In 3 sorsi – Dopo l’attacco di Israele alla Global Sumud Flotilla, il Presidente colombiano Petro ha ordinato l’espulsione della delegazione israeliana e denunciato l’accordo di libero scambio. Le reazioni latinoamericane all’evolversi del conflitto a Gaza, però, sono eterogenee.
1. ATTACCO ALLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA: LA DENUNCIA DI PETRO
Lo scorso 1° ottobre il Presidente colombiano Gustavo Petro ha annunciato l’espulsione dell’intera delegazione diplomatica israeliana presente nel Paese. La decisione è stata presa in seguito al sequestro e arresto di due cittadine colombiane, Manuela Bedoya e Luna Barreto, attiviste a bordo della nave HIO della Global Sumud Flotilla. Come ricordato dal Ministero Degli Esteri di Bogotà, la Global Sumud Flotilla ha navigato nel Mediterraneo con l’obiettivo di fornire aiuti umanitari alla popolazione palestinese e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di porre fine alla guerra a Gaza. Le navi della Flotilla sono state fermate in acque internazionali, costituendo una violazione della Convenzione ONU sul diritto del mare e il Presidente Petro ha denunciato l’azione definendola un “nuovo crimine internazionale da parte di Netanyahu”. Tramite la piattaforma social X, Petro ha chiesto il sostegno pubblico per il rilascio degli attivisti e dichiarato che “l’accordo di libero scambio viene denunciato immediatamente”. La detenzione dei membri della Flotilla ha scatenato le proteste dei cittadini colombiani a Bogotà e Cali, davanti alle sedi dell’Associazione Nazionale degli Imprenditori Colombiani (ANDI). I manifestanti si sono riuniti per chiedere lo stop al genocidio palestinese e la liberazione di Bedoya e Barreto. Il luogo scelto non è casuale: i grandi imprenditori industriali vengono identificati dai cittadini come i principali alleati commerciali di Israele. Lo scorso 7 ottobre, le attiviste colombiane sono state liberate in Giordania e hanno raggiunto il Presidente Petro in Belgio, per poi rientrare in Colombia a bordo dell’aereo presidenziale. Il Presidente Petro ha accolto con orgoglio Bedoya e Barreto, ringraziandole per la solidarietà mostrata e l’impegno nella difesa del diritto alla vita e alla dignità umana dei palestinesi.
Fig. 1 – Una delle navi della Global Sumud Flotilla partita dal porto di Barcellona, 31 agosto 2025
2. IL DETERIORAMENTO DELLE RELAZIONI TRA COLOMBIA E ISRAELE
Il Presidente Petro, sostenitore della causa palestinese, già dal maggio 2024, dopo l’offensiva israeliana a Gaza in seguito agli attacchi di Hamas, ha sospeso le relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico. Il mese successivo l’ambasciatore israeliano Gali Dagan ha abbandonato il Paese. Lo scorso anno Petro ha inoltre vietato la vendita ed esportazione di carbone a Israele. Quest’ultima decisione rientra tra le misure discusse al vertice del Gruppo dell’Aja organizzato da Petro stesso, a Bogotà, nel luglio scorso. In quell’occasione, il gruppo composto da Bolivia, Colombia, Cuba, Honduras, Malesia, Namibia, Senegal e Sudafrica ha annunciato delle azioni volte a contrastare l’occupazione militare israeliana, tra cui il blocco della fornitura o del trasferimento di armi, munizioni o carburante militare a Israele.
Fig. 2 – Il Presidente della Colombia, Gustavo Petro, annuncia alla folla che interromperà le relazioni diplomatiche con Israele durante la Giornata internazionale dei lavoratori a Bogotà, il 1° maggio 2024
3. IL PUNTO DI VISTA LATINOAMERICANO SUL CONFLITTO A GAZA
La Colombia non è il solo Paese latinoamericano ad aver condannato l’offensiva israeliana. La Bolivia, guidata da Luis Arce, ha annunciato per prima la rottura dei legami diplomatici con lo Stato ebraico. ll Cile e l’Honduras, entrambi con una forte presenza di discendenti di origini palestinesi, hanno richiamato i propri ambasciatori fin dall’inizio della guerra. All’incontro annuale di alto livello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il Presidente cileno Gabriel Boric ha dichiarato: “Voglio vedere Netanyahu, e i responsabili del genocidio contro il popolo palestinese, portati davanti a un tribunale internazionale di giustizia”. Il Brasile si è esposto a favore della questione palestinese unendosi alla causa già intentata dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) contro Israele, accusandolo di genocidio. Diversa è la posizione dell’Argentina. Il Presidente Javier Milei si è schierato apertamente al fianco di Israele e degli Stati Uniti. All’Assemblea Generale dell’ONU del 10 maggio per il riconoscimento dello Stato palestinese, l’Argentina è stata l’unica tra i Paesi latinoamericani a votare contro la risoluzione. Anche il Perù ha mostrato il proprio sostegno a Israele, così come Guatemala e Paraguay, che hanno spostato la loro ambasciata in Israele a Gerusalemme, sposando la causa del Presidente americano Trump. Il Venezuela, che ha ristabilito delle relazioni commerciali più distese sia con Israele che con gli Stati Uniti, ha avuto una reazione più moderata, invitando alla cessazione del conflitto. A incidere sulle differenti posizioni adottate troviamo fattori come le relazioni commerciali, il tessuto sociale e le dinamiche politiche interne ed esterne vissute dai singoli Paesi. Resta da capire come e se cambierà il posizionamento della Colombia e del resto dei Paesi latinoamericani in seguito all’accordo proposto da Trump.
Camilla Marrangone
“Marcha apoyo a Palestina / Gaza en Bogotá, Colombia – 20090106 – 1061690” by equinoxio2009 is licensed under CC BY


