Analisi – La chiesa ortodossa serba e quella russa condividono storia e visioni simili, a partire dalle lotte contro l’Islam e la diffidenza verso l’Occidente. L’invasione dell’Ucraina nel 2022 accentua l’isolamento del patriarcato di Mosca. Quali incognite riserverà il futuro al clero dei due Paesi?
IL CLERO SERBO CHIAVE DELLA IDENTITÀ STORICA E CULTURALE NAZIONALE
L’ortodossia serba è importante custode della memoria nazionale, a partire dai trascorsi della lotta contro i musulmani, che vide nella celebre battaglia di Kosovo Polje del 1389 uno dei momenti chiave della identità serba, rivangata con vigore alla fine degli anni Ottanta dal Presidente Milosevic in chiave nazionalista.
La chiesa cristiano ortodossa serba, una entità autocefala e autonoma, detiene i monasteri in cui vigono le fondamenta storiche del Paese e alcuni dei più importanti, come quello di Decani, sono situati nell’attuale Kosovo, dove la loro presenza è uno dei motivi per cui il Governo serbo non intende riconoscere l’indipendenza kosovara, mantenendo così lo stato di tensione con Pristina.
Un cedimento su tale visione, infatti, sarebbe malvisto dal clero, che non può rinunciare alla sua presenza nei territori ritenuti storicamente sacri, oggetto nel 2004 di violente devastazioni da parte dell’etnia kosovaro-albanese. Il clero serbo influenza così la politica di Belgrado sul Kosovo come faceva durante le guerre balcaniche degli anni Novanta.
Va ricordato, ad esempio, che la chiesa fu determinante nell’ambito del conflitto in Bosnia, in cui la guerra condotta dal leader serbo bosniaco Karadzic avvenne anche in nome della difesa della cristianità. Tale richiamo spinse altre chiese ortodosse europee a dare supporto morale alla causa dei serbo bosniaci, come il patriarcato greco che nel 1994 decorò lo stesso Karadzic con l’Ordine dei Cavalieri di San Dioniso di Zante per il suo ruolo di difensore dei cristiani.
Il nazionalismo panserbo, ideologia che propugna l’unità della nazione definita tale qualora vi sia la presenza in un determinato territorio di una comunità serba importante, è stato il motore con cui la chiesa di Belgrado ha contribuito alla disgregazione della Jugoslavia, in un Paese che era rimasto unito sotto Tito nonostante la diversità di fedi per la messa ai margini proprio del clero ortodosso e per la ideologia socialista che propugnava una forte spinta al laicismo.
Fig. 1 – Esponenti del clero serbo durante una manifestazione “in difesa della famiglia” e contro l’Europride di Belgrado nel settembre 2022. Nonostante l’opposizione di Chiesa e Governo, la manifestazione LGBTQ+ si tenne egualmente nella capitale serba
IL PATRIARCATO MOSCOVITA E IL SOSTEGNO ALLE POLITICHE DEL CREMLINO
L’ortodossia russa in periodo sovietico, in cui ufficialmente il Paese professava l’ateismo di Stato, è riuscita a sopravvivere nella maggioranza della popolazione, nonostante la forte propaganda comunista che promuoveva l’immagine del clero come alleato delle politiche zariste e della oppressione del proletariato.
La chiesa russa è, infatti, caratterizzata da elementi di forte spiritualità, rappresentati ad esempio dalle celebri icone in cui persino la Trinità di Rublev ha costituito un recente caso politico nel Paese. Tali elementi portano il patriarcato moscovita a considerarsi l’erede del cristianesimo bizantino e a promuovere l’immagine di Mosca come terza Roma e vera discendente della cristianità, dopo la presa di Costantinopoli nel 1453 ad opera dei turchi ottomani.
Il clero russo, dopo la fine dell’URSS, è tornato ad essere centrale nelle politiche del Paese con Eltsin, che ha riabilitato l’ultimo zar Nicola II, soggetto anche a un processo di beatificazione e martirio da parte proprio del clero nel 2000. Inoltre, molti simboli religiosi sono stati rinverditi dallo Stato, come la ricostruzione della chiesa del Cristo Salvatore a Mosca, abbattuta sotto Stalin negli anni Trenta, o l’edificazione della Cattedrale sul Sangue a Ekaterinburg sul luogo dove lo zar Nicola II e la sua famiglia furono assassinati.
Vladimir Putin ha proseguito nel sostegno al clero e assecondato le aspirazioni del patriarcato moscovita, promulgando leggi a sostegno della famiglia e dei valori tradizionali. Cremlino e patriarcato si sono anche affiancati l’un l’altro nel sostenere il Russkj Mir, il mondo russo, la cui missione è l’edificazione dei valori tradizionali della società russa e la promozione degli interessi russi all’estero ovunque siano presenti comunità russofone.
Il Russkj Mir è stato decisivo per le politiche sull’Ucraina messe in atto dal Governo in cui la separazione all’interno dell’ortodossia cristiana tra chiesa ucraina e russa, voluta anche dal Presidente ucraino Poroshenko nell’ottica di una emancipazione dal giogo russo, è stata una delle fratture più importanti tra i due Paesi e determinante nell’influenzare Putin sulla definitiva escalation del conflitto russo-ucraino.
