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RDC-Ruanda, firmato un accordo di pace a Washington

In 3 SorsiKinshasa e Kigali hanno raggiunto un’intesa per interrompere la guerra del Kivu. A mediare USA e Qatar, ma la tregua ha basi instabili, dal mancato coinvolgimento dei ribelli dell’M23 al protagonismo di Trump, passando per la gestione delle risorse minerarie.

1. L’ACCORDO DI PACE TRA RDC E RUANDA

Venerdì 27 giugno la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Ruanda hanno firmato a Washington un accordo di pace mediato da USA e Qatar, con la partecipazione dell’Unione Africana (UA). Il testo del documento non è stato reso noto, ma in un comunicato congiunto Kinshasa e Kigali si sono impegnate genericamente a cessare le ostilità e disarmare i gruppi che operano nelle regioni orientali della RDC, rispettando la reciproca integrità territoriale. Donald Trump si è intestato il “meraviglioso trattato” e ha rivendicato il raggiungimento di un’intesa analoga a quelle “tra India e Pakistan, Serbia e Kosovo, Egitto ed Etiopia”. Anche il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha salutato con favore “il passo significativo verso la de-escalation, la pace e la stabilità nella RDC orientale e nella regione dei Grandi Laghi”, evidenziando il lavoro del Presidente togolese Faure Gnassingbé (per conto dell’UA), della Comunità dell’Africa Orientale (EAC) e della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC). Nonostante le premesse, l’accordo solleva tuttavia notevoli perplessità sia per la sua reale applicabilità, sia per i retroscena che avrebbero accompagnato le trattative. La complessità del conflitto e le sue profonde radici rendono la fine degli scontri improbabile nel breve periodo, con una variante da considerare: il ritorno degli USA.

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Fig. 1 – Il Presidente Donald Trump firma una lettera di congratulazioni alla presenza del Ministro degli Esteri del Ruanda, Olivier Nduhungirehe, e della Ministra degli Esteri della RDC, Thérèse Kayikwamba Wagner. Dietro di lui, il vicepresidente J.D. Vance e il Segretario di Stato Marco Rubio, Washington, 27 giugno 2025

2. UNA TREGUA DALLE FLEBILI SPERANZE

La problematica principale della tregua è l’assenza dell’M23, il principale attore armato nel Kivu del Nord e del Sud. Il gruppo ha disconosciuto l’accordo di Washington, che diventa di fatto inattuabile, perché la situazione sul campo non consente una fase di disarmo. Un intervento per il contenimento dei ribelli richiederebbe un impegno che ad oggi non sono riusciti a condurre con efficacia né i contingenti africani, né i caschi blu. L’M23 è un milizia composta in prevalenza da combattenti di etnia tutsi storicamente sostenuta dal Ruanda, il quale però nega ogni coinvolgimento diretto nella guerra. Secondo l’ONU e altri osservatori, invece, il Governo di Paul Kagame non solo fornirebbe un supporto decisivo all’M23 con l’Uganda, ma avrebbe anche inviato proprie truppe in territorio congolese. La presenza del Ruanda come controparte della RDC nel patto di Washington è quindi un secondo elemento critico, perché formalmente Kigali non è schierata contro Kinshasa. Il terzo aspetto ambiguo dell’accordo di pace riguarda infine il ruolo degli USA, che per stessa ammissione di Trump hanno offerto i propri uffici in cambio dell’accesso alle risorse naturali della RDC: “Abbiamo ottenuto un sacco di diritti minerari dal Congo”, ha detto il Presidente. Le regioni interessate dall’insorgenza di M23, infatti, sono ricche di materie prime strategiche, come coltan, cobalto e oro, attirando gli interessi tanto dei Paesi africani – Ruanda e Uganda per primi, – quanto della Cina, che negli ultimi anni ha acquisito un vantaggio sugli USA, in ritiro dall’Africa. Pechino, la cui posizione privilegiata era già stata riconosciuta dall’Amministrazione Biden, fornirebbe assistenza militare sia a Kinshasa – con importanti accordi e legami opachi con il passato Governo di Joseph Kabila, – sia all’Uganda, che ha mire espansionistiche nella regione congolese dell’Ituri. Questo intreccio di dinamiche e interessi – forse anche privati – si somma alla già profonda complessità del conflitto nella RDC, rendendo improbabili le prospettive di pace in assenza di progetti concreti su fine delle ostilità, disarmo dei ribelli, sicurezza dei civili e gestione delle risorse naturali.

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Fig. 2 – Un ufficiale del gruppo ribelle M23 parla con delle reclute a Goma, capoluogo del Kivu Nord 6 febbraio 2025

3. LA GUERRA DEL KIVU

Lo scenario nell’Est della RDC è precipitato nel 2023, con l’avanzata di M23 nel Kivu Nord. L’offensiva, cominciata nel 2022, ha conquistato all’inizio del 2025 il capoluogo Goma, città strategica vicino al confine con il Ruanda. A metà febbraio, poi, la presa di Bukavu, principale centro del Kivu Sud. La situazione umanitaria è drammatica, con oltre mezzo milione di sfollati interni aggiunto ai 4 milioni già presenti nel Kivu. Gli scontri hanno provocato un numero di vittime non ancora quantificato (oltre 2mila solo durante l’attacco a Goma), ma nelle aree occupate si registrano numerosi casi di violenze di genere, emergenze sanitarie e ritrovamenti di fosse comuni. È notizia recente, tra l’altro, che le indagini sul posto dell’Alto Commissariato ONU per Diritti Umani siano state interrotte per la mancanza di fondi, in particolare secondo l’Alto Commissario Volker Turk per il taglio dei finanziamenti statunitensi. Il contestato e debole Governo congolese di Félix Tshisekedi, accusa il Ruanda di sostenere l’M23, mentre Kigali risponde denunciando il rapporto tra Kinshasa e i ribelli hutu delle Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda (FDLR). La presenza internazionale risente di difficoltà storiche: la missione ONU Monusco, attiva dal 1999 e teoricamente in fase di ritiro, si è rivelata inefficace, così come le iniziative africane della SADC e dall’EAC. A marzo del 2025, poi, un tentativo di negoziazione coordinato dall’Angola era saltato anche per il contestuale attivismo del Qatar. Il Kivu, insomma, resta oggi una delle più gravi, ma silenziose, crisi al mondo.

Beniamino Franceschini

Beni, Nord Kivu, RD Congo. 4 décembre 2014 : Mur d’espoir” by MONUSCO is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • RDC e Ruanda hanno concordato una tregua nella guerra del Kivu, grazie alla mediazione di USA e Qatar. L’accordo potrebbe essere fragile, mancando il coinvolgimento dei ribelli dell’M23.
  • Il conflitto nella RDC orientale deriva da radici profonde e complesse, ma la tregua aggiunge un intreccio nel quale si sommano gli interessi politici, economici e minerari di molti Paesi, mentre la crisi umanitaria continua a colpire milioni di persone.

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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