Analisi – L’Ucraina è un Paese dalla grande estensione geografica, abitato da gruppi etnici differenti per cultura, religione, lingua. Il decentramento amministrativo è una delle chiavi per assicurare un futuro democratico in linea con i principi di sussidiarietĂ e autonomia degli enti locali del diritto comunitario europeo.
IL CENTRALISMO SOVIETICO (E PUTINIANO) E LA REPRESSIONE DELLE AUTONOMIE LOCALI
Lo Stato sovietico si fondava sul ruolo del Partito unico, il cui braccio esecutivo era il Soviet Supremo con sede a Mosca. Alle singole Repubbliche non era concessa autonomia, così da azzerare i nazionalismi di quei popoli diversi per culture, storia e religione nei quali alcuni focolai di resistenza contro l’Unione Sovietica erano rimasti attivi anche dopo la Seconda guerra mondiale, specie nei Paesi Baltici e in Ucraina.
Le gravi difficoltà economiche dell’URSS e le politiche di Glasnost e Perestrojka di Gorbachev risvegliarono nelle Repubbliche i sentimenti nazionali, che portarono nel 1991 alla disintegrazione dell’Unione, nonostante il positivo esito del referendum, unico nella storia sovietica, in cui la maggioranza dei cittadini aveva votato per conservarla.
Il nuovo Trattato dell’Unione redatto da Gorbachev prevedeva una larga autonomia delle singole Repubbliche, ma non vide la luce a causa del tentato golpe reazionario nell’agosto 1991, che accelerò il suo declino politico in favore di Eltsin, sostenitore della fine dell’URSS e dell’indipendenza dei singoli Stati, conclusa poi con gli accordi di Bialowieza nello stesso anno.
In Russia Vladimir Putin ha restaurato le politiche centraliste, a partire dalla cancellazione nel 2005 delle elezioni regionali dei governatori, da allora nominati direttamente dal Presidente. Una mossa per garantirsi la fedeltĂ dei politici locali riducendone l’autonomia giustificata da Putin con la necessitĂ di prevenire terrorismo e separatismo nelle regioni caucasiche, dove negli anni precedenti c’erano stati gravi attentati, come quello alla scuola di Beslan del 2004 per opera di separatisti ceceni.
Fig. 1 – Vladimir Putin insieme a Igor Babushkin, governatore della regione di Astrakhan, nell’agosto 2023
GLI OBLAST DI DONBASS E LUHANS’K E I RAPPORTI ISTITUZIONALI CON IL GOVERNO UCRAINO
La Costituzione ucraina ebbe una storia travagliata per le difficoltà di unire i gruppi etnici che facevano parte del Paese e solo nel 1996, cinque anni dopo l’indipendenza, si arrivò al suo varo in Parlamento. Il decentramento amministrativo trovò spazio limitato per i timori che le parti russofone dell’Est potessero usare l’autonomia per fini di secessione e ricongiungimento alla Russia.
Tale centralismo è stato propagandato dal Cremlino come politica russofobica, ma, in realtà , solo una parte della popolazione degli oblast di Donbass e Luhans’k era favorevole a riunirsi a Mosca. Il referendum sulla indipendenza del 1991, infatti, dimostrò che oltre il 75% degli abitanti dei due oblast voleva l’indipendenza dall’URSS.
Il Donbass è stato ben rappresentato per anni nelle Istituzioni ucraine, con ben due Presidenti espressione del territorio, Leonid Kuchma e Viktor Yanukovich. In particolare, quest’ultimo è stato tra i fondatori del Partito delle Regioni, conservatore e sostenitore di un forte decentramento amministrativo non solo linguistico, ma anche economico, volto a soddisfare gli imprenditori del Donbass.
La fine della rappresentanza politica del Donbass nel Governo ucraino seguita all’Euro Maidan nel 2014 è stata mal digerita da una parte della popolazione locale, che sobillata da infiltrazioni russe tramite agenti addestrati dall’FSB e dall’esercito di Mosca, ha portato all’inizio della guerra del Donbass. La differenza di vedute con il resto dell’Ucraina sul ruolo storico dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), considerato filonazista dai separatisti, e la presunta discriminazione dei russofoni sono stati propagandati dai russi nei Paesi occidentali per nascondere le mire di annessione dei due oblast da parte del Cremlino.
Dall’altro lato, il Parlamento ucraino post Euro Maidan non ha dato seguito alle disposizioni previste dagli accordi di Minsk I e II, che prevedevano una modifica costituzionale al fine di favorire il decentramento amministrativo nelle regioni orientali del Paese, a causa dei timori di spaccare l’identitĂ nazionale costruita con fatica a partire dagli anni dell’indipendenza.
Fig. 2 – Alcuni residenti di Simferopol, in Crimea, espongono lo striscione “Per sempre con la Russia” durante una manifestazione a sostegno dei “separatisti” del Donbass, novembre 2014
LA CRIMEA E LA SUA PARTICOLARE COSTITUZIONE AUTONOMA
La Crimea all’interno della Costituzione ucraina è l’unico territorio con la possibilità di una propria Costituzione simile a uno Statuto speciale, una concessione dovuta alla sua particolare composizione etnica.
