In 3 Sorsi – Siria e Israele hanno avviato dei negoziati bilaterali per ridurre la tensione al confine, cresciuta in maniera significativa dopo il rovesciamento del Governo di Bashar al-Assad. I recentissimi scontri nell’area drusa di Suwayda hanno complicato lo scenario.
1. LA STRATEGIA DI ISRAELE DOPO IL CAMBIO DI VERTICE IN SIRIA: UNA SCELTA ASSERTIVA
La prima reazione del Governo israeliano all’insediamento del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) al potere in Siria è stata assertiva e di natura militare. Assumendo come punto di partenza l’affiliazione del movimento, nella sua forma precedente di Al-Nusra all’organizzazione di Al-Qaeda, l’establishment israeliano ha inizialmente concepito l’HTS come un’entitĂ terroristica da neutralizzare attraverso due direttrici d’azione.
La prima è stata data dalla distruzione dei sistemi strategici di armi pesanti in tutta la Siria, comprese le reti di difesa aerea, i sistemi missilistici e gli impianti di difesa costiera.
La seconda – nella cornice dell’Operazione Arrow of Bashan – è stata rappresentata da un’invasione via terra, della durata non ancora specificata, culminata nell’avanzamento ben oltre la “zona cuscinetto” delle Nazioni Unite e nella presa del Monte Hermon. Nodo strategico, quest’ultimo, per il monitoraggio di eventuali attacchi iraniani – tramite l’utilizzo di sistemi radar e di sorveglianza elettronica – e in vista di un eventuale confronto diretto con Damasco (ora nel raggio d’azione dell’artiglieria israeliana). Entrambe le tipologie di condotta militare, perseguite dal Governo e attuate dall’esercito, si inserivano nel contesto di una precisa consapevolezza dell’intero establishment israeliano: fidarsi di HTS, in particolare del suo leader Ahmed al-Sharaa, non era un’opzione contemplabile.
Fig. 1 – Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu parla alla stampa dopo aver incontrato il Presidente della Camera degli Stati Uniti Mike Johnson a Washington, DC, l’8 luglio 2025
2. L’INTRODUZIONE DI UNA COMPONENTE DIVERSA NELLA STRATEGIA DI ISRAELE IN SIRIA
Le modalitĂ di azione che hanno caratterizzato la risposta iniziale di Israele alla presa del potere da parte di HTS non sono state abbandonate nel periodo successivo al gennaio del 2025. Piuttosto, l’elemento di novità è stato rappresentato da una graduale disponibilitĂ israeliana a discutere con le AutoritĂ siriane per ridurre la tensione al confine tra i due Paesi. Prima grazie agli Emirati Arabi Uniti – che hanno creato un canale di comunicazione tra le parti su temi di sicurezza e intelligence – poi sfruttando il ruolo sempre piĂą attivo degli Stati Uniti nell’avvicinare gradualmente le parti al fine di ottenere risultati mutualmente benefici, Israele ha iniziato a guardare alla Siria non piĂą soltanto in termini di sfida e antagonismo. Creando così i presupposti per una situazione, quale quella attuale, nella quale anche i vertici iniziano a parlare apertamente di un disgelo prodromico a un’eventuale normalizzazione dei rapporti bilaterali. Un esempio è dato dalle parole del Capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, Tzachi Hanegbi, che durante un briefing con la Commissione Affari Esteri della Knesset ha incluso la Siria tra i “principali candidati” all’instaurazione di rapporti diplomatici con Israele. Rispetto alla postura di Israele, il Governo di transizione siriano ha deciso di percorrere la strada della “pazienza strategica“, privilegiando la via diplomatica all’ipotesi di un confronto armato potenzialmente distruttivo per la nazione levantina.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Tzachi Hanegbi (a sinistra) e il Presidente del World Jewish Congress Ronald S. Lauder partecipano alla conferenza annuale del Jerusalem Post New York, il 29 aprile 2018, a New York
3. LA STRATEGIA SIRIANA NEL CONFLITTO CON ISRAELE E L’IMPATTO DEGLI EVENTI DI SUWAYDA
Concentrando in maniera totalizzante i propri sforzi sulla ricostruzione del Paese, devastato da 14 anni di guerra civile, l’esecutivo guidato da al-Sharaa ha optato per il perseguimento di una politica estera conciliante e una linea di condotta orientata alla pacifica soluzione dei conflitti. Attraverso una lente interna al Paese mediorientale si possono così comprendere l’obiettivo e le “linee rosse” momentaneamente fissate dalla Siria nel contesto dei dialoghi con Israele. Sì al disgelo, sì al ritorno all’Accordo sul Disimpegno del 1974 – con cui le parti si impegnano a un cessate il fuoco nel rispetto delle zone cuscinetto in cui opera l’ONU – no a una normalizzazione che verrebbe percepita in maniera ostile dalla popolazione siriana con il conflitto a Gaza ancora in corso di svolgimento.
In questo contesto, sicuramente favorevole almeno a una tregua, la decisione di Israele di attaccare significativamente obiettivi strategici a Damasco – compreso il palazzo del Ministero della Difesa – a causa degli scontri tra esercito siriano e una componente della comunitĂ drusa di Suwayda – che Tel Aviv sostiene di dover difendere – ha inevitabilmente contribuito a polarizzare ulteriormente i due schieramenti. La mediazione degli USA per il raggiungimento di un cessate il fuoco si inserisce idealmente nel quadro di quei negoziati menzionati in precedenza, ma fin quando a prevalere saranno le componenti radicali delle due parti coinvolte l’idea di una “normalizzazione” sarĂ piĂą che un’utopia.
Michele Maresca
Immagine di copertina: “against the massacres of civilians in Syria” by Jeanne Menjoulet is licensed under CC BY.


