volontariato “World Kitchen” porta acqua e cibo per coloro che non possono nelle proprie case o per gli sfortunati dei 60 condomini distrutti.
A colpire sono l’ordine, la solerzia metodica e la velocità con cui tutti, sia gli impiegati del comune sia gli stessi sfollati, puliscono il cortile; chi riceve dai pompieri il permesso di rientrare a casa, comincia subito i lavori di ristrutturazione del proprio appartamento, da solo o con parenti o amici: si sostituiscono le finestre, si raccolgono i calcinacci e i vetri sparsi ovunque negli androni, nei corridoi, nelle stanze, nelle cantine.
(Il sindaco di Lviv, Andriy Sadovyi, viene intervistato sul luogo dell’attacco)
C’è chi piange, ma brevemente: dopo il primo momento di sconforto, tutti si rimboccano le maniche, mentre l’esercito provvede in tempo di record a montare una grande tenda militare che ospiterà gli sfollati. Il bilancio dell’attacco missilistico è – per ora – di 10 morti e più di 40 feriti. Probabile che i generali del Cremlino volessero colpire solo l’Accademia militare, ma non si può escludere un atto terroristico duro e puro, volto a piegare lo spirito vivo della capitale culturale dell’Ucraina. Non ce l’hanno fatta.
Christian Eccher
Tutte le foto (compresa quella di copertina) sono di Christian Eccher