In 3 sorsi – Le ultime settimane sono state ricche di aggiornamenti per quanto riguarda l’interminabile crisi della Repubblica Democratica del Congo: all’ufficialità del ritiro del contingente internazionale SAMIDRC è seguita l’organizzazione di due incontri in Qatar e Angola con l’importante obiettivo di giungere a una tregua. I risultati concreti sono ancora tutti da dimostrare.
1. PROSEGUONO I COMBATTIMENTI NELL’EST DELLA RDC
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha vissuto sin dalla propria indipendenza una moltitudine di conflitti sul proprio territorio che non si sono mai risolti del tutto. Le ostilità tra le forze governative e i movimenti ribelli hanno ripreso vigore nel 2022 nel Kivu, la parte orientale del Paese nella quale le condizioni di vita erano già molto precarie. Un passaggio importante è la conquista da parte del gruppo M23 di Goma, capitale del Nord Kivu, alla fine di gennaio, a seguito dell’intensificazione dei combattimenti. Il Ruanda è stato accusato formalmente dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU (risoluzione 2773) di supportare il movimento e di essere presente in territorio congolese. Tali imputazioni, assieme alla richiesta di ritiro di truppe e aiuti, sono state prontamente rispedite al mittente. Nel frattempo, le stragi e la fuga di civili non conoscono fine.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Miliziani di M23 a bordo di un veicolo sottratto alle Forze Armate della RDC, Goma, 29 gennaio 2025
2. IL DISIMPEGNO MILITARE INTERNAZIONALE E I COLLOQUI DI LUANDA E DOHA
Le difficoltà sul piano militare hanno spinto il presidente Félix Tshisekedi e il suo staff a ricercare una soluzione negoziale. L’inizio dei colloqui il 18 marzo non è casuale: pochi giorni prima era arrivata la decisione della Southern African Development Community (SADC) di ritirare la propria missione multinazionale (SAMIDRC), dopo 3 anni in chiaroscuro: a fronte di grandi costi in termini economici e di perdite umane, la missione non è riuscita a fornire un contributo significativo.
L’Angola si è attivata per favorire una tregua tre le parti, offrendosi di ospitare a Luanda un incontro il 18 marzo, saltato all’ultimo minuto per il rifiuto dell’M23 di trattare con i rappresentanti di Kinshasa a causa del parallelo vertice tra Tshisekedi e il Presidente ruandese Paul Kagame a Doha. Il Governo angolano si è poi tirato indietro dal ruolo di mediatore.
In Qatar, l’Emiro al Thani ha preso parte all’incontro tra i due Presidenti con l’intento di promuovere un dialogo che potesse costituire un piccolo passo in avanti verso un accordo. L’esito apparentemente positivo del vertice, cui ha seguito un incoraggiante comunicato rilasciato dai tre leader politici, deve scontrarsi con l’atteggiamento scarsamente collaborativo dell’M23. Il capo del movimento, Corneille Nangaa, che non ha riconosciuto la decisione di Tshisekedi e Kagame di favorire un cessate il fuoco immediato e ha deciso di boicottare i negoziati nella capitale angolana, ha inoltre confermato la prosecuzione delle operazioni.
Fig. 2 – Il Presidente ruandese Paul Kagame (a sinistra) e il Presidente congolese Félix Tshisekedi (a destra) insieme a Emmanuel Macron in occasione della 77ma sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, New York, 21 settembre 2022
3. UN CONFLITTO DA RISOLVERE ALLE RADICI
Il grande numero di attori interessati – tra cui figurano USA, Cina e UE, oltre ai Paesi confinanti con RDC e Ruanda, – la moltitudine di interessi diversi, spesso contrastanti, e la debolezza del multilateralismo in questo momento particolare nel nostro sistema internazionale sono fattori di complicazione di una crisi che affonda le proprie radici nel periodo coloniale e ha vissuto anni di atroci conflitti dopo l’indipendenza di Kinshasa e Kigali dal Belgio.
La forza economica del Ruanda, il suo supporto all’M23 e la presenza di truppe alla frontiera con la RDC permettono a Kagame di giocare un ruolo di primo piano nella regione dei Grandi Laghi, ma dall’altra parte c’è un Paese territorialmente molto vasto, ricchissimo di materie prime, che soffre di alcuni gravi problemi cronici a livello politico-istituzionale, sociale ed economico.
Il lavoro della comunità internazionale per (ri)portare la stabilità in Congo, fino a questo momento evidentemente inadeguato, dovrebbe seguire due binari paralleli. In primo luogo sarebbe necessario un severo richiamo affinché Kagame rispettasse la Risoluzione 2773, anche a costo di ricorrere agli strumenti coercitivi predisposti dalla Carta delle Nazioni Unite. Al contempo, poi, occorrerebbe sostenere il rafforzamento delle Istituzioni politiche congolesi, mai all’altezza di amministrare il Paese.
Antonio Magnano
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