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Egitto, le parole della tensione

Le Forze Armate egiziane, tramite il ministro della Difesa el-Sissi, hanno invitato gli egiziani a scendere in piazza oggi contro la Fratellanza Musulmana, ritenuta «violenta e terrorista»: questa posizione, però, potrebbe essere foriera di maggiori tensioni.

 

1. «ULTIMA CHANCE» – Il ministro della Difesa e capo delle Forze Armate, el-Sissi, il 24 luglio aveva invitato gli egiziani a scendere in piazza per garantire alle Forze Armate il mandato di contrastare «le violenze e il terrorismo». Ieri, in un comunicato apparso su Facebook, ma non direttamente sulla pagina ufficiale dell’Esercito, i militari egiziani hanno dichiarato di voler concedere alla Fratellanza Musulmana una «ultima chance», ossia cessare ogni tipo di protesta entro sabato e partecipare alla fase di transizione. In caso contrario, l’Esercito minaccia una dura reazione contro «violenza e terrorismo nero, che non hanno religione, né patria», al fine di ripristinare ordine e sicurezza. Il riferimento specifico è alle manifestazioni su ampia scala organizzate oggi dai sostenitori di Morsi per la liberazione del Presidente destituito, detenuto in una località segreta e senza contatti con l’esterno da più di venti giorni.

 

2. LA (NON) POSIZIONE STATUNITENSE – Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno confermato la sospensione della consegna all’Egitto di quattro caccia F-16, ma non l’annullamento delle esercitazioni militari congiunte. La decisione ha avuto il consenso unanime dei maggiori organismi della sicurezza e della Difesa di Washington, mentre è ancora oggetto di dibattito il versamento di 1,3 miliardi di dollari per l’assistenza militare al Cairo. Da segnalare che la Casa Bianca abbia comunicato di non essere interessata a verificare se in Egitto sia stato realizzato un golpe, una posizione che renderebbe automatico il taglio degli aiuti economici al Paese. Secondo il vicesegretario di Stato Burns, non esiste alcun obbligo legale per l’Amministrazione di determinare se l’Esercito egiziano abbia agito nella legittimità.

 

RiuscirĂ  l'Egitto a trovare la stabilitĂ  politica e sociale?
RiuscirĂ  l’Egitto a trovare la stabilitĂ  politica e sociale?

3. UN RISCHIO MAGGIORE – L’appello di el-Sissi giunge senz’altro inopportuno in un momento nel quale la tensione nel Paese è molto alta e le violenze sono tornate in costante crescita dopo la tregua della settimana scorsa. Nelle parole del ministro della Difesa c’è un’espressione da considerare con attenzione, ossia «consegnare alle Forze Armate il mandato per contrastare violenza e terrorismo», come se el-Sissi invocasse la legittimazione popolare per l’azione dell’Esercito contro la Fratellanza Musulmana. Questa indicazione potrebbe adombrare la sensazione che i vertici militari non si sentano del tutto sicuri della propria capacità di controllo della fase di transizione, percependo che la Fratellanza Musulmana, per quanto privata di parte dei vertici, mantenga pressoché intatto un grande potere di mobilitazione. Tuttavia, incitare in un momento di instabilità diffusa metà del popolo egiziano contro l’altra metà – per di più definita terrorista – potrebbe davvero rappresentare il passo preliminare al collasso vorticoso del Paese, senza contare che, un eventuale e ulteriormente deciso intervento delle Forze Armate potrebbe isolare l’Egitto dalla comunità internazionale, favorendo le componenti e i gruppi che mirano al caos violento.

 

Beniamino Franceschini

 

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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