In 3 sorsi – Lo Stato islamico (IS) ha rivendicato, tramite l’agenzia Amaq News, il suo primo attacco ufficiale nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), annunciando la nascita di una nuova Wilayat nell’area, che accresce la presenza jihadista in Africa.
1. L’ATTACCO NELLA RDC
Lo Stato Islamico ha rivendicato il suo primo attacco nella Repubblica Democratica del Congo, colpendo un’area devastata da violenze, scontri e dall’epidemia del virus ebola. L’assalto, avvenuto nella provincia del Nord Kivu, a Bovata, vicino alla città di Beni, contro una caserma dell’esercito congolese, ha causato la morte di otto soldati ed è stato attribuito alle Forze Democratiche Alleate (ADF), una milizia islamista ribelle che combatte da due decenni sia i Governi congolesi che quelli ugandesi. L’ADF negli ultimi anni si è avvicinato molto all’ideologia dello Stato Islamico, modificando anche il nome del gruppo in Madinat al Tawhid wal Muwahedeen (MTM), “La città del monoteismo e dei guerrieri sacri”. In un raid condotto dall’esercito congolese in un campo dell’ADF/MTM nel febbraio 2018, nella città di Beni, furono rinvenuti una notevole quantità di materiali e libri pubblicati dallo Stato Islamico.
2. LA NUOVA WILAYAT
La rivendicazione sull’agenzia di stampa del gruppo, Amaq News, è un riconoscimento ufficiale della prima azione dello Stato Islamico nell’area. In seguito è stata anche rilasciata una dichiarazione nella quale è stata proclamata la nascita di una nuova provincia, la Wilayat Wasat Ifriqiyah, Provincia dell’Africa Centrale. In base a un report del Congo Research Group, l’ADF/MTM avrebbe ricevuto finanziamenti da un ex sponsorizzatore dell’IS, Waleed Ahmed Zein. Il report rintraccia finanziamenti, conti bancari e ricevute che mostrano il denaro trasferito da diversi Paesi tramite Zein, attraverso l’Uganda fino al gruppo africano. Il comando dell’AFRICOM, ha affermato che i combattenti hanno «legami significativi con lo Stato Islamico», fatto confermato anche dal Presidente congolese Tshisekedi, che ha dichiarato che l’ADF è stato infiltrato da membri dell’IS.
3. IL JIHAD AFRICANO SI ESPANDE
La situazione di forte instabilità politica, sociale ed economica presente in molti Paesi africani costituisce un ambiente favorevole per l’espansione delle organizzazioni del terrorismo islamista. L’attacco nella Repubblica congolese è avvenuto in una regione fuori dal controllo del Governo e con forti problematiche sociali causate dall’alto tasso di povertà, violenza e di epidemie. Le aree saheliane e centroafricane sono terreni sempre più fertili per i grandi network jihadisti e per i piccoli gruppi locali che decidono di affiliarsi a essi. Negli ultimi anni il jihād in Africa ha avuto un’espansione notevole nelle aree citate, con relativo affollamento di sigle operative, non ultima quella dello Stato Islamico in Africa Centrale, tra Congo e Uganda. In Camerun, Ciad, Nord della Nigeria e Niger è attiva la Wilayat dello Stato Islamico in Africa Occidentale (ISWAP), nella quale sta affluendo un’altra sigla legata al Califfato, lo Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS), attivo in Mali e Burkina Faso. Tra Nigeria, Camerun e Ciad è forte la presenza di Boko Haram, in passato alleato all’IS, ma divenuto sempre più indipendente – e non per questo meno forte – dopo la scissione del 2016, quando la branca fedele al Califfo ha creato l’ISWAP. Nelle aree saheliane e centroafricane è presente, inoltre, il gruppo legato ad al-Qāʿida, Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin (JNIM), formata dalla fusione di gruppi jihadisti minori già operanti nella zona (Ansar Dine, Macina Liberation Front, Al-Mourabitoun e il ramo sahariano di AQMI). Tra Mali, Niger e Burkina Faso, infine, sono operativi due gruppi jihadisti minori, vicini all’ideologia qaedista, come Ansar-ul-Islam e il Movimento per l’Unicità e il Jihād in Africa Occidentale (MUJAO).
Daniele Garofalo