In 3 sorsi – La guerra alle gang introdotta dal Presidente salvadoregno Bukele ha ridotto drasticamente il tasso degli omicidi nel Paese. Tuttavia, a fare i conti con la mano dura del Governo ci sono anche numerosi bambini e adolescenti, incarcerati con adulti e privati di diritti fondamentali.
1. NAYIB BUKELE DICHIARA GUERRA ALLE GANG
Nel 2015 El Salvador era considerato uno dei Paesi più violenti al mondo, con un tasso di 106 omicidi ogni 100mila abitanti. Nel 2023 questo tasso è sceso drasticamente a 2,4 omicidi ogni 100mila abitanti. Un cambio significativo, che molti attribuiscono alla politica del Presidente Nayib Bukele. Salito al potere nel 2019 e riconfermato lo scorso febbraio, Bukele aveva promesso mano dura contro le bande criminali, note come pandillas o maras. Per far fronte al fenomeno del crimine organizzato, nel marzo 2022 Bukele aveva dichiarato lo stato di emergenza, che prevede la sospensione delle garanzie costituzionali. Lo stato di emergenza, tuttora in vigore, aveva suscitato la preoccupazione di organizzazioni per i diritti umani e ONU per via degli abusi indiscriminati commessi dalle forze dell’ordine. Nonostante le critiche, Bukele ha continuato con la propria politica, inaugurando nel 2023 il Centro di Confinamento del Terrorismo, definito come il più grande delle Americhe. Secondo un report di Amnesty International, dall’inizio dello stato di emergenza a fine del 2023 sono stati registrati circa 73mila arresti, la maggior parte dei quali per associazione illecita. I detenuti rappresenterebbero l’1,14% della popolazione nazionale salvadoregna, rendendo El Salvador il Paese con il più alto tasso di incarcerazione al mondo.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Detenuti nel Centro di Confinamento del Terrorismo
2. LE GANG COME UN FENOMENO GIOVANILE
Nel 2023 i membri delle gang salvadoregne erano circa 120mila, con la Mara Salvatrucha e il Barrio18 come gang principali. L’età media di un membro delle gang è di 25 anni, anche se gli affiliati entrano a far parte dei gruppi criminali generalmente a 15 anni. Le gang, dunque, sono costituite per lo più da giovani o giovanissimi. Tra le cause dell’adesione di queste fasce demografiche ci sono la povertà dilagante, l’esclusione sociale e la mancanza di opportunità educative e lavorative, caratteristiche che favoriscono il reclutamento da parte dei leader e la stigmatizzazione dei giovani da parte delle forze di sicurezza. Molto spesso infatti i giovani vengono considerati mareros (membri delle gang) per il semplice fatto di vivere in un determinato quartiere o indossare un certo tipo di indumenti. Inoltre il bisogno di sentirsi accettati è un altro aspetto cruciale: secondo uno studio, il 62,4% dei giovani che si sono uniti alle gang in El Salvador lo ha fatto per “amicizia” e il 19,6% non è più riuscito a lasciare il gruppo.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Bambini camminano accanto a un graffito rappresentativo della gang MS-13 nel comune di San Martin, El Salvador
3. LE CONDIZIONI DEI PRIGIONIERI MINORI D’ETÀ
Dall’annuncio dello stato di emergenza, circa 3mila bambini e adolescenti sono stati incarcerati in El Salvador con l’accusa di appartenere alle gang. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato da Human Rights Watch intitolato “Tuo figlio non esiste qui”: Le violazioni dei diritti umani contro i bambini nello “stato di emergenza” di El Salvador, i minori detenuti affrontano condizioni di sovraffollamento, mancanza di cibo adeguato e di assistenza sanitaria e vengono privati dell’accesso ad avvocati e famigliari. Inoltre, in alcuni casi, i bambini sono stati detenuti, dopo l’arresto, insieme agli adulti. Juanita Goebertus, direttrice per le Americhe di Human Rights Watch, ha dichiarato che i bambini delle comunità vulnerabili stanno sopportando il peso delle politiche di sicurezza indiscriminate del Governo, subendo gravi violazioni dei diritti umani. Il rapporto inoltre informa che molti arresti sono arbitrari, basati su aspetto fisico e status socioeconomico, piuttosto che su prove concrete. Le forze di sicurezza raramente presentano mandati di arresto, e i giovani sono spesso costretti a confessare per evitare maltrattamenti. Inoltre, prima che Bukele diventasse Presidente, la legge penale minorile stabiliva un massimo di sette anni di carcere per i minori autori di reati. Oggi, chi ha un’età compresa tra i 12 e i 15 anni rischia 10 anni in prigione e chi ha un’età compresa tra i 15 e i 17 anni fino a 20 anni. Tali condizioni sono state denunciate tanto da Human Rights Watch quanto dalle Nazioni Unite, che hanno affermato che la detenzione dovrebbe essere utilizzata solo come ultima misura e per il periodo di tempo più breve possibile, in quanto non fornisce ai giovani detenuti un ambiente che promuova il reinserimento nella società. L’ONU ha esortato il Governo di Bukele a rispettare le disposizioni vincolanti della Convenzione sui diritti del fanciullo, di cui El Salvador è parte. Se da un lato, dunque, c’è chi celebra il “miracolo Bukele”, dall’altro sembra impossibile ignorare il costo che le misure del Governo comportano per le Istituzioni democratiche e per la popolazione più giovane.
Maria Elena Rota Nodari
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