Nella penisola, infatti, fu forte l’emigrazione russa nel secondo dopoguerra a scapito degli abitanti originari, i Tatari di Crimea, popolazione di religione musulmana e primi abitanti stanziali della penisola, deportati in Asia Centrale sotto Stalin con l’accusa pretestuosa di collaborazionismo filonazista. Tale deportazione consentì al Cremlino di ripopolare la Crimea con cittadini russi, oggi maggioranza della popolazione locale viste anche le politiche repressive contro i tatari operate dopo l’annessione di Putin del 2014.
La Crimea nel 1954, sotto Khrushchev, passò dall’amministrazione russo-sovietica a quella ucraina-sovietica, mossa legata alle origini ucraine del Segretario Comunista e a un tentativo di destalinizzazione, visto il prezzo pagato dall’Ucraina per le gravi carestie, note come Holodomor, causate dalla politica agricola staliniana degli anni Trenta.
Nel referendum sull’indipendenza del 1991, il 40% degli abitanti votò contro la separazione da Mosca. Il Governo ucraino riconobbe tale specificità , dando la possibilità di elaborare una Costituzione con la nomina di un Presidente con poteri simili a quelli di un Presidente della Repubblica con diritto di iniziativa legislativa e le previsioni di una forte autonomia linguistica.
I politici locali volevano un ricongiungimento con la Russia, detentrice di parte della flotta russa del Mar Nero nella cittĂ autonoma di Sebastopoli. Dopo il Memorandum di Budapest del 1994 in cui la Russia riconosceva la Crimea come parte dell’Ucraina e la conferma nel 1997 con il “Grande Trattato” tra i due Paesi, la porta per la secessione veniva sbarrata e Eltsin scaricava il separatista Primo Ministro crimeano Yuri Meshkov, costretto a lasciare la penisola per evitare l’arresto da parte delle AutoritĂ ucraine.
L’annessione forzata alla Russia del 2014 e il relativo referendum sono stati uno spartiacque nelle relazioni tra Russia e Ucraina. La Crimea non poteva istituire tale consultazione senza l’assenso del Governo ucraino a causa della Costituzione stessa, che la riconosce parte integrante del suo territorio.
Il Cremlino ha sostenuto, invece, l’assenza di un Governo ucraino legittimo, visto che il Presidente Yanukovich non si era dimesso. Tuttavia, la sua fuga in Russia lo rese indisponibile a governare, per cui il Parlamento ucraino ne votò l’impeachment, con la Corte Costituzionale ucraina che ha sancito l’illegalitĂ del voto in Crimea, contrario alle norme del diritto internazionale, non rientrando nei casi, previsti dalle Nazioni Unite, di diritto all’autodeterminazione in situazioni di dominazione coloniale, segregazione razziale o occupazione straniera.
Fig. 3 – Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante una visita nell’oblast di Luhansk, nel Donbass, luglio 2020
I RAPPORTI TRA ZELENSKY E LE AMMINISTRAZIONI LOCALI DOPO L’INVASIONE DEL PAESE
L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha costretto il Presidente Zelensky a misure eccezionali, con decisioni criticate da esponenti degli enti locali, in primis i Sindaci di Kiev e Odessa, che hanno contestato l’eccessivo accentramento dei poteri presidenziali e le difficoltà nei soccorsi e nei mezzi di protezione contro gli attacchi russi.
In diversi oblast ci sono stati casi di corruzione che hanno portato alla destituzione di alcuni governatori, con il coinvolgimento di parti dell’esercito, al punto che lo stesso Ministro della Difesa Oleksij Reznikov si è dovuto dimettere nel 2023.
Il problema della corruzione rimane un punto debole della pubblica amministrazione ucraina, che nonostante alcune leggi varate sotto il mandato Zelensky ha difficoltà nel controllo sulla regolarità amministrativa degli enti locali, sui quali sovente convergono gli interessi degli oligarchi, divenuti persino amministratori degli oblast in prima persona, come Igor Kolomojs’kyj a Dnipro.
Il decisionismo e l’impegno anticorruzione del Presidente stanno portando a malumori da parte di alcuni enti locali, che potrebbero porre le basi di un futuro scontro, che giĂ di intravede, con il Sindaco della capitale, Vitaljj Klitschko, ex pugile diventato politico di primo piano e attivo contro le ingerenze russe nel Paese sin dalla Rivoluzione Arancione del 2004.
Una delle sfide per il Governo ucraino sarà la capacità di tenere unite le diverse anime di un Paese in cui nonostante la resistenza contro l’invasione russa rimangono diversità su storia, cultura e religione e in cui un centralismo eccessivo potrebbe essere non conforme al diritto comunitario europeo, che riconosce le autonomie locali e la tutela delle minoranze. Inoltre, la presenza di russofoni nelle aree orientali e nella Crimea rimane uno dei nodi più complessi nell’ambito di futuri negoziati tra Russia e Ucraina.
Lorenzo Pallavicini
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