Il 3 di novembre avranno luogo le elezioni amministrative in Kosovo. Per la prima volta dopo la guerra del 1999 e la dichiarazione dell’indipendenza nel 2008, queste consultazioni cercheranno di coinvolgere tutto il Kosovo, anche quella parte serba che fino a ora non ha mai riconosciuto Pristina. I serbi che vivono nel Nord del Kosovo (soprattutto nella parte occidentale di Mitrovica) hanno infatti gestito strutture parallele al resto del Kosovo, rimanendo così nell’orbita di Belgrado.
1. L’UNIONE EUROPEA OSSERVA – Per dare un seguito concreto all’accordo per la normalizzazione dei rapporti firmato nell’aprile di quest’anno tra il Kosovo e la Serbia, l’UE sta rivolgendo particolare attenzione alle imminenti elezioni amministrative. Il banco di prova sarĂ la partecipazione dei serbi che vivono nel Nord del Kosovo. Si aspettano molti osservatori inviati dall’UE per certificare il coinvolgimento della minoranza serba nel quadro normativo kosovaro e il rispetto dei principi europei in tema di elezioni democratiche. In questa direzione si sono mosse le ambasciate di Regno Unito, Germania, Francia, USA e Italia, sottolineando l’importanza del coinvolgimento in maniera globale di tutte le comunitĂ che convivono in Kosovo. Fino a ora la minoranza serba del Nord non ha mai partecipato alle elezioni, ma ha scelto in maniera autonoma e distaccata dal resto del Kosovo i suoi sindaci. Proprio per andare incontro alla minoranza serba, Pristina ha rinunciato al sigillo sulle schede elettorali, lasciando solo il logo del Comitato centrale delle elezioni. Una decisione molto criticata nel resto del Paese.
Di seguito il canale Twitter della missione elettorale.
2. SITUAZIONE INTERNA – Queste elezioni hanno un’importanza cruciale anche per le dinamiche all’interno delle forze politiche kosovare. Il Partito democratico (PDK) del premier Thaçi cerca di consolidare il ruolo in vista anche delle consultazioni nazionali dell’anno prossimo, soprattutto dopo l’abbandono da parte di due leader storici come Fatmir Limaj e Jakup Krasniqi, e l’accordo sottoscritto con la Serbia (contestato all’interno del Kosovo), due vicende che hanno minato la sua posizione.
Queste elezioni sono diventate un test per verificare la leadership di Thaçi e per capire quanto gli ultimi avvenimenti hanno influenzato e in che maniera la sua posizione. Proprio per questo motivo, Thaçi ha presentato il candidato del suo partito per governare la capitale, Agim Çeku, attuale ministro delle Forze di sicurezza e personalitĂ molto amata in Kosovo in quanto leader storico dell’UÇK. Inoltre, Thaçi sta cercando di avvicinarsi a un suo vecchio antagonista, Rramush Hajradinaj (capo e fondatore dell’AAK – Aleanza per il futuro del Kosovo). Questa collaborazione può essere letta nell’ottica di una prospettiva di allargamento della coalizione al Governo, con l’inclusione di un’altra figura importante. Hajradinaj, dal canto suo, dopo essere stato giudicato non colpevole dal Tribunale dell’Aja, ritorna prepotentemente nella vita politica kosovara. Aveva lasciato il suo posto come premier (dopo 100 giorni), proprio per sottoporsi al giudizio del Tribunale.
3. ALTRI SCHIERAMENTI – Il primo partito antagonista di Thaçi è il LDK (Lega Democratica del Kosovo) dell’ex leader spirituale del Kosovo Ibrahim Rugova. Dalla morte di Rugova, il partito è nelle mani dell’attuale sindaco di Pristina, Isa Mustafa, candidato per la terza volta come primo cittadino della capitale. Con una nuova vittoria, egli avrebbe la dimostrazione che il popolo lo segue ancora: un via libera per una futura candidatura come premier del Kosovo. La mina vagante rimane sempre il movimento guidato da Albin Kurti Vetevendosje. Kurti si è da sempre auto-proclamato come l’unica opposizione del Paese, lontano da tutte le alleanze interne e internazionali. Ha accusato Thaçi di corruzione e non da ultimo si è schierato in maniera decisa per la non sottoscrizione dell’accordo con la Serbia. Questo sarĂ un test anche per Kurti e la sua politica di distacco verso tutte le forze politiche kosovare. Da non trascurare sarĂ l’AAR (l’Alleanza del nuovo Kosovo) del magnate Bexhet Paçolli. Quest’ultimo ha puntato sui giovani che si sono laureati all’estero per dare nuova linfa alla classe politica kosovara.
Non è mancata anche una provocazione da Belgrado. DaÄŤić, Primo Ministro della Serbia, ha chiesto e ottenuto di potersi recare in Kosovo, nel monastero di Gracanica. Pristina aveva vietato che durante le elezioni entrassero in Kosovo esponenti di Belgrado per non influenzare un eventuale boicottaggio da parte dei serbi del Nord. DaÄŤić, nonostante facesse parte dell’accordo per entrare nel Paese il non rilasciare dichiarazioni, ha comunque voluto invitare i serbi ad andare a votare, poichĂ©, considerato che il Kosovo rappresenta solo un territorio con statuto speciale, andare a votare non vuole dire riconoscerlo, un’affermazione non molto apprezzata a Pristina.
Queste elezioni sono un banco di prova per tutti gli attori coinvolti: dai due leader che hanno sottoscritto l’accordo con la Serbia, all’UE che è convinta della bontà della mediazione raggiunta, in quanto attore coinvolto direttamente. La partecipazione della minoranza serba alle elezioni è uno dei punti cardine dell’accordo, poiché simbolo del grado di autonomia che essa dovrebbe godere all’interno del Kosovo, abbandonando una volta per tutte le strutture parallele che Belgrado ha finora finanziato. Un eventuale boicottaggio dei serbi renderebbe vani gli sforzi profusi da Pristina, Belgrado e Bruxelles in tutti questi mesi.
Juljan Papaproko