Fig. 2 – Una chiesa ortodossa ucraina gravemente danneggiata da un bombardamento russo a Orikhiv, gennaio 2024. Il Patriarcato di Mosca sostiene apertamente la guerra del Cremlino contro Kyiv, usando spesso un linguaggio da “crociata”
I PUNTI IN COMUNE TRA CLERO SERBO E RUSSO
Entrambe le chiese presentano punti in comune, sull’esempio dei rispettivi Governi, che mantengono ottime relazioni diplomatiche e commerciali, tali da rendere la Serbia uno dei Paesi su cui Putin può contare in Europa.
In primis, lo storico ruolo, sin dall’età medievale, di difensori della cristianità dall’Islam, fondante della loro missione unificatrice. Entrambe le realtà hanno inoltre subito invasioni e occupazioni di popoli islamici, come gli Ottomani per i serbi e i Tartari per i russi, con distruzioni e massacri ancora tramandati nella memoria delle generazioni anche in chiave nazionalista. I Governi locali, infatti, hanno sfruttato abilmente tali fatti per propagandare sentimenti nazionali in chiave anti-Occidente, colpevole ai loro occhi di decadenza morale e spirituale.
In secondo luogo, il clero locale ha profonda influenza sulla politica, più marcata rispetto ai Paesi occidentali, dove si ha una forte laicizzazione delle Istituzioni. La chiesa ortodossa in Serbia e in Russia è attiva non solo sui temi etici, ma anche su quelli politici e fornisce supporto morale e materiale ai Governi, come dimostra l’appoggio totale del patriarca moscovita Kirill alla invasione dell’Ucraina del 2022, essenziale per il Cremlino per non perdere consensi tra la popolazione.
Infine, la spiritualità della fede, con dottrina e dogmi ancora improntati a uno spirito conservatore e di poca apertura verso la modernità, con il quale si vuole proteggere la comunità dalle influenze provenienti dall’Occidente, specialmente su argomenti come famiglia e comunità. Non a caso entrambi i cleri hanno espresso dure condanne delle politiche di sostegno alle comunità LGBTQ+ promosse in Occidente.
Fig. 3 – Putin e il Sindaco di Mosca Sergei Sobyanin partecipano alle celebrazioni della Pasqua ortodossa, 24 aprile 2022
L’ISOLAMENTO DELLA CHIESA RUSSA A SEGUITO DELLO SCISMA CON LA CHIESA UCRAINA
L’autocefalia delle diocesi ortodosse racchiude in sé contrasti assai più forti rispetto alle anime che compongono il cattolicesimo romano, in cui c’è una unica autorità, il Papa, unanimemente riconosciuta, a differenza dei patriarcati ortodossi, dove le differenze storiche si mescolano alla influenze politiche dei rispettivi Paesi.
Nell’ambito balcanico, ad esempio, la chiesa serba deve ancora scontare il passato legato ai tragici anni Novanta e la diffidenza degli Stati vicini a grande maggioranza cattolica, come Slovenia e Croazia, nonché l’aperta ostilità politica dei partiti di Governo del Montenegro, che da anni cercano di ridurre l’influenza del clero serbo nel Paese.
La presunta superiorità storica vantata dalla chiesa moscovita nel mondo dell’ortodossia slava ha portato a duri contrasti con altre realtà del mondo ecclesiastico. Particolarmente duro è stato quello con la chiesa ucraina, che ha visto il Governo Zelensky contrastare il clero considerato fedele a Mosca, sia con arresti eclatanti, come quello del metropolita Pavel Lebid del monastero delle Grotte di Kiev, accusato di spionaggio, sia tramite la recente legge che metterà al bando gli istituti religiosi legati al patriarcato di Mosca, duramente osteggiata dal Cremlino.
Inoltre, la chiesa moscovita è entrata in aspro contrasto pure con il patriarcato di Costantinopoli, diocesi piccola, ma di grande rilevanza storica, che ha avallato lo scisma della chiesa ucraina da quella russa, nonché condannato in modo pesante la guerra in Ucraina, a differenza di quanto fece con la guerra in Bosnia, dove il patriarca sostenne i serbi nel nome della comunità cristiana.
L’isolamento del clero russo può portare ad altre fratture con le chiese ortodosse presenti in Paesi come, ad esempio, la Moldavia, in cui potrebbero esserci nuove scissioni sull’esempio ucraino. Il clero moscovita, infatti, nei Paesi un tempo parte dell’impero sovietico è visto come una emanazione collegata alle politiche del Cremlino, elemento che preoccupa i Governi locali di orientamento filo-occidentale a causa dei rischi di destabilizzazione che tali influenze potrebbero portare al loro interno.
Lorenzo Pallavicini
“3 апреля 2014, Молебен в Казанском храме Вырицы / 3 April 2014, Moleben in the Kazan church of Vyritsa” by spbda is licensed under CC BY-ND